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organizzazione snella e modulare. Come si adatta il sindacato

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M. Canauz – Oltre <strong>il</strong> taylorismo: l’Organizzazione Snella, quella Modulare e <strong>il</strong> loro Riflesso sul Sindacato<br />

produttivo.<br />

Si può comunque affermare che <strong>il</strong> passaggio ad un nuovo modello non comporta la<br />

sparizione di quelli precedenti ma piuttosto <strong>il</strong> loro inserimento e <strong>adatta</strong>mento al modello nuovo.<br />

2.1 – La Scoperta del Modello Giapponese<br />

E’ pos<strong>si</strong>b<strong>il</strong>e affermare che l’ingresso in un regime produttivo non fordista né taylorista <strong>si</strong>a<br />

avvenuta negli anni ’80 con la sfida portata dal co<strong>si</strong>ddetto modello giapponese.<br />

Tale modello è stato recepito “omeopaticamente” da molte grandi aziende occidentali per<br />

fronteggiare le nuove sfide del mercato con la convinzione che sarebbe stato di au<strong>si</strong>lio nel<br />

migliorare: <strong>organizzazione</strong>, efficienza e produzione.<br />

La novità del modello con<strong>si</strong>ste in una serie di organizzazioni che consentono di ottenere una<br />

produzione fles<strong>si</strong>b<strong>il</strong>e e di alta qualità in misura nettamente superiore a quella ottenuta dalle<br />

aziende tradizionali attraverso l’innovazione tecnologica. Quelle del modello giapponese sono<br />

soluzioni organizzative che non <strong>si</strong> limitano alla sfera produttiva ma che investono l’intera<br />

strategia d’impresa. Per questo motivo <strong>il</strong> modello giapponese porta non soltanto a riformulare in<br />

modo diverso dal passato la questione del superamento del taylorismo ma rappresenta un passo<br />

fondamentale nella costruzione di un regime di produzione post – fordista.<br />

Ma come ebbe origine <strong>il</strong> modello giapponese ?<br />

Alla fine degli anni ‘40 la Toyota Motor Company era un’entità assolutamente marginale,<br />

pressoché invi<strong>si</strong>b<strong>il</strong>e sull’affollato mercato dell’auto dominato dai giganti americani: <strong>il</strong> numero di<br />

vetture prodotte comples<strong>si</strong>vamente nei trent’anni della sua attività industriale non raggiungeva<br />

neppure la metà di quella immessa “in un sol giorno” dallo stab<strong>il</strong>imento FORD di Rouge (2685<br />

contro 7000). Se ciò non bastasse la Toyota era afflitta da gravis<strong>si</strong>mi problemi di sopravvivenza.<br />

La sua quota di mercato era minima e limitata ad alcuni interstizi lasciati dalle produzioni di<br />

massa; i capitali erano scar<strong>si</strong>; <strong>il</strong> macchinario vecchio ed inadeguato; gli spazi fi<strong>si</strong>ci dello<br />

stab<strong>il</strong>imento estremamente ristretti. Secondo i criteri fordisti della produzione di massa fabbricare<br />

automob<strong>il</strong>i in quelle condizioni non poteva che essere fallimentare.<br />

Ancora, nel 1950 gli 11706 autoveicoli (la maggior parte autocarri) che costituivano la sua<br />

intera produzione, scomparivano di fronte ai 4 m<strong>il</strong>ioni di auto prodotte dalla General Motors, o<br />

agli oltre 2 m<strong>il</strong>ioni della Ford.<br />

Ma agli inizi degli anni ‘80, con i suoi 3m<strong>il</strong>ioni e mezzo di veicoli “gettati” sul mercato -<br />

realizzati con un numero di dipendenti di qua<strong>si</strong> 10 volte inferiore rispetto a quelle delle sue più<br />

dirette concorrenti occidentali - la TOYOTA <strong>si</strong> installava saldamente al secondo posto nella<br />

clas<strong>si</strong>fica dei produttori mondiali, e collaborava in misura preminente allo storico sorpasso<br />

dell’industria automob<strong>il</strong>istica giapponese su quella americana: 11m<strong>il</strong>ioni di auto prodotte<br />

28 © 2003 www.ea2000.it -<br />

- N. 4/2005

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