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OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l'Altrove ANNO XIII – NN ...

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colma di bellezza anche da vecchi. Terminata lacolazione, se il tempo era ragionevolmente clemente,indossava un vecchio cappotto di cammello ancoradotato di una certa eleganza ed usciva a passeggiare.Gli amici di una vita, il maresciallo ed il notaio, loattendevano alle nove in punto nella piccola piazzaalberata che fronteggiava il palazzo che ospitava daquasi mezzo secolo le sorti dei vecchi sposi. Il portonesi chiudeva con un tonfo sordo e Mario, con unagestualità che si ripeteva identica ogni volta, cercava ilviso magro del suo unico amore nel piccolo riquadrodella finestra della cucina e salutava dolcemente con lamano destra. Quindi partiva insieme agli altri due, perun’oretta di chiacchiere, sorridente.Agnese amava suo marito. Sinceramente. Ed avrebbecontinuato a farlo. Ma non riusciva ad emularne lospirito. Era stato bello vivere al fianco di quell’uomo.Era così distinto anche da giovane. E quanto l’avevanoinvidiata le donne del quartiere il giorno in cui la videroentrare in quello stesso portone vestita di bianco, inbraccio a lui.Mario le aveva regalato una vita da piccola signora.Belle villeggiature, qualche gioiello. Ma di lei, dellapropria esistenza, cos’era stato? Se lo chiedeva già damolti mesi, senza riuscire a rispondersi. Era stata incasa, madre e moglie, per un tempo che non riuscivaneanche a misurare. Il mondo le era passato distante.Aveva tentato di allevare due figli al meglio delleproprie possibilità, eppure un silenzioso tormento lelacerava l’anima. Si sentiva segnata. Irreparabilmente.Non c’era più il tempo, di fronte a sé, a concedere ilconforto della speranza.Laura e Giovanni se ne erano andati da casa da moltianni. Giovanni, il maggiore, partì immediatamente dopola laurea per una borsa di studio all’estero da cui nonera più tornato. Lentamente, senza strappi, eradiventato un estraneo.Laura si era sposata tardi, adulta, quasi perrassegnazione, con un uomo bizzarro che Agnese avevadetestato sin dal primo incontro. Un lavoro mal pagato,un ragazzino pieno di angosce e la cura di una villettafuori città la impegnavano duramente. Troppo, peressere vicina agli anziani genitori. Ma forse, Agnesepretendeva attenzioni eccessive.Gli anni scorrono veloci, nonostante la vita sembri noncondurre più da nessuna parte. Tre ne seguirono inrapida serie senza modificare di molto la routine deidue anziani coniugi. Gradualmente, le passeggiate diMario presero a diradarsi, l’andatura rallentò e la suacaratteristica postura eretta iniziò ad incurvarsi. Maerano fastidi normali, accettabili. L’ordine delle cose.Agnese scendeva a comprare il giornale soltanto duevolte alla settimana. Gli occhi di Mario si stavanoindebolendo e, anche se lui non lo ammetteva, riuscivaa distinguere senza sforzo soltanto i titoli degli articoli.In ogni modo, i due sposi si sostenevano l’un l’altro,costanti. Amore antico fatto di sguardi, poche parole,misteriose intuizioni.Il maresciallo morì quell’inverno. Una bronchitesottovalutata lo mise a letto ai primi di novembre. Furicoverato in ospedale il giorno dell’Immacolata e primadi capodanno Mario ed il notaio l’accompagnarono alcimitero per l’ultima passeggiata. I due amici aprivano ilpiccolo corteo funebre reggendo una sobria corona difiori bianchi ed un cappello con pennacchio rosso daalta uniforme.Agnese, preferì rimanere in casa. Troppa tristezza inquel raduno di vecchi che salutavano l’ennesima vittimadel genocidio silenzioso che stava sterminando la lorogenerazione.Quell’anno l’estate arrivò violenta e con molto anticipo.E come sempre usa, vigliacca, se la prese con i piùdeboli ed i più stanchi.Senza che vi fossero state particolari avvisaglie, Mariosentì svanire il vigore che lo aveva sempre distinto. Erasempre stato un uomo indipendente. Detestava farpreoccupare sua moglie. Agnese era una donna piccola,esile. Corporatura di altri tempi, come non neesistevano quasi più. Con il passare degli anniassomigliava sempre più incredibilmente ad un uccellinocaduto dal nido. Mario non voleva caricarle addosso unpeso tanto gravoso, ma non riuscì a mascherare alungo la propria condizione.Dopo un piccolo collasso, disidratato in modopreoccupante, fu obbligato dal medico a mettersi a lettoed a sottoporsi ad una massiccia cura di ricostituenti.Agnese fu sopraffatta dallo spavento, povera donna.Rapidamente, le condizioni di Mario si aggravarono,costringendolo all’immobilità pressoché assoluta, per laprima volta nella sua vita. Da un giorno all’altro, i suoiocchi si infossarono, cerchiandosi di un nero orribile.Un’ombra sinistra lo avvolse. L’uomo sempre vigoroso esorridente, il pilastro della famiglia, era inchiodato adun ruvido lenzuolo che si andava trasformandorapidamente in un sudario.Nonostante le cure, Mario non accennava a riprendersi.Si rese necessario convocare una riunione di famiglia,come non accadeva da anni.Giovanni provò a rinviare almeno un paio di volte, madopo una settimana di telefonate sempre più furiose daparte di sua sorella non poté accampare scuse. Laura lomise alle strette. Gli fece capire a chiare lettere che erastufa di vedersela da sola coi due vecchi. Lui se n’eraandato, se n’era fregato di tutto e tutti e le avevamollato quella patata bollente tra le mani. Era venutal’ora di darsi una mossa se non voleva essereestromesso da qualsiasi tema ereditario.Riagganciato il telefono ed accesa l’ennesima sigarettadi una giornata da dimenticare al più presto, Giovanni sidecise a prenotare il primo volo utile per tornare a casa.Il concilio di famiglia si svolse attorno al piccolo tavolocircolare di legno della camera nuziale, in pomeriggiotorrido. Mario si consumava in fretta, a pochi metri didistanza, mentre i figli adorati non nascondevanol’insofferenza di trovarsi ad un capezzale tantosgradevole.Giovanni era un quarantenne disilluso e distaccato,avvezzo alla solitudine ed all’affetto mercenario,noleggiato a piccole dosi. Il suo ruolo istituzionale difiglio lo tratteneva suo malgrado in quella stanzatappezzata di carta da parati verdastra che non avevamai potuto soffrire e che puzzava terribilmente dichiuso e stantio. I suoi pensieri andavano al viaggio diritorno ed al fondoschiena di una nera di cui gli avevaben parlato un collega e che avrebbe spezzato presto lamonotonia delle sue le sue notti solitarie. Laura fissòper tutto il tempo il cellulare in attesa, disse, di unachiamata di suo marito, che non arrivò.<strong>OSSERVATORIO</strong> <strong>LETTERARIO</strong> <strong>Ferrara</strong> e l’Altrove <strong>A<strong>NN</strong>O</strong> <strong>XIII</strong> – <strong>NN</strong>. 67/68 MARZO-APRILE/MAGGIO-GIUGNO 200911

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