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OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l'Altrove ANNO XIII – NN ...

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millenovecentodiciannove.E ci diciamo immortalistecchiti in un sogno salatosurgelati in sacchetti monousoaffumicati,compressi da un ruolo.S’alligna il virus suinocontinuamente mutanteattende il momento cruciale…Si avvolge a spiralesulle testatenucleari, reseimpotenti dall’assenza di artificieri:DEFUNTI!Non è la peste neradel mondo:non è l’olocausto finalenon è la finegela le piramidi dell’illusione,la coscienza febbrile dell’esistere,l’impossibilità per me di amaree assaporare la luce tra le palpebre.E lui, il male del mio vivereil Faust dell’esserenelle latebre di me stesso,si scioglie in un sorso di vuotosulle gote della morte,ove acuminategraffiano le ombre.E infine, laggiù, in una direzioneignota, attraversa il nullasi muove, sazia, dentro le cantinedella miseria umana, la bestia, làsulle sopracciglia della cortecciadove la rugiada ha perso la sua fogliae l’alba non tesse più parole.Semplicemente il redde rationemdel virus – GEROBOAMO –cheabbiamo esorcizzato con una sigla.INVANO!Continuiamo a lottare da titaniper le spoglie di una formicao la carica di direttore della casa di riposo:Lanzillotti aspetta col suopungiglione avvelenatola fine della stirpe.(1984)Patrizia Trimboli — AnconaFAUSTPiù profondamente tu, misteroalzasti le manisugli enigmi dei supremi disegnie dentro il mio scheletrovolasti nell’occulto pensiero.Mi allontano dalla mia carneverso le braccia di un sonno nerosulla riva, senza nome, ove si spegneil frutto rosso del papaveroe dischiude la sua pergola la solitudine.Si annoda al vanotutto ciò che innanzi a mescintilla nel cuore immenso dell’eternoe con le dita di sabbia avanza invanofino all’intimo estraneo a me stessoai maiuscoli giardini del sentimento.In questo sottosuolo buio, inginocchiatotra le schegge della nottesi solleva tristementeimpenetrabile, inerte,8Valentino Vannozzi — Torrita di Siena (Si)ESERCITIGuardo le luci della città:tutte insieme non rendono grazia ad una sola stella.Guardale schieratele une di fronte alle altre,come eserciti frementi di battagliache lottano per confonderci.La dignità dell’uomoè stata mangiata dentro del pane biancoda ingordi governanti.L’essenza dell’uomo,quel fuoco che bruciava in petto,non esiste più,spento da un sorso di inconsapevolezza.Dal volume «Alla ricerca del Dio senza croce», EdizioniWilloworld trasmesso dall’Autore per l’eventuale pubblicazionedelle poesie. (Licenza Creative Commons)Giuseppe Costantino Budetta — NapoliNOIARacconti_________Segreta vita viveva l’albero d’albicocche, in orto.Dorate iridescenze sulle folte foglie come i capelli diselvaggia dea. Nel pomeriggio afoso, sprigionaipossente forza. Per noia, m’arrampicai sull’albero conlarghe bracciate, tra ramo nodoso e ramo frondoso.Con la stretta delle cosce, facendo leva sui ginocchi,m’arrampicai sull’albero che come cavallo domotremolò. Ero potente. Ero la piccola vedetta lombardanel libro Cuore di De Amicis. All’orizzonte non c’eranogli Austro-ungarici, ma il fulgore del tramonto estivo.Pesai: da quest’altezza, se cado mi rompo un osso.Potrebbe cedere il femore come vetro, o la tibia-fibula,o i legamenti crociati del ginocchio, o il calcagno, o leossa dell’avambraccio. Se fossi caduto davvero malecome un fesso, avrei potuto lussarmi la colonnavertebrale. Così oltre all’albero che muto mi sorreggeva,<strong>OSSERVATORIO</strong> <strong>LETTERARIO</strong> <strong>Ferrara</strong> e l’Altrove <strong>A<strong>NN</strong>O</strong> <strong>XIII</strong> – <strong>NN</strong>. 67/68 MARZO-APRILE/MAGGIO-GIUGNO 2009

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