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Contratto ImpresaEuropa - Cedam

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988 CONTRATTO E IMPRESA / EUROPA<br />

sto sottordinato e concesso dalle istituzioni comunitarie sovraordinate.<br />

L’estensione della disciplina comunitaria anche a situazioni puramente<br />

interne da parte di un organo giurisdizionale è di per sé problematica:<br />

il compito di armonizzare le legislazioni è un’operazione discrezionale<br />

che spetta al legislatore, non deve essere creazione pretoria.<br />

Il risultato cui ha portato questa pronuncia è notevole: le discriminazioni<br />

« a rovescio » non sono assolutamente un fenomeno tollerabile in<br />

un ordinamento statale sovrano: la loro illegittimità però va sempre valutata<br />

seguendo un metro di giudizio interno, se si vuol continuare a ritenere<br />

che l’ordinamento comunitario è distinto, ancorché integrato con quello<br />

nazionale. Il fatto di dare ingresso ai principi del diritto comunitario attraverso<br />

principi costituzionali non rende il problema meno presente, ma<br />

solo meno visibile.<br />

Perciò, se la Corte Costituzionale si pronuncia sulla legittimità di una<br />

normativa discriminatoria a danno di situazioni interne, essa dovrà valutarla<br />

alla stregua del diritto interno, se continua a sostenere la separazione<br />

e l’indipendenza tra gli ordinamenti. Altrimenti, sarà necessario rivedere<br />

il sistema delle fonti e trovare una giusta collocazione del diritto comunitario,<br />

integrandolo pienamente nel nostro sistema costituzionale. Una simile<br />

conclusione non deve essere letta in termini negativi: essa sarà semplicemente<br />

un’ulteriore passo verso quella stretta integrazione che sta alla<br />

base del progetto stesso dell’Unione Europea.<br />

È evidente che allo stato attuale non esistono punti fissi di riferimento<br />

quanto alle modalità di risoluzione dell’empasse delle discriminazioni « a<br />

rovescio »: qualsiasi strada si scelga, i rapporti tra l’ordinamento statale e<br />

comunitario devono essere necessariamente ripensati in un’ottica che<br />

non preveda separazioni.<br />

Il diritto comunitario trova ingresso nel nostro ordinamento per forza<br />

propria o attraverso una normazione nazionale « guidata » dal diritto comunitario<br />

stesso. Esso non può venire giudicato in base ai nostri parametri<br />

interni, a meno che non sia lesivo di principi fondamentali; ma il rischio<br />

che una norma comunitaria sia lesiva di diritti fondamentali propri<br />

di ciascun ordinamento pare alquanto remoto, considerando l’evoluzione<br />

della tutela dei diritti fondamentali apprestata nel foro comunitario.<br />

La circostanza che una normativa comunitaria privilegi una categoria<br />

di soggetti, rendendo in tal modo discriminatoria una disciplina nazionale<br />

precedente, è un fatto fisiologico: aderendo alle Comunità Europee<br />

ogni Stato membro, oltre a rinunciare ad una parte della propria sovranità,<br />

ha anche « sottoscritto » un grande progetto di liberalizzazione dei<br />

mercati, che implica una certa elasticità normativa ed anche ermeneutica.

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