Atti dei seminari di studi desanctisiani - Morreseemigrato.Ch
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pochi giorni fa la prima pagina <strong>di</strong> un libro oggi molto alla moda, cioè La letteratura e<br />
gli Dei <strong>di</strong> Roberto Calasso: nell'introdurre la riflessione su questo rapporto della<br />
letteratura con gli Dei, l’autore allude al suo crollo verso <strong>di</strong>mensioni esteriori, al suo<br />
contemporaneo risolversi in qualche cosa <strong>di</strong> meccanico, <strong>di</strong> pedantesco. Ne consegue<br />
che il resto è storia letteraria: lui non si vuole occupare <strong>di</strong> storia letteraria perché la<br />
storia letteraria in sé è qualcosa che fa pena e un po’ schifo; il rapporto della<br />
letteratura con gli Dei nella sua prospettiva è qualche cosa che va bene al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ogni<br />
irrigi<strong>di</strong>mento dell'esperienza letteraria nella storia. E sappiamo come nella più inerte<br />
cultura corrente, nelle formule <strong>dei</strong> me<strong>di</strong>a, nella cultura giornalistica, presso quasi tutti<br />
gli scrittori e gli intellettuali alla moda, la storia letteraria venga identificata con le<br />
formule che uccidono la ricchezza, la vitalità dell’esperienza della letteratura.<br />
Per queste e per altre ragioni domina da tempo un atteggiamento, se non <strong>di</strong> riserva<br />
(certo nessuno può negare la sua grandezza), certo <strong>di</strong> <strong>di</strong>stacco da De Sanctis. Intorno<br />
agli anni ’60 e ’70, d’altra parte, se ne è criticata l’ideologia, che evidentemente c’è,<br />
come c’è in qualsiasi autore; e allora e oggi si è guardato con ostilità ad ogni modello<br />
“nazionale” o patriottico, con in<strong>di</strong>cazioni del limite dell’opera desanctisiana nel suo<br />
voler costruire questo modello <strong>di</strong> letteratura legata così strettamente al destino<br />
dell’Italia come nazione. Quin<strong>di</strong> il legame, la ra<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> De Sanctis nel Risorgimento ha<br />
dato buon gioco a chi ha voluto criticarne il modello, denunciandone il limite<br />
nazionalistico ad<strong>di</strong>rittura, o particolaristico. Molte <strong>di</strong> queste riserve si sono sviluppate<br />
e ripetute in mo<strong>di</strong> in<strong>di</strong>retti, non sempre espliciti, oppure con esplicita insistenza, come<br />
capita anche ad un bravissimo amico e collega, anche lui autore <strong>di</strong> manuali scolastici,<br />
come Remo Ceserani, che ogni tanto dà delle punzecchiature verso la storia letteraria,<br />
verso il modello desanctisiano. <strong>Ch</strong>e il modello <strong>di</strong> De Sanctis abbia sostenuto, nella<br />
scuola italiana fino ad oggi, una certa invasività e pervasività della storia letteraria,<br />
intesa come storia nazionale, che ci avrebbe fatto trascurare il rapporto con le altre<br />
letterature (è quello che in sostanza <strong>di</strong>ce Ceserani), può essere in parte vero: ma questo<br />
non è certo colpa <strong>di</strong> De Sanctis, che invece aveva un’apertura vastissima verso le<br />
letterature straniere e, come sapete, ha scritto saggi anche su autori stranieri<br />
contemporanei a lui, come Zola, ed è stato gran conoscitore <strong>di</strong> autori tedeschi (si pensi<br />
ai continui riferimenti a Goethe nei suoi saggi: ma non stiamo qui a parlare <strong>di</strong> questo).<br />
Nella nostra prospettiva, che non può non essere europea e mon<strong>di</strong>ale, il modello<br />
della Storia della letteratura italiana viene comunque da molti considerato superato: il<br />
legame tra letteratura e identità nazionale viene sentito come qualcosa che appartiene<br />
al passato, da rovesciare appunto in un’ottica mon<strong>di</strong>ale: e non mancano coloro che<br />
suggeriscono <strong>di</strong> istituire tout court uno stu<strong>di</strong>o scolastico <strong>di</strong> storia della letteratura<br />
europea. Io credo che sia vero che la scuola ha ignorato troppo spesso gli autori<br />
stranieri: ma che partire da questo limite per arrivare ad una negazione <strong>di</strong> una storia<br />
letteraria ra<strong>di</strong>cata nella lingua che noi stessi parliamo (la lingua italiana) sarebbe un<br />
grave errore. Non si può approdare ad una prospettiva internazionale negando una<br />
prospettiva nazionale: e in un momento come questo, in un momento in cui nel quadro<br />
della globalizzazione si aprono rischi <strong>di</strong> particolarismo minuto, <strong>di</strong> frantumazioni<br />
ad<strong>di</strong>rittura localistiche, l’orizzonte <strong>di</strong> una storia e <strong>di</strong> una letteratura nazionale può<br />
avere anche un valore <strong>di</strong> apertura al mondo, una essenziale spinta universalizzante. La<br />
nostra tra<strong>di</strong>zione letteraria è sempre stata aperta all’Europa e al mondo: non si può fare