organizzazione snella e modulare. Come si adatta il sindacato
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M. Canauz – Oltre <strong>il</strong> taylorismo: l’Organizzazione Snella, quella Modulare e <strong>il</strong> loro Riflesso sul Sindacato<br />
frantumandone le man<strong>si</strong>oni ma sovraccaricandoli di compiti .<br />
Per raggiungere questo obiettivo Ohno sostituì al principio tayloristico dell’one best way <strong>il</strong><br />
principio della riduzione delle scorte. Mentre l’one best way imponeva per via burocratica gli<br />
spazi, i gesti del lavoro, la riduzione delle scorte <strong>si</strong> annida all’interno del processo produttivo<br />
coinvolgendo gli operai nel “GIOCO” di eliminare ridondanze e tempi morti.<br />
Si chiarisce così anche <strong>il</strong> <strong>si</strong>gnificato che assume la standirdazzione delle procedure.<br />
Nel taylorismo clas<strong>si</strong>co la standirdazzione è definita da un ristretto gruppo di esperti ed è<br />
imposta in via gerarchica alle maestranze, nel modello giapponese la standardizzazione è un<br />
obiettivo definito con <strong>il</strong> coinvolgimento attivo di tutti è sempre migliorab<strong>il</strong>e.<br />
A quanto sopra descritto <strong>si</strong> collega un secondo fattore di ambiguità collegato alla frag<strong>il</strong>ità che<br />
caratterizza l’impresa in JIT 24 e cioè la rinuncia alla costosa <strong>si</strong>curezza fornita dalle risorse<br />
eccedenti. Mancanza di scorte <strong>si</strong>gnifica che <strong>il</strong> successo passa dal fatto che tutte le risorse<br />
impegnate nel processo produttivo <strong>si</strong>ano prevedib<strong>il</strong>i ed affidab<strong>il</strong>i.<br />
In particolare occorrono lavoratori non solo fles<strong>si</strong>b<strong>il</strong>i e polivalenti ma anche disposti ad<br />
eventuali prestazioni straordinarie di orario e di competenza per affrontare le criticità.<br />
In altre parole con <strong>il</strong> JIT l’impresa fa una scommessa: sguarnisce totalmente le sue difese<br />
erette contro la conflittualità vista come un destino inevitab<strong>il</strong>e della produzione industriale e<br />
convoglia tutte le risorse ad alimentare un “monoflussso” dove non ci sono né “polmoni” né<br />
seconde linee di difesa.<br />
Di qui la neces<strong>si</strong>tà (su cui torneremo ampiamente nei pros<strong>si</strong>mi paragrafi) di nuove relazioni<br />
industriali in cui i dipendenti non <strong>si</strong>ano tentati di usare <strong>il</strong> loro potere di danneggiare <strong>il</strong> <strong>si</strong>stema.<br />
Di qui la prospettiva di un mutamento antropologico dei rapporti umani in fabbrica, dove le<br />
forme di lotta di epoca fordista sono destinate ad apparire qua<strong>si</strong> un cimelio di archeologia<br />
industriale.<br />
Tutto ciò rende però diffic<strong>il</strong>e dare un giudizio univoco sul modello giapponese.<br />
Esso indubbiamente supera <strong>il</strong> fordismo <strong>si</strong>a sul piano della produzione che diventa fles<strong>si</strong>b<strong>il</strong>e<br />
<strong>si</strong>a sul piano umano dove <strong>il</strong> coinvolgimento dei lavoratori sostituisce i controlli burocratici.<br />
Ma con questo <strong>il</strong> lavoro non diventa di fatto più libero e r<strong>il</strong>assato ma, al contrario, vincoli<br />
strutturali e pres<strong>si</strong>oni sociali conducono i lavoratori a ritmi spesso osses<strong>si</strong>vi.<br />
Proprio partendo da queste ambiguità e da una cultura sociale e aziendale diversa da quella<br />
giapponese, <strong>il</strong> modello ha trovato in Itali applicazioni, comunque, travagliate come cercherò di<br />
<strong>il</strong>lustrare in seguito.<br />
24 Si veda: Oliver e W<strong>il</strong>kinson (1998).<br />
42 © 2003 www.ea2000.it -<br />
- N. 4/2005