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Atti dei seminari di studi desanctisiani - Morreseemigrato.Ch

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PROF. DANTE DELLA TERZA<br />

Università “Federico II” - Napoli<br />

Cercherò <strong>di</strong> non affliggervi più <strong>di</strong> tanto, dopo aver ascoltato due interventi così<br />

sapienti e, nello stesso tempo, così ricchi <strong>di</strong> suggerimenti <strong>di</strong> lettura. Non intenderei<br />

intrattenervi più del dovuto, vorrei però darvi il senso <strong>di</strong> quello che, secondo me,<br />

hanno detto i nostri amici, il significato del loro intervento visto all’interno <strong>di</strong> una<br />

logica esplorativa, relata al testo desanctisiano del quale ci occupiamo.<br />

Un “guicciar<strong>di</strong>nista” come Matteo Palumbo ha saputo “risecare” (se mi consentite<br />

<strong>di</strong> usare un verbo caro al De Sanctis) all’interno del coacervo <strong>di</strong> una cultura complessa<br />

un argomento <strong>di</strong> carattere vitale in grado <strong>di</strong> accompagnare lo scrittore De Sanctis fuori<br />

dello stretto ambito dell’esercizio letterario.<br />

L’Uomo del Guicciar<strong>di</strong>ni <strong>di</strong>venta, in effetti, ragione <strong>di</strong> me<strong>di</strong>tazione per il De<br />

Sanctis, il quale non s’impegna consuetamente nell’ambito della letteratura senza<br />

trasferire gli itinerari del proprio <strong>di</strong>scorso critico all’interno <strong>di</strong> una logica che ha<br />

caratteristiche etico - politiche. Il <strong>di</strong>scorso su storici e scrittori autorevoli - un<br />

Machiavelli, un Guicciar<strong>di</strong>ni - assume carattere me<strong>di</strong>tativo, riflessivo, nella misura in<br />

cui si rispecchia all’interno <strong>di</strong> una realtà complessa e pluricorde - quella italiana.<br />

Accade così che in un anno cruciale, il 1869, alla vigilia della presa <strong>di</strong> Roma, il De<br />

Sanctis s’impegni a svolgere in pubbliche conferenze tenute a Napoli, argomenti<br />

machiavelliani. Machiavelli gli serve poiché egli può detrarre dagli scritti che lo hanno<br />

reso famoso suggerimenti che lo aiutino a capire le <strong>di</strong>fficoltà politiche che l’Italia<br />

attraversa. L’Uomo del Guicciar<strong>di</strong>ni riaffiora invece in Un viaggio elettorale, proprio<br />

quando il “can<strong>di</strong>dato” De Sanctis parla a Sant’Angelo <strong>dei</strong> Lombar<strong>di</strong>, che egli definisce<br />

“la mia città”. Ad un certo punto, ricordando il dovere proiettivo <strong>di</strong> chi fa politica e <strong>di</strong><br />

chi scrive <strong>di</strong> letteratura e ritenendo per lui, come per tutti, doveroso affrontare,<br />

soffrendo, le <strong>di</strong>fficoltà presenti nella speranza, <strong>di</strong>venuta per lui certezza, che i figli e i<br />

nipoti ne potranno trarre vantaggio, egli nota, non senza arguzia, che la ripercussione<br />

<strong>di</strong> queste sue parole incitanti al sacrificio trovano scettica rispondenza negli<br />

ascoltatori.<br />

“Quello che portava la ban<strong>di</strong>era del circolo”, così egli scrive, “davanti ai miei<br />

occhi scuoteva la testa come per <strong>di</strong>re: tanti sacrifici noi facciamo per i figli e i nipoti,<br />

ma questi nipoti chi li conosce, che cosa hanno fatto per noi, e lo vedevo in questo<br />

gesto «l’Uomo del Guicciar<strong>di</strong>ni»”.<br />

Ora, non è che il De Sanctis non sia in grado <strong>di</strong> trovare <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> fondo tra la<br />

logica della scrittura storiografica <strong>di</strong> un Guicciar<strong>di</strong>ni e questa sua deduzione<br />

sull'Uomo del Guicciar<strong>di</strong>ni, che rappresenterebbe, all’interno della realtà italiana, un<br />

vizio ontologico del personaggio che ad essa si richiama e ad essa si adegua; che<br />

insieme la formula e la fruisce. E’ questo appunto il vizio dal quale, per il De Sanctis,<br />

il personaggio italiano a lui coevo, occorre che si liberi. Il critico ha sempre davanti<br />

agli occhi della mente il giovane che è chiamato a leggere le pagine della sua “Storia”.<br />

Egli vede riflettersi in lui quel momento storico in cui scrittura e realtà coincideranno<br />

e la realtà <strong>di</strong>venterà tutt’uno col sogno <strong>dei</strong> poeti, con la speranza degli scrittori.<br />

A me è sembrato interessante notare come un guicciar<strong>di</strong>nista dell’intuito e del<br />

rigore <strong>di</strong> Matteo Palumbo abbia saputo creare con versatilità, un ponte tra uno stato<br />

d’animo rispettoso della verità storica, doverosamente legato al modo come la verità

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