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OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l'Altrove ANNO XIII – NN ...

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8Folco Tempesti, Le più belle pagine della letteraturaungherese, Milano, Nuova Accademia Editrice, 1957, p. 196. Iltesto originale: “Itália! Tudom városaid csodálni,/hol dússikátoron vidám nép bizsereg./Lázas az ily szűk út, minttestben kék erek,/S nemes, habár hanyag, szennyében iskirályi.//Vonzanak íveid s tűnt fényed palotái,/árkádok,oszlopok, a sugaras terek,/hol elszédülnek az idegesemberek:/vonzanak a sötét toronylépcsők csigái.//De nemkékebb eged és a dombod se zöldebb, mint honi dombjaink sa dunántúli ég,/e gömbölyű, szelíd, színjátszó kék vidék.//Solasz szív nem lehet emlékektől gyötörtebb/a vén boltok alatt,az ősök piacán,/mint én, ha földeden bolyongok, búshazám!”.9Mihály Babits, Összegyűjtött versei [Raccolta di poesie],Szépirodalmi Könyvkiadó, Budapest 1963, p. 38. Cito etraduco: “Mi girai nel cortile a croce dalle pareti bianche, /ilgentile prete mi ha fatto vedere la strada verso la torre, che sislancia all’aria, /e come se fosse il dito di Venezia, mostra ilcielo. //E mi ha lasciato da solo, dove in uno spaziorettangolare, /serpeggia in alto la scala di legno e si stringe lacoscienza, /gli occhi si reggono sulle corde della campana /enon può toccare la fine, e ho le vertigini, e tremo, scruto. //Enello stesso tempo…guardo in alto!…dal mondo celeste siinfiamma il cielo e si estende in quattro direzioni la grandecittà insulare,/che sta tra cielo e acqua in una lucediamantina, //dove ogni palazzo orgoglioso offre una nuovabellezza. […]”10Ivi, Cito e traduco: “Sulla magnifica piazza San Marco, cheho calpestato,/in tempi remotissimi un altro triste ungherese,/più degno poeta di me, e eroe come nessun altro, /hapotentemente calpestato, come qualcuno che sapeva cosavoleva!//Chi sapeva cosa voleva, non sapeva, chenell’inesauribile mondo del male, fra poco,/qui desidereràritornare alla terra, dove in qualunque sorte, /si deve vivere emorire; che cura e copre.//Ma tutto questo ancora non losapeva qui a Venezia,/e pensava alla sua patria orfana,/e isuoi stivali battevano sul marmo e la sua anima stava perscoppiare,/vedendo i tanti segni della guerra sugli antichiarchi […]”11 Mihály Vörösmarty, Szózat [Proclama alla Patria], in Amoree Libertà, Antologia di poeti ungheresi, a cura di Marta DalZuffo e Péter Sárközy, Roma: Lithos Editrice 1997, p. 90-93.“O magiaro, sii fedele alla tua patria/in modo irremovibile;/Ètua culla,/e un giorno anche tua tomba/Quella che di teprende cura e ti copre.[…] //Sii fedele, in modoirremovibile/Alla tua patria, o magiaro:/Questa è la tua linfa ela tua morte/Sarà essa a coprirti con le sue zolle”.12Endre Ady, Összes versei [Tutte le poesie], Az AthenaeumKiadása, Budapest 1923, p. 251. Cito e traduco: “Pietragettata in alto, che sulla terra ricade,/Piccolo mio paese,sempre/a te ritorna il tuo figlio” […]4) Continua* Tesi di laurea (Testo)Luigia Guida– Bologna –ANTICHE TRACCE MAGIARE IN ITALIA – II.Intrecci italo-ungheresi durante gli anni delladinastia d’Angiò e del regno di Mattia Corvino¹– A cura di Melinda B. Tamás-Tarr –Con il nome di Maria d’Ungheria si identificano trepersonaggi storici: Maria d’Ungheria, che fu reginaconsorte di Napoli, dal 1285 al 1309; Mariad’Ungheria, che fu regina d’Ungheria dal 1382 al1395, Maria d’Ungheria, chiamata anche Mariad’Asburgo, che fu regina consorte d’Ungheria essendomoglie di Luigi II d’Ungheria. Secondo il nostroargomento le prime due sono l’oggetto d’interesse.Maria d’Ungheria (1257 – 25 marzo 1323) Fu lafiglia di Stefano V d’Ungheria e di sua moglie, la reginaElisabetta, figlia di Kuthen, un capotribù dei Cumani.Suo fratello Ladislao IV il Cumano – László IV Kun –regnò sull’Ungheria dal 1272 al 1290. Nel giugno del1270, all’età di circa tredici anni, sposò a Napoli l’eredeal trono Carlo, duca di Calabria, figlio primogenito diCarlo d’Angiò e Beatrice di Provenza. Prima delmatrimonio col sovrano angioino, Maria era di religionepagana. Dall’unione nacquero quattordici figli. Dopo lenozze con Carlo II lo Zoppo, acquisì il titolo di Reginaconsorte di Napoli, dal 1285 al 1309 e ricevette ilcastello di Melfi come residenza ufficiale nel 1284.A Napoli la S. Maria di Donnaregina, la Chiesa eMonastero di Maria d’Ungheria regina di Napoli èproprio a lei dedicata: II Monastero che in undocumento del 780 viene ricordato col titolo di S. Pietrodel Monte di Donna Regina e che nel dodicesimo secolosi mutò in quello di S. Maria Donna Regina, vennericostruito ed ampliato con una nuova chiesa da Mariad’Ungheria, consorte di Carlo II re di Napoli, fra il 1298ed il 1316. Nel secolo XVI il Monastero trecentesco delleClarisse fu rinnovato ed ampliato col grande Chiostro.Anche la Chiesa venne ripetutamente restaurata, manel 1620 fu abbandonata dalle Clarisse che feceroinnalzare avanti all’abside antica un nuovo tempio.Dopo la soppressione avvenuta nel 1861, la chiesa fuadibita a vari usi, ed una parte del Monastero vennedistrutta quando si allargò la via del Duomo. In seguitoal lavori di restauro eseguiti tra il 1928 ed il 1934 Lachiesa fu ridonata, per quanto era possibile, alle sueforme originali.La Chiesa risulta una delle più suggestiveespressioni dell’architettura trecentesca. Il portale siapre nella parte inferiore della facciata, mentre la zonasuperiore ha due monofore ed un grande oculo inseritofra esse. Passata la soglia della porta, si entra in unasala a tre navate uguali, dimezzata in altezza da unvasto coro. Del resto, la pianta è semplice; una navatarettangolare, in fondo alla quale si apre l’abside, mentrenella nave, tre per parte, le monofore. Le volte acrocera del piano inferiore poggiano su pilastriottagonali. La navata era coperta a tetto ad ordituravisibile. Addossata alla parete destra della Chiesa è laCappella Loffredo, una stanza rettangolare coperta avolta. Nel tutto insieme, la Chiesa ha una serrata unitàdi stile che è francamente gotica.Stemma di Maria d’Ungheria. — Scudo diviso indue spicchi, uno con i gigli d’oro degli Angioini sucampo azzurro, e l’altro con le quattro fasce bianchedell’Ungheria su campo rosso. Si vede scolpito in ,tufosulla facciata sopra l’oculo e nel centro delle volte nellacappella Laffredo. All’interno torno torno alla Chiesa, inalto, correva un fregio nel quale era ripetuto a breviintervalli lo stesso stemma dipinto nel trecento. Inoltre,l’impresa araldica della Regina era contenuta neglistemmi al centro delle volte e formava il motivoornamentale delle stesse volte, divise in spicchi, che ingioco alterno, mostravano le armi d’Angiò e d’Ungheria.Anche le mattonelle maiolicate del pavimentodell’abside, rifatto nel secolo XV da una Badessa dellafamiglia Caracciolo, recava lo stessa di Maria insieme a54<strong>OSSERVATORIO</strong> <strong>LETTERARIO</strong> <strong>Ferrara</strong> e l’Altrove <strong>A<strong>NN</strong>O</strong> <strong>XIII</strong> – <strong>NN</strong>. 67/68 MARZO-APRILE/MAGGIO-GIUGNO 2009

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