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OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l'Altrove ANNO XIII – NN ...

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suo eunuco di origine egizia vendicò il fattouccidendolo, facendolo a pezzi e dandoli ai gatti delpalazzo, e…).La Biblioteca di Alessandria fu iniziata dal grandeTolomeo Filadelfo (e qui chiedo: perché non esiste unaversione in italiano della Settanta, traduzione in grecodi parte della Bibbia, fatta da 72 anziani, 6 da ciascunadelle 12 tribù? Perché spendere 500 euro per averla infrancese? Quando la CEI fornirà la Bibbia nel testo cheleggevano i Padri della Chiesa?). Tale Biblioteca haavuto varie fasi di distruzione, la peggiore forse quandoCesare arrivò ad Alessandria. Già nel secondo secolo isuoi scaffali erano in parte vuoti. Poi con Teodosiomolto scomparve e certo non molto restò da eliminareagli islamici, che dubito fossero così stupidi dadistruggere i libri a carattere geografico o storico.Augusto ordinò che a Roma venissero portati tutti ilibri delle profezie, circa 600, e ne fece un falò,salvando solo i 3 delle Sibille (originariamente 9, ma 6furono bruciati dalla venditrice quando il re ne rifiutòl’acquisto). Un falò certo più grave di quello, purlamentevole, dei libri di magia, che Paolo fece a Tarsodopo avere sconfitto i magi locali (caldei, di origineetrusca?).Quando Isabella la Cattolicissima, dalle mani lorde disangue e dalla lingua biforcuta, conquistò Cordova, leacque del Guadalquivir si tinsero, scrive il frateBernardino di Sahagun, del rosso del sangue dei mori edel nero dei libri della biblioteca: la più grande alloraesistente, circa 400.000 libri, dove certo gran parte deiclassici di cui ora si lamenta la perdita vi eranocustoditi; allora quella di Roma ne aveva solo unmigliaio e quella del re inglese una dozzina.Quando gli occidentali, massoni e protestanti,repressero la rivolta dei Taiping, che rischiavano dicristianizzare la Cina, venne distrutto il palazzoimperiale di Nanchino, più bello di quello di Pechinostando a Matteo Ricci, la cui biblioteca aveva una delledue copie della enciclopedia dei Ming, in 17.000 volumi(sarebbero dovuto essere circa 70.000). Milioni di cinesifurono uccisi in questa rivolta su cui i nostri libri distoria tacciono alquanto.Quando all’inizio del 900 ci fu la rivolta dei Boxer, e lelegazioni furono assediate nel loro quartiere di Pechinodalle truppe cinesi dove attive erano solo quellemusulmane (il musulmano Ma Pufang fu l’ultimogenerale a cedere a Lin Biao) ci fu l’incendio dellabiblioteca imperiale, lo Hualin, che con circa un milionedi copie era la più grande biblioteca al mondo. E quiscomparve la seconda copia della grande enciclopedia(mille volte più estesa di quella di Diderot eD’Alambert!).Sorvolando sulle immense distruzioni e furti dellebiblioteche degli enti ecclesiastici soppressi nell’Italiadel Sud dopo l’unificazione voluta dai massoni torinesianticattolici, vedasi i libri della Pellicciari, in Cinadurante la rivoluzione culturale, voluta da Mao pervendicarsi di avere perso potere dopo i 38 milioni dimorti di fame nel Grande Balzo in Avanti (in realtà unasupertassazione ai cittadini per avere subito armiatomiche dalla Russia), non solo si è perso quasi tutto ilpatrimonio librario ed artistico (salvo quello portatoall’estero), ma si sono perdute quasi tutte le circa200.000 opere in Tibet, fra cui testi in sanscrito,tocario, zhangzhung, nakhi… un patrimonio immenso,di gran lunga superiore a quello sopravvissuto dallanostra antichità classica (dove il più importante lavorostorico, di Nicola di Damasco in 144 libri, è perduto). Sipensi che il Tucci camminò su spessori di metri di rotoli!Immensa responsabilità del comunismo cinese, omeglio della teoria tedesca del superuomo di cui Maoera imbevuto.Qualcosa si potrà ritrovare: riscavando Ercolano,esaminando le biblioteche delle moschee (quelle diMashad e Herat hanno restituiti libri di Diofanto ed unodei libri citati nel Pentateuco!). Peccato che Mussolini, oqualcuno per lui, abbia fatto bombardare tanti conventiin Etiopia, dove pure si sono trovati documenti credutipeduti, come i libri di Enoch.IL COMUNE DI SAVONA E LA SUA GIURISDIZIO-NE NEL XIV SECOLOIl Comune savonese, nel XIV secolo, offriva l’aspetto diuna città molto florida, quantunque dilaniata da internefazioni. La zona che da Fossavaria (più o meno l’attualevia Pia, cuore del centro storico) discendeva al molo,nonché le altre zone a ponente, grazie a grandi opere dibonifica, eran venute costellandosi di costruzionipubbliche e private.Gli edifici più antichi e cospicui, fra i quali la splendidacattedrale di S. Maria, che probabilmente proprio inquesto secolo – come nota il Rocca – fu ridotta allo stilegotico (1), primeggiavano sulla punta della cittadella delPriamàr (demolita dai Genovesi nel 1528-29 per erigervila poderosa omònima fortezza). Ai piedi del Priamàrcorreva la città, con la sua cerchia murale (del 1267) eben 15 porte. All’esterno s’irradiavano cinque borghi.Numerosi erano i palazzi dei nobili e ricchi mercanti,con le loro torri massicce, quelli del Comune, le chiese egli oratori (circa una cinquantina). Vie, piazzuole, tipici“carruggi” si intersecavano ricchi di archi, di edicolesacre, di emblemi (2). Né mancava un fervore culturaleper cui fiorivano le arti, specialmente nelle chiese, tantoche l’Alizeri disse Savona “l’Atene ligure” (3). I tettidelle case in muratura erano ricoperti di coppi, molti deiquali ancora oggi visibili.Per quanto riguarda la configurazione geo-topograficadel territorio che ricadeva sotto la giurisdizione politicadi Savona, i suoi confini erano i seguenti: a levante, iltorrente Lerone (che oggi segna il confine orientale delcomune di Cogoleto, già in provincia di Genova); aponente, i Gioghi a settentrione e a mezzogiorno ilmare. I confini a ponente erano alquanto controversi.Da una parte i Nolesi accampavano antiche pretese suVado e sul castello di Segno, che avevano occupato;dall’altra i Genovesi contestavano a Savona lagiurisdizione della Castellanìa di Quiliano, da essi inparte effettivamente esercitata; mentre le terre diSpotorno erano reclamate, come suo feudo, dalVescovo.Passando alla morfologia del territorio, che la regionedei Sabazi fosse ab antiquo paludosa, ce lo dicono lefonti latine ed anche il geografo greco Strabone (IV, 6,1); d’altronde, il nome stesso di Vada Sabatia(l’odierna Vado Ligure) significa “guado dei Sabazi”.Ch’essa si mantenesse più o meno tale anche nell’Alto e90<strong>OSSERVATORIO</strong> <strong>LETTERARIO</strong> <strong>Ferrara</strong> e l’Altrove <strong>A<strong>NN</strong>O</strong> <strong>XIII</strong> – <strong>NN</strong>. 67/68 MARZO-APRILE/MAGGIO-GIUGNO 2009

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