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OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l'Altrove ANNO XIII – NN ...

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del Segre, mentre le tendenze più recenti sono andatein direzione di uno “smontaggio” dell’opera in sequenzenarrative e di un’analisi linguistica, strutturale estilistica. Una originale e poetica interpretazione delcapolavoro ariostesco ci è stata infine offerta da ItaloCalvino, il quale sentiva di avere nel Poeta di ReggioEmilia ancor più di un modello, un vero e propriofratello spirituale.Marco Pennone– Savona –PREPARAZIONE CLASSICA E SENSIBILITÀ MO-DERNA NEL PASCOLICome sottolineò lo Jannaco (C. JA<strong>NN</strong>ACO, Da Lyra aiCarmina, la romantica classicità pascoliana, in“Leonardo”, <strong>XIII</strong>, marzo-aprile 1942, pp. 43-52), ilPascoli giunge al Simbolismo partendo da una accuratae perfetta institutio umanistica. E questa solida baseclassica, filtrata attraverso la sua tormentatapersonalità di tardo-romantico, attraverso la suascoperta sensibilità di decadente, viene ad acquistareun aspetto del tutto particolare, assolutamente nuovo.Si può veramente affermare che in lui il moderno“sentire” poetico si incontrò – e reagì – da un lato conquesta complessa e completa formazione classicistica(e con le esigenze di rigore filologico di cui a quei tempila Germania pareva detenere il primato), dall’altro conla concezione sociale e utilitaria che è alla basedell’umanitarismo pascoliano.Il Pascoli critico e studioso, ch’era un tutt’uno colPascoli poeta, rifiutò pertanto un lavoro prettamentefilologico e grammaticale, il che sarebbe stato arido efine a se stesso. Finora nelle scuole – egli scrive – sisono seguìti “commentatori tedeschi o italiani… i qualipresentano gli scrittori greci e latini come complessiproblemi grammaticali e, concediamo, filologici”. In altritermini, così gli scrittori e i poeti risultano morti esepolti, privi d’interesse per i giovani discenti. E invecelui ha un concetto vivo della cultura classica, che può edeve essere civilmente, moralmente e socialmente utile,fuori dalla cerchia di un’arida filologia, tutta conformataa concezioni e a metodi germanici.La sua convinzione è che i filologi tedeschi nonprendano dalle antiche letterature ciò che esse hannodi veramente grande, bello e utile. Il Pascoli, invece,cercava negli antichi autori, con spirito tardo-romantico,le voci della grandezza morale e civile più che laperfezione formale e stilistica; i motivi, a lui ed a noimolto più “vicini”, della commozione lirica, dell’umanitàdistesa, dell’intima spiritualità più che la maestositàdelle concezioni e l’altezza intellettuale: per questo nonpoteva guardare alle antiche letterature con il purointeresse del filologo, ma amava interpretarle unendoalla sua solida preparazione filologica il caldoentusiasmo del poeta. Gli pareva che nelle opereclassiche fosse racchiusa una forza perenne chepotesse e dovesse ancora inondare le menti dei giovaniscolari e confortarli anche nei momenti più difficili, al dilà dello studio. Còmpito del filologo-poeta è quello diriconoscere e tirar fuori questa forza, affinché lo studiodei classici diventi realmente, per dirla con Tucidide, un“possesso perenne”. Ma vediamo come il Pascoliattuava tutto questo.Il “commentario” della lirica latina, premesso alla primaedizione dell’antologia Lyra Romana (Giusti, Livorno,1895) offre agio al poeta romagnolo di tracciare vivaciquadretti della antica vita romana. Siamo intornoall’anno 690 dalla fondazione di Roma: in un gruppettodi giovani che amano la poesia emergono ValerioCatone, Cornelio Nepote, Caio Licinio Macro Calvo,Lucio Manlio Torquato, Asinio Pollione e lo stesso MarcoTullio Cicerone. Fra tutti emerge presto un giovaneveronese, Gaio Valerio Catullo, versatissimo nelle letteregreche, il quale, cessato un dissidio politico, è divenutointimo amico di Calvo (e il Pascoli, nella saturaCatullocalvos, immaginerà una grandiosa tenzonepoetica tra i due amici).La vita di Catullo, il suo tormentato amore per Clodia(cantata col nome di Lesbia), le sue amicizie einimicizie, le sue vivaci battaglie contro i poetucoli deltempo, sono le agili, fresche e movimentate linee delquadro che il Pascoli ci sta delineando. Un’atmosferasimile a quella della vita “bohémienne” di fineOttocento: l’antico tempo sfuma, lentamente, in untempo a noi più vicino.E ora il Pascoli ci trasporta in tribunale, a Roma, dovec’è un oratore famoso (Cicerone) che difende la causadi un poeta (Archia); c’è un praetor dilettante di poesiache giudica (Quinto Tullio Cicerone, fratello del sommooratore) e tutta una folla di uomini cólti che attendecon ansia la sentenza sul poeta e sulla poesia. Ma eccoche parla il grande oratore: egli definisce sanctus ilnome di poeta e commuove Catullo che, in segno diriconoscenza, gli invìa sette versi su di una tavoletta.È questo il modo di affrontare gli autori che il Pascolipreferisce: “La critica è fatta per la letteratura, nonquesta per quella”. Ma qui il poeta è andato oltre. Sullatrama ideale della poesia, ha raccontato diffusamentegli amori di Catullo, le sue delusioni, le sue vittorie e lesue sconfitte amorose, le acerbe vendette, i dolori, iviaggi per dimenticare e, infine, la morte giunta troppopresto a spegnere la fiamma di quella poesia.Il Pascoli non si accosta mai ad un poeta senza inqualche modo sentirlo “fratello”. Come ama Virgilio perquella intima bontà e dolcezza che trasfonde nelle sueopere, come ama Orazio per l’equilibrio e la saggezza,così sente vicino a sé Catullo per quel suo prediligere lepiccole cose, le nugae, i contorni lievi e sfumati, lemomentanee impressioni; per quel suo modo di fare dafanciullo buono troppo spesso ingannato e deluso, chequalche volta romanticamente si compiace, quasi, delsuo dolore. Il Pascoli è soprattutto attratto dallospiccato soggettivismo poetico catulliano: soggettivismoche è per lui il primo requisito di un poeta “moderno”; eanche da una certa affinità di stile: “Egli ama i neòteroi,perché gli assomigliano nell’amore per le belle paroleinsolite e in certe squisitezze metriche e nell’averdovuto superare, con più o meno genialità, lo scoglio diuna cultura esuberante” (A. MOCCHINO, L’arte diGiovanni Pascoli nei carmi latini, Le Monnier, Firenze,1924, p. 25).Come aveva introdotto Catullo nel vivace ambienteletterario romano, così il Pascoli, sempre nel“commentario” di Lyra, introduce Orazio: “Quandoormai pareva che Roma fosse condannata a perire, si<strong>OSSERVATORIO</strong> <strong>LETTERARIO</strong> <strong>Ferrara</strong> e l’Altrove <strong>A<strong>NN</strong>O</strong> <strong>XIII</strong> – <strong>NN</strong>. 67/68 MARZO-APRILE/MAGGIO-GIUGNO 200971

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