storiografia polacca come il teorico della ‘tirannide’ e del‘monarca assoluto’. All’opera del Buonaccorsi si sarebberifatto in epoca successiva il grande letterato, politico edignitario ecclesiastico d’origine valacca Miklós Oláh,uno dei pochissimi umanisti ungheresi a non essersiculturalmente formato nelle università italiane. MiklósOláh è autore del poema Athila, composto a Bruxellesnel 1537, in cui formula un programma di riscattonazionale dopo la disfatta magiara di Mohács del 1526esaltando attraverso il mito di Attila la figura di MattiaCorvino, che presenta alla stregua d’un eroe nazionalee patriota più che d’un principe assolutistico e monarcaideale.Se agli occhi degli ungheresi e degli uomini dellasua corte Mattia Corvino era il secondo Attila, agliocchi degli occidentali egli appariva invece come ilnovello Alessandro Magno chiamato dalla cristianità asconfiggere il novello Dario, ovverosia il sultano turco,che stava premendo contro i confini dell’Europacentrale; non a caso Lorenzo il Magnifico fece dono alsovrano magiaro del rilievo del Verrocchio cheraffigurava appunto Alessandro e Dario l’uno di fronteall’altro. Il filosofo neoplatonico Marsilio Ficino (1433-1499) identificò invece Mattia Corvino con Ercole, chefin dal De laboribus Herculis di Coluccio Salutaripersonificava l’ideale dell’uomo rinascimentale. MarsilioFicino aveva declinato l’invito di Mattia che lo volevaalla sua corte a insegnare la filosofia neoplatonica;tuttavia, rimase in contatto col re magiaro, cui dedicòla sua opera su Plotino e donò numerosi codici per lasua Biblioteca.Mattia Corvino creò quindi uno dei centri piùsplendidi e prestigiosi della cultura e dell’arterinascimentale del Quattrocento, precedendo in ciòtutte le altre corri d’Oltralpe (cfr. con la versioneintegra della relazione di A. P. sopraccitata).I rapporti italo–ungheresi infatti si dipanano neisecoli, ma i ricordi rimasti, nonché quelli più vivisecondo le fonti storiche, risalgono al regno di Mattianel XV secolo. Quindi – come è già accennatoprecedentemente -, numerosi umanisti italiani hannodimorato alla corte del regnante ungherese delRinascimento e molti giovani ungheresi hanno studiatoper un periodo più o meno lungo in terra italiana.Nella Raccolta di incunaboli del XV secolo, con piùdi 1700 esemplari, si possono reperire anche numerosilavori di provenienza artistica italiana. Tra essi il primoacquisto di Ferenc Széchényi, fondatore della Bibliotecaè il primo libro stampato italiano, una copia del Deoratore di Marco Tullio Cicerone, che KonradSweynheym e Arnold Pannartz, i due chierici arrivati daMagonza, avevano fatto stampare a Subiaco nelsettembre del 1465. (v. fig.1)L’edizione veneziana pubblicata da Nicolas Jenson,nel 1472, della Naturalis Historia di Plinio il Vecchio,era rifinita con 28 grandi iniziali. Esaminando lo stiledelle illustrazioni, i colori e altri particolari, gli storicidell’arte hanno stabilito che sono state dipinte da unminiaturista veneziano intorno al 1472, proprio comel’esemplare di analoga fattura della ÖsterreichischeNationalbibliothek di Vienna. (v. fig.2)Nella Biblioteca Corviniana di re Mattia, di famamondiale, oltre ai codici meravigliosamente illuminati,c’erano anche volumi stampati, tra i quali il lavoro diNicolaus de Ausmo, autore italiano del XV secolo, suldiritto canonico, il Supplementum Summae Pisanellae,uscito a Venezia nel 1743 presso Wendelin von Speyer.(v. fig.3) Del volume è stata miniata solo la primapagina, sotto è possibile vedere il nome del donatore,Sisto V, vicino a quello di re Mattia.Analogamente, nel 1473, e apparso a Buda il primolibro stampato in Ungheria, ladella stamperia di András Hess. Era giunto in Ungheriadalla tipografìa romana di Lauer, di cui non conosciamola sorte, e – secondo le più recenti ricerche archivistiche– nei lavori di preparazione dell’officina di Buda avevasvolto un ruolo importante l’arcivescovo di Esztergom,Fig.1Fig.2János (Giovanni) Vitéz, poco dopo caduto in disgrazia emorto nel 1472. Il nipote di Vitéz è stato il primo poetaungherese in lingua latina di fama internazionale – è giàmenzionato di sopra -, Giano Pannonio (Ianus/JanusPannonius o János Csezmiczei/Kesencei). Egli, lagrande figura della letteratura umanistica ungheresenacque il 29 agosto 1434 in una famiglia benestantedella piccola nobiltà a Kesince, nell’attuale Slavonia,allora appartenente a quello che fu il territorio storicodell’Ungheria fino alla pace di Trianon del 1920. Fino atredici anni la madre, Borbála Vitéz, lo educò e fecestudiare con lo scopo di avviarlo alla carrierasacerdotale. Il piccolo Janus dimostrò di avere talentoperciò per volere dello zio, János Vitéz, pure umanista,della Cancelleria dell’imperatore e re d’UngheriaZsigmond (Sigismondo), fu inviato a <strong>Ferrara</strong> nellaprimavera del 1447 per seguire gli insegnamenti, a queiFig.3Fig.4tempi di altissimo livello, dell’umanista ed educatore64<strong>OSSERVATORIO</strong> <strong>LETTERARIO</strong> <strong>Ferrara</strong> e l’Altrove <strong>A<strong>NN</strong>O</strong> <strong>XIII</strong> – <strong>NN</strong>. 67/68 MARZO-APRILE/MAGGIO-GIUGNO 2009Cronica Hungarorum
Guarino da Verona, la cui scuola divenne uno dei centripiù vivi dell’Umanesimo. A <strong>Ferrara</strong> rimase per otto annipoi si trasferì a Padova; qui fece conoscenza conGaleotto Marzio, con il gran pittore Andrea Mantegnaed altri esponenti intellettuali della borghesia urbana epolitica. Dopo quattro anni, conseguì il dottorato indiritto canonico e romano. Gli otto anni passati nellacittà degli Estensi furono decisivi per la sua vita, per ilsuo modo di pensare e naturalmente per la suaformazione letteraria. Le sue opere poetiche, benpresto, divennero note nei circoli umanistici dell’Italiasettentrionale. Nella scuola di Guarino, la culla dellapoesia, imparò e coltivò tutti i generi della poesiaumanistica, ma egli prediligeva esprimersi con gliepigrammi, infatti questo genere poetico fu piùutilizzato da lui. Qui studiò con grande impegno latino egreco, gli elementi fondamentali e la pratica dell’artepoetica e della poesia umanistica. Il suo legame conGuarino era fortissimo, Pannonius lo incontrò per laprima volta quando questi aveva già compiutosettantatre anni. L’umanista magiaro, già dai primiincontri, ebbe un’enorme ammirazione per lui. Stima edapprezzamento furono largamente ricambiati: ai suoiocchi Guarino era “l’Umanesimo”, che “innalza lascienza gettata a terra durante il millennio del Medioevoe insegna all’uomo, nel cuore e nella parola”. Scrisseancora: “Anche nell’Acheronte, i grandi intelletti delledue Nazioni, greca e latina, vennero a saperlo e nefurono felici: è spuntata l’alba di una nuova epocagiacché si rivive la scienza del mondo antico”. Guarinoera, infatti, un avanguardista. Ecco alcuni epigrammi incui loda il suo stimato maestro:LAUS GUARINIMolto deve al suo Camillo Roma rinnovataMa di più al suo Guarino la lingua latina.Quella non era stata distrutta alla piena rovina;Questa, quando fu salvata, era in assoluto barbara.DE EODEMEvviva ! La lingua latina assopita per tant’anniFiorisce di nuovo. È il merito di Guarino.Cedi il posto raggiunto dai genitori alla dolce Merano!E’ facile generare, vivificare è ponderoso.Epigrammata in Italia scriptaAD LEONELLUM FERRARIAE PRINCIPEMPer quant’or siam giunti, Principe Leonello,alla tua città dal gelido cielo dell’artico Polo;Perdona, non ci attrasse la tua inclita fama,né gli avi augusti della splendida casa;né la tua brillante <strong>Ferrara</strong> ricca di cultura,né gli argini ameni dalle sette foci del Po;Non gli occhi venimmo qui a pascere ma l’avide orecchiecui il verbo di Guarino dà nutrimento.(Traduzioni dal latino di © Melinda Tamás-Tarr Bonani, v.Osservatorio Letterario, N. 0. 1977, pp. 2-3)I primi esiti brillanti furono creati quandoPannonius aveva soltanto 15-16 anni, due anni dopoaver scritto il primo panegirico. Nella sua poesiapenetrò l’ideologia e la cultura ferrarese ed italiana chesi contrappose decisamente al Medioevo: “Guardatiintorno e non scordarti di essere figlio del presente!” Laparola “presente” si riferisce all’epoca del rinascimentoin cui al centro sta l’essere umano consapevole dellapropria forza, delle proprie doti, della sua indipendenza.Al centro della sua poesia sta quindi l’uomo che “deverendere bella e felice la vita”. Spicca nei suoi versi unastraordinaria e non comune capacità di caratterizzare lesituazioni ed i personaggi.Dopo i dodici anni trascorsi nell’Italia rinascimentalePannonius ritornò in Ungheria, alla corte di re MattiaCorvino e Beatrice d’Aragona. Il suo inserimento fuproblematico e di questo soffrì molto: a quei tempi lacorte corviniana non era ancora quella famosarinascimentale che sarebbe stata negli anni Settanta.Non incontrò alcun compagno spirituale adatto alla suaesigenza artistica ed umanistica, il pubblico magiaronon era ancora in grado di apprezzare appieno la suapoesia. A tutto ciò si aggiunse il suo precario stato disalute causato dalle soventi crisi di tubercolosi…In Ungheria egli soffrì permanentemente d’unaprofonda nostalgia per la cultura e le città di <strong>Ferrara</strong> ePadova. Pannonius, come disse Guarino, fu “italiano neisuoi costumi”, e perciò dopo il rientro in Ungheria sisentì solo, gli mancarono molto il pubblico italiano chelo apprezzò ed il colto ambiente borghese. La sua gransolitudine non era sollevata neanche dalla presenza inUngheria di Galeotto Marzio.Nel 1465 venne di nuovo in Italia in veste di Legatodi re Mattia per sollecitare aiuti contro la minacciaturca, ma al ritorno in patria il suo ruolo fu messo insecondo piano a causa dei contrasti politici con iregnanti e gli fu negato il Vescovado di Várad, mentrelo zio Vitéz divenne arcivescovo d’Esztergom, città chesempre ebbe stretti legami d’amicizia e di cultura con lacorte degli Estensi. Quando re Mattia, per sostenere leguerre con la Boemia, impose alti tributi al gran clero,parte delle rendite di Pannonius e dello zio venneroconfiscate e Janus, per di più, privato della carica diBano della Slavonia. Zio e nipote, insieme ai grandifeudali, nel 1471 prepararono un complotto per portaresul trono d’Ungheria il figlio del re di Polonia, Casimiro,ma esso fallì. Un anno dopo arrestarono Vitéz; suonipote Janus, che probabilmente era stato principaleorganizzatore della congiura, scelse di andare in esiliovolontario in Italia. Ma non riuscì a raggiungerla e morì,probabilmente di tubercolosi, il 27 marzo 1472 aMedvenice, alle porte di Zagabria.* [*Da Chi era JanusPannonius di Melinda B. Tamás-Tarr, dalla rubricaGalleria Letteraria Ungherese dell’OsservatorioLetterario, N. 0. Ottobre/novembre 1997, <strong>Ferrara</strong>]Tra le sue prime opere a stampa figura la poesiadedicata alla fonte vicino Narni, Fontana di Ferogna,legata alla traduzione latina del lavoro storico di Polibio.Il volume, uscito nel 1498 a Venezia presso Bernardinusde Vitalibus, è un pezzo importante della nostracollezione di incunaboli. Uno dei più bei volumisilografici del Rinascimento italiano è il De clarismulieribus di Jacobus Philippus de Bergamo,nell’edizione ferrarese del 1497 di Laurentius de Rubeis.In un’illustrazione lo stesso autore offre il volume allaregina Beatrice seduta sul trono, (v. fig. 4) L’opera è<strong>OSSERVATORIO</strong> <strong>LETTERARIO</strong> <strong>Ferrara</strong> e l’Altrove <strong>A<strong>NN</strong>O</strong> <strong>XIII</strong> – <strong>NN</strong>. 67/68 MARZO-APRILE/MAGGIO-GIUGNO 200965
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