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OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l'Altrove ANNO XIII – NN ...

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sono rispettivamente quella di Giulio Carcano[5],Raffaele Piccoli[6] e Salvatore Quasimodo[7]. È chiaroche al fine di evidenziare le differenze interpretative ditraduzione la scelta dei testi tradotti poteva essereanche casuale: ogni traduzione infatti saràcaratterizzata da scelte traduttive che saranno propriesolo di quel testo particolare e di nessun altro. Inquesto caso però ho voluto considerare queste treversioni particolari anche e soprattutto perché ritenutetutte e tre, alcune tra le più interessanti traduzionidell’Otello[8] e, in quanto tali, in grado di comunicareanche al pubblico italiano quelle particolarità stilistichee poetiche che rendono l’opera quello che è, nelrispetto sempre e comunque dell’originale inglese.La versione di Carcano si delinea da subito comeparticolarmente degna di nota, non solo perché ritenutauna delle migliori versioni di tutto l’Ottocento, ma ancheperché utilizzata da Ernesto Rossi e Tommaso Salvininelle primissime rappresentazioni italiane di successodel dramma. Entrambi gli attori rappresentarono latragedia nel 1856, a pochi mesi di distanza l’unodall’altro ed entrambi con successo, pur caratterizzandoi propri personaggi in maniera molto diversa. In effetti,fu proprio Ernesto Rossi a commissionare una nuovaversione dell’Otello a Carcano, già nel 1852, decidendotuttavia di rappresentare il dramma solo quattro annidopo. Il motivo di una così lunga attesa va ricercatonon solo nella cura e nell’attenzione che Rossi vollededicare a questa sua interpretazione, ma anche esoprattutto nel rischio al quale l’attore si sottoponevarappresentando un dramma verso cui il pubblico nonera particolarmente ben disposto e nel quale avevafallito il suo stesso maestro, Gustavo Modena. Rossidedicava particolare attenzione alla scelta del testotradotto utilizzato per la messa in scena, è evidenteinfatti che la rappresentazione ne sarebbe stataassolutamente condizionata. Come infatti sottolineaUmberto Eco[9], tradurre èï “dire quasi la stessa cosa”,il filtro del traduttore essendo appunto un elementoassolutamente fondamentale del processo che porteràinfine al testo tradotto. Del resto numerosi studiosi delprocesso di lettura e interpretazione del testo, come adesempio Iser[10] , ma più recentemente anche Sperbere Wilson[11], sottolineano l’importanza proprio dellettore nell’interpretazione del testo. Leggere non èoperazione matematica ed il suo risultato non è certo eimmutabile. Iser, nell’Atto della lettura, evidenzia ilruolo assolutamente unico che il lettore svolgeall’interno del testo. Il lettore infatti si muoverebbe sullapagina scritta attraverso ipotesi che egli stessoformulerà riguardo il possibile significato di un brano,ipotesi che successivamente sarà in grado di accettareo eventualmente rifiutare grazie all’apporto delle nuoveinformazioni che il brano successivo sarà in grado difornire. Anche Sperber e Wilson nella loro RelevanceTheory danno risalto al ruolo del lettore/interprete. Inquesto caso infatti l’interpretazione del testo, orale oscritto che sia, avviene in base alla relevance checiascun interprete attribuisce ad un determinatomessaggio, relevance che in ogni caso verrà attribuitanon solo in base al contesto in cui il messaggio vienerecepito, ma anche in base ad elementi assolutamentesoggettivi caratterizzanti l’interprete stesso, comeesperienze personali, grado di istruzione, ma anchelivello di attenzione prestato in un determinatomomento. Se dunque il lettore interpreta un testo, amaggior ragione il traduttore sarà anch’egli interprete.Il traduttore infatti non solo è ovviamente lettore deltesto di partenza, ma ne è a sua volta anche scrittore:le scelte interpretative che il lettore effettuerà nel corsodella lettura prenderanno infatti corpo nella traduzionestessa, concretizzazione e rappresentazione graficadelle scelte del lettore/traduttore stesso. Studiosi qualiBassnett (2006: 174) e Lefevere (1992: 92) hanno giàsottolineato l’apporto creativo del traduttore nel testotradotto, tanto che Lefevere ha definito qualsiasi formadi riscrittura come vera e propria “manipolazione” (inproposito si veda Lefevere, 2002) e l’analisi dei testitradotti mostra chiaramente fino a che punto taleaffermazione possa essere condivisa. Ora quello che quimi preme sottolineare è appunto il ruolo di primo pianoche l’interpretazione fornita dal traduttore rivestirà poiper quelli che saranno i lettori del testo tradotto. Con leparole di Umberto Eco infatti: “una buona traduzione èsempre un contributo critico alla comprensionedell’opera tradotta. Una traduzione indirizza sempre aun certo tipo di lettura dell’opera, […] perché, se iltraduttore ha negoziato scegliendo di porre attenzionea certi livelli del testo, ha in tal modo automaticamentefocalizzato su quelli l’attenzione del lettore” (Eco, 2003:247). Ora, un attore e per di più attento e scrupolosoquale appunto Ernesto Rossi, non poteva nonriconoscere il valore dell’interpretazione del testo,interpretazione che evidentemente doveva esserecongeniale a quella che lui stesso aveva intenzione dirappresentare concretamente sulla scena; non solo, mada uomo di teatro, non poteva non considerare ledifferenze esistenti tra un testo tradotto per il teatro eduno tradotto per la lettura. È naturale infatti che quelleche per un lettore sono semplici frasi pronunciate da undeterminato personaggio in un determinato momento,per l’attore sono battute che devono essere recitatesulla scena e che devono provocare un determinatoeffetto sul pubblico. Le scelte traduttive quindi inquesto caso saranno orientate anche e soprattutto aquelle che sono le esigenze dell’attore. Queste sono leragioni che spinsero Ernesto Rossi a commissionare unanuova traduzione al Carcano; riteneva infatti chel’Otello andasse recitato in versi sciolti e tuttavia latraduzione di Michele Leoni, già utilizzata dal Modenaper la sua rappresentazione, gli sembravaassolutamente inadeguata, tanto che l’attore attribuiràparte dell’insuccesso di quella prova proprio alla sceltasbagliata della versione. Pertanto, la versione delCarcano, purimportante per il valore letterario, lodiventa ancor più se considerata nel contesto italianodell’epoca. Carcano infatti, amico tra l’altro di GiuseppeVerdi, con il quale ebbe un continuo scambio di opinionidurante la stesura del Macbeth, cui lavorarono entrambinegli stessi anni, era un patriota che aveva partecipatoalle cinque giornate di Milano e che era stato esiliatoper questo, ma soprattutto era un manzoniano,convinto che l’Italia, grazie a Shakespeare, avrebbepotuto creare un teatro nazionale rinnovato e moderno.L’ostilità nei confronti del drammaturgo inglese, che eraandata maturando negli anni grazie soprattuttoall’influente giudizio di Voltaire, continuava però adesercitare pesantemente il suo influsso negativo. Ecco<strong>OSSERVATORIO</strong> <strong>LETTERARIO</strong> <strong>Ferrara</strong> e l’Altrove <strong>A<strong>NN</strong>O</strong> <strong>XIII</strong> – <strong>NN</strong>. 67/68 MARZO-APRILE/MAGGIO-GIUGNO 200985

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