09.06.2013 Views

Atti dei seminari di studi desanctisiani - Morreseemigrato.Ch

Atti dei seminari di studi desanctisiani - Morreseemigrato.Ch

Atti dei seminari di studi desanctisiani - Morreseemigrato.Ch

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

Steiner <strong>di</strong>ce che tutta questa roba ci ha allontanato dal <strong>di</strong>alogo con la letteratura e che<br />

la funzione della critica dovrebbe essere piuttosto quella <strong>di</strong> suggerire “esecuzioni”,<br />

cioè come accade nell’esecuzione musicale, dove il musicista appunto “esegue” un<br />

testo, uno spartito musicale, o nella recitazione dell’attore, che recitando fa vivere il<br />

testo, ne crea l’esperienza. Critica come esecuzione e come persuasione: anche<br />

quest’ultimo è in fondo un termine desueto, poco apprezzato dalle generazioni <strong>dei</strong><br />

critici - scienziati e <strong>dei</strong> critici - tecnocrati: eppure il compito <strong>di</strong> una critica capace <strong>di</strong><br />

rispettare la vita <strong>dei</strong> testi dovrebbe essere proprio quello <strong>di</strong> persuadere il lettore<br />

dell’essenzialità della lettura, del valore del testo e della necessità del rapporto con<br />

esso.<br />

Francesco De Sanctis in fondo era già tutto questo: la sua critica, <strong>di</strong>cevo prima, è<br />

un continuo <strong>di</strong>alogo con i testi, è un <strong>di</strong>alogo che ne fa vivere il valore, anche da un<br />

punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong>verso ed opposto, antagonistico, anche rifiutando e negando. Nel<br />

momento in cui fa delle riserve su <strong>di</strong> un autore, nel momento in cui mostra che in<br />

quell’opera c’erano delle cose che non andavano, che non vi si dà una sintesi autentica<br />

<strong>di</strong> vita, nel momento stesso in cui <strong>di</strong>ce questo in realtà si trova ad “eseguire” il testo, ci<br />

mostra la sua ricchezza e i suoi motivi <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>zione. Un esempio può essere dato<br />

da quelle bellissime pagine su Metastasio all’inizio del capitolo della Storia su La<br />

nuova letteratura: pagine che io non leggevo da tempo e che ho riletto per questa<br />

occasione. Metastasio è l’autore che dovrebbe essere insomma la summa della<br />

negatività nell’ottica <strong>di</strong> De Sanctis, perché è l’ultimo che raccoglie quel formalismo,<br />

quella <strong>di</strong>mensione esteriore e retorica dell’anima italiana che, come prima in<strong>di</strong>cava<br />

Palumbo, per De Sanctis costituisce “il vizio profondo dell’anima italiana”. Eppure<br />

parlando <strong>di</strong> Metastasio De Sanctis tira fuori riflessioni acutissime sulla <strong>di</strong>mensione<br />

“popolare” del suo linguaggio e ad<strong>di</strong>rittura ad un certo punto, sottolineando la bellezza<br />

<strong>di</strong> certe situazioni metastasiane, invita ad abbandonarsi al loro effetto, superando le<br />

possibili riserve della critica e dell’estetica, con questa formidabile battuta: “E se<br />

l’estetica non l’intende, tanto peggio per l’estetica”. E questo dopo che lui stesso ha<br />

proposto una serie <strong>di</strong> riserve, <strong>di</strong> sottili richiami al legame <strong>di</strong> Metastasio con un passato<br />

<strong>di</strong> cui egli è ormai l’ultimo rappresentante. Il critico storico è insomma qualcuno che<br />

nel suo <strong>di</strong>alogo con i testi si trova spesso a contrastare e contendere: ma il suo <strong>di</strong>alogo<br />

è così forte, così vivo, così intenso, proprio perché è intrecciato a tutti quei contrasti. Il<br />

critico non è uno che sta a contemplare la realtà testuale passivamente, come giu<strong>di</strong>ce<br />

imparziale (e qui De Sanctis è in fondo molto più avanti rispetto a Croce): non è uno<br />

che giu<strong>di</strong>ca, ma uno che sta lì sempre a combattere, che ogni volta che <strong>di</strong>aloga con un<br />

testo o con un’esperienza letteraria mette in gioco se stesso e quin<strong>di</strong> mette in gioco<br />

giustamente anche la propria parzialità; ma proprio in questo mettere in gioco la<br />

propria parzialità riesce a catturare la verità <strong>dei</strong> testi molto <strong>di</strong> più del critico freddo e<br />

<strong>di</strong>staccato, o <strong>di</strong> quello che misura col goniometro o con qualsiasi altro strumento la<br />

struttura e le forme del linguaggio letterario. Wellek qui sottolinea giustamente una<br />

cosa notata anche da altri (ma so che il capitolo della sua Storia della critica moderna<br />

su De Sanctis è stato in gran parte ispirato proprio dal collega Della Terza che forse ci<br />

potrà <strong>di</strong>re qualcosa in proposito): e cioè che De Sanctis arrivò “persino a vedere nel<br />

critico un attore, per analogia col teatro”. La metafora dell’attore è molto interessante<br />

e Wellek tra l’altro fa riferimento ad una battuta dello stesso De Sanctis, che nota che

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!