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Atti dei seminari di studi desanctisiani - Morreseemigrato.Ch

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ealtà porta con sé, e che poi è il fondamento primo <strong>di</strong> ogni creazione artistica.<br />

Il “viaggio sentimentale” perciò mira a suscitare nel partecipante il contraccolpo<br />

del reale o lo stupore, che poi è il modo vero <strong>di</strong> guardare alla realtà, <strong>di</strong> indagarla senza<br />

strumentalizzarla; è per far questo che il viaggio sentimentale si serve appunto<br />

dell’opera, deposito ed esito del contraccolpo del reale sull’autore, e perciò in un certo<br />

senso ne limita il percorso inserendo il particolare concreto, l’oggetto determinato, lo<br />

strumento o l’attrezzo, il manufatto o il prodotto industriale, la “selva oscura” o il<br />

“campo mezzo grigio e mezzo nero” nella narrazione dell’opera; il “viaggio<br />

sentimentale” è quin<strong>di</strong> un evento narrativo e <strong>di</strong>fatti è condotto da un cantastorie.<br />

I partecipanti al viaggio, che dura poche ore, sono invitati a guardare ciò che li<br />

circonda, ad ascoltare ciò che accade lungo il filo <strong>di</strong> una narrazione che poi è anche il<br />

ripercorrere il vero modo in cui l’uomo comprende, perché nella narrazione le cose si<br />

<strong>di</strong>ffondono in un orizzonte <strong>di</strong> significato, in una morale della favola e perciò parlano.<br />

Come <strong>di</strong>ce ancora Stanislao Nievo nel suo ultimo ar<strong>di</strong>to romanzo che si intitola<br />

Al<strong>di</strong>là, nel quale evoca un po’ cosmologie tra spinoziane e nietzscheane, immaginando<br />

i primi istanti dopo la morte: “I nomi e il pensiero che li anima sollecitano le persone<br />

interessate a muoversi attorno come linee <strong>di</strong> un <strong>di</strong>segno speculare che attende <strong>di</strong><br />

prendere significato”.<br />

Al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> quanto si potrebbe <strong>di</strong>re sulla semplicità, ma anche complessità dell’idea<br />

“viaggio sentimentale”, mi preme ripetere come tratto caratteristico che il “viaggio<br />

sentimentale” e il Parco Letterario riescono, se <strong>di</strong>ventano opere <strong>di</strong> creatività, cioè<br />

nuove ispirazioni in qualche modo. In questo senso non esiste il modello unico, però<br />

esiste una metodologia. Di questa metodologia vorrei tracciare quattro punti che a mio<br />

avviso, secondo anche l’esperienza del “viaggio sentimentale” che <strong>di</strong>rigo a Santo<br />

Stefano Belbo (in provincia <strong>di</strong> Cuneo), mi sembrano fondamentali e importanti: la<br />

prima caratteristica <strong>di</strong> questa metodologia è la ricerca delle fonti. Ogni operazione del<br />

Parco deve essere pensata e costruita al <strong>di</strong> dentro <strong>di</strong> un <strong>di</strong>alogo attento con la fonte<br />

letteraria <strong>di</strong> riferimento e con tutto ciò che ad essa si lega.<br />

Non è <strong>di</strong>fficile capire che nel costruire un evento narrativo a partire da un’opera<br />

letteraria si corre il rischio <strong>di</strong> trasformarlo imme<strong>di</strong>atamente o un po’ in una<br />

sceneggiata approssimativa o in una rievocazione un po’ kitsch, se il riferimento<br />

all’opera non è sempre vigilato, giustificato e verificato. Anche qui non si tratta tanto<br />

<strong>di</strong> rifare l’opera, <strong>di</strong> spiegarla, quanto piuttosto veramente <strong>di</strong> starla a sentire.<br />

Nel cuore <strong>di</strong> un Parco Letterario, perciò, c’è sempre un gruppo <strong>di</strong> ricerca, che non<br />

ha solo il compito nobile e pedante <strong>di</strong> giustificare le scelte <strong>di</strong> situazioni, luoghi,<br />

drammatizzazioni, ma anche quello <strong>di</strong> scoprire tante cose che sono ancora restate<br />

nascoste agli occhi <strong>di</strong> tanta ricerca. Non si tratta più del gusto dell’ine<strong>di</strong>to o del<br />

segreto che spesso è stato usato in mo<strong>di</strong> un po’ ambigui sugli autori, quasi a<br />

<strong>di</strong>mostrare che la totale umanità dell’autore ne depotenziasse il messaggio. Al<br />

contrario, si tratta <strong>di</strong> scoprire e far vedere che l’autore è tale proprio perché ha vissuto<br />

quasi un eccesso <strong>di</strong> umanità, una compromissione esorbitante con il mondo e le sue<br />

cose.<br />

Il secondo aspetto della metodologia è molto importante: le opere che si<br />

riferiscono al territorio parlano sempre <strong>di</strong> cose. Le cose, la loro concretezza sono<br />

perciò al centro del Parco Letterario secondo quel particolare accento del suo ideatore<br />

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