(come Ursinus Velinus, Miklós Oláh, Martin Brenner,Johannes Alexander Brasiccanus ecc.) 9 . Per il secondoperiodo, alla fine del secolo XVI diventano piùnumerose le fonti che parlano dell’eventuale esistenzadella biblioteca o almeno ipotizzano l’esistenza a Budadi un numero considerevole di codici (David Ungnad,Stefan Gerlach, Salomon Schweiger, Reinold Libenauecc.) 10 . Appartengono a questo gruppo di documentianche le note di István Szamosközy, che non potevanoancora essere note a Csapodi. Secondo la nostraopinione la rappresentazione della fonte menzionata edi particolare importanza anche dal punto di vista dellametodologia della ricerca.Su István Szamosközy 11 e sulle fonti transilvane dellaBibliotheca Corviniana abbiamo dato una breve notiziadopo esser riusciti a scoprire un’opera di filosofia storicafinora sconosciuta di questo studioso 12 . In questa operaappartenente al genere ars historica, l’autore paragonagli scritti storici ungheresi di Antonio Bonfini a quelli diGiovanni Michele Bruto dal punto di vista dellametodologia 13 . Szamosközy ha scritto questo volumeper provare al Principe Sigismondo Báthory di doverstampare l’opera manoscritta di Bruto perché nonandasse perduta o distrutta e perché anche legenerazioni future potessero consultarla 14 .L’ars historica già menzionata, ma finora non valutatanella storia della Corvina di István Szamosközy,asserisce: «Multa inopinata accidere possunt, quaeimbecillo librorum generi cladem ab omni aevointulerunt, et nunc inferre possunt incendia, vastitates,blattae, incuria, rapinae, ac in summa punctumtemporum quodlibet, quo vel maximarum rerummomenta vertuntur. Sic perierunt darissimi librorumthesauri Philadelphi et Pergamenorum Regum: sicinteriit nobilis illa et memoratissima Matthiae RegisBibliotheca Budae, multis millibus voluminum referta, excuius clade Heliodorus Aethiopicae historiae author,Stephanus Geographus, Polybius, Diodorus Siculus,Titus Alexander Cortesius de laubibus Matthiae Regis,Bonfinius de pudicitia coniugali, Crastonius Gorippus quilibros Joannidos scripsit, et quidam alii, velut ex mortuisredivivi fortuna quapiam conservati nuperrime in lucemprodierunt» 15 .L’espressione (nuperrime in lucem prodierunt) “appenavenuto alla luce”, come chiusura della parte citata,rende evidente che Szamosközy conosceva operestampate pubblicate in base alle corvine. Partendo daquanto detto sopra, le nostre ricerche basate sullabibliologia corviniana dimostrano una perfetta sintoniacon i risultati già conosciuti di codici ancora esistenti.L’opera di Eliodoro Aithiopikés historias biblia X è statapubblicata da Vincentius Obsopoeus in baseall’esemplare della Corvina (Basilea 1534). Secondo latestimonianza delle note del possessore, il codice epervenuto al duca bavarese Albrecht V nel 1577 tramiteJoachim Camerarius 16 . La Historia di Polibio ci e rimastanello stesso volume in lingua greca, ma nella bibliotecadi Mattia se ne aveva anche la traduzione latina fatta daNicolaus Perottus. Quest’ultima è stata donata da uncerto Ibrachim Machar al suo Sultano nel 1558/59 el’abbiamo riavuta qui, in Ungheria, solo nel 1869 17 .Anche la prima edizione in lingua greca di Polibio(Hagenau 1530) è basata su un testo corviniano 18 .Anche l’opera Bibliothéké di Diodoro Siculo è stata perla prima volta pubblicata in lingua originale in base auna corvina da Obsopoeus (Basilea 1539) 19 , equest’ultimo (non conoscendo la prima edizione –Hagenau 1531) ha stampato per la seconda voltal’opera di Cortesius usando il manoscritto pervenutoglitramite Giovanni Corvino, la sua vedova ed infine il suosecondo marito György Brandeburgo. 20 L’opera diAntonio Bonfini Symposion de virginitate et pudidtiaconiugali è stata probabilmente portata da Buda aNapoli dalla regina Beatrice, dove l’ha venduta aJohannes Sambucus. In tal modo l’editto princepsdell’opera in questione (Basilea 1572) e stata stampatain base all’esemplare della biblioteca della reginaBeatrice, e cioe, in base a una corvina. 21Non sono inventariate dalla letteratura relativa allaricerca dei codici corviniani come corvine esistenti leopere di altri due autori, Corippus e StephanusGeographus. Tenendo presente che l’interesse per lacodicologia dell’umanista transilvano Szamosközy ètestimoniato anche da una corvina da lui posseduta 22(era attento alle differenze fra le edizioni dei testiantichi ed umanistici e fra i manoscritti eventualmenteritrovati 23 , alle forme dei nomi, ecc.), non èassolutamente escluso che i riferimenti ai volumi dellaleggendaria raccolta del grande re siano rimasti nellasua memoria e che li potesse enumerare anche senzatirare fuori le opere stesse.Si richiedeva una riflessione più approfondita, ma con lapromessa nello stesso tempo di risultati molto piùinteressanti circa l’indagine su questi due autori, le cuiopere esistenti sono note alla letteratura della ricerca, ecioè, «Crastonius Gorippus (sic!) qui libros Joannidosscripsit» e Stephanus Geographus. In questi due casipossiamo affermare non soltanto che, grazie all’attivitàdi Szamosközy, abbiamo arricchito di pezzi nuovi lafamosa raccolta, ma che nello stesso tempo dobbiamoaffrontare ancora altri problemi. Il problema-Corippus:Flavius Cresconius Corippus è un poeta del secolo VI, dicui conosciamo una sola opera: De laudibus IustiniAugusti Minoris heroico carmine libri III tranne quellaIohannis, seu de bellis Lybicis menzionata dall’archivistadi Gyulafehérvár. Come testo, Szamosközy potevaconoscere eventualmente soltanto quello precedente,edito da Michael Ruiz nel 1581 ad Anversa. 24 Tuttoquesto in realtà non è neppure probabile. Conoscendol’edizione citata, non avrebbe mai usato il nomedell’autore nella forma scorretta. Prima di far conoscerequale poteva essere la fonte per Szamosközy,dobbiamo menzionare che “il problema-Corippus” (sel’opera in questione è una corvina o meno e dove lacustodiscono attualmente) ha una vastissimaletteratura. Riassumendone una parte 25 Csapodi haaffermato che il codice posseduto dalla BibliotecaTrivulziana di Milano, è ritenuto da molti una corvina,non ha mai fatto parte della biblioteca di Mattia. Inquesta sua affermazione Csapodi ripete la presa diposizione degli editori di testi di lohannis 26 ; la variantedi Buda la conoscono tutti dal racconto di JohannesCuspinianus. È stata questa la nota familiare anche aSzamosközy, ma possiamo aggiungere anche notizie piùconcrete relative all’edizione di Nicolaus Gerbelius 27 ,nella quale Gerbelius ha pubblicato anche un catalogodei nomi da lui menzionati. Troviamo addirittura inquest’edizione parola per parola quanto citato anche da20<strong>OSSERVATORIO</strong> <strong>LETTERARIO</strong> <strong>Ferrara</strong> e l’Altrove <strong>A<strong>NN</strong>O</strong> <strong>XIII</strong> – <strong>NN</strong>. 67/68 MARZO-APRILE/MAGGIO-GIUGNO 2009
Szamosközy, tranne il curriculum di Cuspinianus:«Crastonius Gorippus (!), qui libros Iohannidos scripsit,qui habentur in Bibiliotheca Budensi». Dobbiamo peròdire che Szamosközy non era il solo a credere che ilnome da lui usato fosse quello giusto, perché lotroviamo nella stessa forma sbagliata nellaconosciutissima Bibliotheca universalis di ConradGesner e non è cambiato nemmeno nelle edizioni acura di Josias Simmler e Johann Jacob Frisius diGesner. 28 Lo storiografo transilvano avrebbe potutoprendere il nome anche da loro, ma come abbiamo giàsottolineato, possiamo essere quasi sicuri che lui nonconoscesse il catalogo dei nomi di Gerbelius. StephanusGeographus: Secondo ogni probabilità Szamosközy usail nome dell’autore nella forma citata, perché sia per luiche per i suoi contemporanei era del tutto evidentequale “Stephanus” s’intendes se con questo nome. Èprobabile che si trattasse di Stephanus Byzantinus del Vsecolo, che scrisse il suo lessico geografico intitolatoEthnika (nella traduzione latina: De urbibus et populis],che e risultato una fonte inesauribile sia per gli umanistiche per i ricercatori dei giorni nostri per conoscerealcuni episodi attinenti alla geografia o alla storia dellaloro patria. 29 La letteratura, a tutt’oggi vastissima, dellaricerca della Corvina è però priva di dati relativiall’eventuale esistenza di questa opera famosa nellaraccolta di Buda e non siamo riusciti nemmeno aricevere una risposta alla domanda, su come potevaconoscerla Szamosközy. Non è discutibile che neconosciamo anche tre edizioni cinquecentesche, 30 ma innessuna di queste ci sono tracce che indichino che laloro base sia stata una corvina. Non si legge di questoné nelle prefazioni delle edizioni posteriori 31 nénell’editto finora ritenuta la migliore. 32Szamosközy ha visto il codice? Se pensiamo inparticolare ai numerosi esemplari rimasti in Italia di taleopera, per esempio, in primo luogo, a quello custoditopresso la Biblioteca Trivulziana, 33 teoreticamente nonpossiamo escludere questa possibilità.Riteniamo importantissimo ricordare chenell’Österreichische Nationalbibliothek si custodisce unacopia acquistata da Sebastian Tegnagel, 34 e che volumidella stessa provenienza vengono elencati anche daCsapodi, sebbene trattati entrambi come “corvinediscutibili”. 35In tale situazione siamo costretti a mettere per iscrittodelle ipotesi. Ci pare evidentemente più logico supporreche nonostante i risultati “negativi” delle fonticonsultate, Szamosközy ha comunque preso la suainformazione da un’opera a stampa. Non è escluso cheprovengano da una voce “Stephanus Byzantinus” di unodei lessici dell’epoca, dove si faceva accenno allapresenza dell’opera in questione nella Corvina.Non possiamo escludere però nemmeno la possibilitàche il nostro storiografo abbia preso da tutt’altra fontela sua informazione relativa alla presenza nella Corvinadel lessico geografico. È così presumibile anche che,nonostante il fatto che le edizioni cinquecentesche equelle posteriori in realtà non siano state pubblicate inbase al manoscritto della biblioteca di Mattia,Szamosközy abbia messo le loro pubblicazioni incontatto con la sua informazione relativa all’esistenzadel codice. È supponibile anche per questo che loscrittore dell’ars historica abbia eventualmente visto ilcodice stesso.Consultando sette codici abbiamo dovuto affrontare unsolo caso in cui la domanda sulla provenienzadell’informazione di Szamosközy è rimasta senzarisposta. Questo fatto negativo ci dimostra addiritturache, studiando sistematicamente le prefazioni di tutte leedizioni dei testi antichi connessi in qualsiasi modo conla Corvina, si ottiene un quadro molto più concreto delmodo di pensare degli umanisti europei su questabiblioteca andata distrutta. Le conoscenzesoprammenzionate erano a disposizione di tutti coloroche, per vari motivi, volevano ricostruire la biblioteca diMattia. Tali tentativi si conoscono già a partire dalsecolo XVII.Nel presente articolo mettiamo in rilievo i documentiche sono connessi con l’acquisizione dei libri da partedell’ordine dei Gesuiti.Il conte e condottiero austriaco Michael Rudolf Altham(1574-1638) e ambasciatore di Mattia II presso la cortedei Turchi e presso il principe Gabriele Bethlen inTransilvania. 36 L’8 aprile 1618 il conte scrive al Papa perpromuovere lo scambio dei libri turchi della bibliotecaprincipesca toscana con quelli della biblioteca di Buda. 37Successivamente troviamo delle lettere chetestimoniano che anche l’ordine dei Gesuiti si mobilitaper ottenere lo stesso scopo. Muzio Vitelleschi, generaledell’ordine dei Gesuiti, nella sua lettera dell’8 giugno1618 a Florianus Avancinus, rettore del Collegio deiGesuiti di Vienna, esprime i suoi dubbi relativi alsuccesso dell’iniziativa. Non crede che la biblioteca diBuda sia acquisibile tramite uno scambio con i libriturchi posseduti dal duca toscano Cosimo II Medici(1590-1621), ma se il Papa non vuole scrivere al Duca,lui, il Vitelleschi, si rende disponibile a farlo. 38Lo stesso Vitelleschi scrive anche la lettera successiva,del 19 giugno 1618, all’ambasciatore di Vienna delSultano, Caspar Gratiani, 39 comunicando di averprovato di intercedere presso il Papa, che però noninterverrebbe volentieri nell’affare. Conoscendo l’amoreper gli oggetti dell’antichità del Granduca, il SantoPadre eviterebbe una situazione scomoda per tutti edue e cioè l’eventualità che il Granduca rifiuti la suarichiesta. Ciò nonostante, nella lettera del 29 settembre1618 scrive già all’ambasciatore, informandolo che ilPapa ha cambiato opinione ed e pronto a favorire lacausa dei libri turchi. 40 Nella letteratura ungherese èregistrato che sia Gabriele Bethlen che Giorgio Rákóczifecero tentativi per acquistare i libri di Buda. Lostudioso Csaba Csapodi, che ha affrontato forse piùapprofonditamente la storia della biblioteca di Mattia, siè occupato lo stesso del problema dell’esistenza dei libria Buda dopo il 1526 e quanti codici poteva contare ilnucleo lasciato li dagli umanisti bibliofili, dalle truppemercenarie e dagli impiegati della tesoreria delSultano. 41 Secondo le sue ricerche, nel Palazzo di Budanon è rimasta un’unica raccolta di libri degna di esseremenzionata. 42 Nonostante l’ampia argomentazione diCsapodi, proponiamo, in base a quanto detto, di nonescludere come ipotesi di lavoro la possibilità diconfutare la sua opinione. Vale a dire, è difficilesupporre che sia i Gesuiti ungheresi che i prìncipi diTransilvania non abbiano fatto tentativi di acquistare ilibri in questione senza fare prima una ricerca relativa al<strong>OSSERVATORIO</strong> <strong>LETTERARIO</strong> <strong>Ferrara</strong> e l’Altrove <strong>A<strong>NN</strong>O</strong> <strong>XIII</strong> – <strong>NN</strong>. 67/68 MARZO-APRILE/MAGGIO-GIUGNO 200921
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