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Atti dei seminari di studi desanctisiani - Morreseemigrato.Ch

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viviamo <strong>di</strong> una politica - lo hanno sottolineato con grande forza prima Bianco poi<br />

Napolitano - <strong>di</strong> una politica che finisce per essere tutta gestione del potere, tutto<br />

personalismo e tutta svuotata <strong>di</strong> ogni spinta ideale.<br />

C'è in questo tempo tutta una serie <strong>di</strong> suoi scritti su una rivista che <strong>di</strong>ventò m<br />

qualche modo lo strumento delle sue forti battaglie su questi temi del deca<strong>di</strong>mento<br />

della con<strong>di</strong>zione morale complessiva. ”I1 Diritto" è appunto quella rivista, sulla quale<br />

ci sono pagine fortissime <strong>di</strong> analisi che potremmo leggere come assolutamente attuali:<br />

la politica che resta svuotata delle sue ragioni, la politica che si riduce - come<br />

inevitabilmente accade quando si crea questa con<strong>di</strong>zione - a puro esercizio del potere.<br />

I <strong>di</strong>scorsi che sono stati fatti ci riportano irresistibilmente alla con<strong>di</strong>zione del<br />

nostro tempo. Anche noi abbiamo questa esigenza <strong>di</strong> vedere irrobustite le ragioni del<br />

nostro impegno. Abbiamo alle spalle questa vicenda referendaria che è una vicenda<br />

sulla quale si è creato, in un certo senso, un <strong>di</strong>scrimine su come riorganizzare la<br />

politica. Il <strong>di</strong>scrimine oggi, sulle ipotesi <strong>di</strong> riorganizzazione della nostra vita politica e<br />

delle nostre istituzioni credo sia tutto qui: se noi vogliamo o non riorganizzare la<br />

politica in qualche modo ritornando alle identità politiche, a partiti rappresentativi <strong>di</strong><br />

identità politico-culturali. Credo che questa sia la più rilevante riflessione che noi<br />

possiamo in qualche modo riprendere dalle ragioni <strong>di</strong> quel tempo: la <strong>di</strong>stanza che si<br />

realizzò allora tra politica e cultura.<br />

Qui credo che dobbiamo fare una riflessione ulteriore che pure ci viene suggerita<br />

da De Sanctis. Quando si determina questa con<strong>di</strong>zione è in genere la politica ad essere<br />

caricata della responsabilità della <strong>di</strong>varicazione. Ma ci sono spunti <strong>di</strong> De Sanctis che<br />

in qualche modo sembrano ribaltare il quadro perché ci sono situazioni nelle quali la<br />

cultura stessa ha le sue responsabilità, e allora è alla cultura, che bisogna rivolgere la<br />

speranza, che ritorni ad essere forza motrice. Perché deve essere la cultura, la cui<br />

missione specifica è proprio l'elaborazione <strong>di</strong> nuove motivazioni, capace <strong>di</strong> offrire<br />

nuove spinte ideali che possono risollevare la politica. E in questa necessaria<br />

interazione tra politica e cultura io credo che sia m qualche modo insieme il dramma e<br />

la speranza <strong>di</strong> questo nostro tempo ed il richiamo alla lezione desanctisiana può anche<br />

in questo considerarsi attualissimo.<br />

Voi sapete che De Sanctis ebbe ulteriori esperienze <strong>di</strong> Governo dopo quella prima<br />

<strong>di</strong> Ministro con i due Governi Cavour e Ricasoli. Ritornò ad essere Ministro<br />

dell'istruzione con il Governo Cairoli. E qui forse è il tempo in cui la sua battaglia <strong>di</strong><br />

nuovo sull'istruzione acquista un peso ed una forza e anche una incidenza rispetto ad<br />

alcune innovazioni concrete, la grande battaglia della scuola per tutti come premessa<br />

<strong>di</strong> eguaglianza sociale, e soprattutto la battaglia per l'istruzione tecnico-scientifica<br />

come bilanciamento della cultura retorica. Credo che questo è un retaggio forse poco<br />

sottolineato, ma molto attuale in questo nostro tempo <strong>di</strong> grande consapevolezza della<br />

<strong>di</strong>pendenza dello sviluppo dalla innovazione e della imprescin<strong>di</strong>bilità della ricerca per<br />

determinare l'innovazione. Il grande critico letterario si fa cosi sostenitore della<br />

necessità dell'istruzione tecnico-scientifica: fu lui che tra l'altro inserì l'educazione<br />

fisica tra gli insegnamenti. Il tempo che viviamo con la grande rivoluzione <strong>di</strong>gitale<br />

può creare o le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> una grande e più generalizzata partecipazione <strong>di</strong> tutti ai<br />

più vari servizi, alle più varie potenzialità che queste tecnologie offrono, o al contrario<br />

nuove fratture, questa volta non più soltanto per aree geografiche, ma ancor più per<br />

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