suo avversario leggendone un brano. All’evento diEsztergom non mancarono, le caratteristiche principalidei simposi, il tema scientifico, il buonumore el’esortazione alla virtù.Simposi simili furono probabilmente organizzatianche alla corte di re Mattia, e diventarono quotidianidopo l’arrivo di Francesco Bandini a Buda. Ne ètestimone il simposio letterario di Antonio Bonfini ilSymposion de virginitate et pudicitia coniugali. L’autorecompose quest’opera nel 1484–1485 a Recanati e ladedicò alla regina Beatrice, ambientando il simposio allacorte di Mattia. I personaggi sono Mattia e Beatrice, idue fratelli della regina Giovanni e Francesco, GaleottoMarzio, Miklós Bánffy, János Filipecz vescovo di Várad,e László Geréb vescovo di Transilvania. Benché Bonfiniconoscesse bene i simposi della letteratura antica,infatti l’opera è piena di topoi di simposio e di branipresi da altre opere, sembra che riferisse a un verosimposio realmente organizzato alla corte. OrbánNagylucsei, il tesoriere del re probabilmente imitò leusanze della corte: secondo Galeotto Marzio simposicon conversazioni scientifiche erano quotidiani a casasua, ai quali spesso partecipavano anche degli stranierie si usavano dei libri.La testimonianza più importante dei simposiungheresi ce la fornisce l’opera di Pescennio FrancescoNegro (1425–1524?), intitolata Cosmodystichia, scrittase non proprio nell’epoca di Mattia o appena dopo: 5«In symposiis vero non epulae solum apponuntur sedepulantium lepidissimae disceptationes, quales illaePlatonicae et Philelphicae fuere: quales ego saepius inconviviis apud Pannonios principes cum sociis meismemini me frequentasse, ubi etiam inter medias dapes,si quid inter nos controversiae nascebatur, innumericodices afferebantur, legebantur et variointerpretamento enodabantur.»Questo tratto testimonia che in Ungheria i simposiumanistici erano molto popolari, al punto che l’umanistaitaliano cita come esempio gli ungheresi che seguonoquest’usanza, e non i suoi connazionali. 6Con la morte del grande re umanista erinascimentale Mattia Corvino tutti gli umanisti italianiritornarono in patria, tranne l’anziano Bonfini cherimase a Buda e la splendida biblioteca corvina benpresto dissolse: moltissimi vennero regalati o rubati,tant’è che oggi ne sono rimasti appena 216.Nel 1463 Mattia sconfisse i turchi in Bosnia; nel 1468intervenne, con l’appoggio pontificio, contro gli hussiti.Tra il 1469 e il 1478 fu impegnato in una guerra inBoemia: i suoi disegni espansionistici trovarono peròuna tenace resistenza ed egli riuscì a impadronirsisoltanto di Moravia, Slesia e Lusazia. Tra il 1481 e il1485 intraprese una guerra contro il suo anticooppositore, l’imperatore Federico III, entrandovittorioso a Vienna ed estendendo il suo controllo suBassa Austria, Stiria e Carinzia. L’obiettivo a cui Mattiaaspirava era l’elezione al soglio imperiale: la vastità delsuo regno e l’alto grado di cultura raggiunto dalla suacorte lo rendevano infatti il monarca più potentedell’Europa centrale. Temendo appunto questoeccessivo potere, nel 1486 gli elettori gli preferironoMassimiliano I d’Asburgo. Mattia morì senza eredi e ful’ultimo re di origine ungherese a governare il paese;alla sua morte seguì in Ungheria un periodo di asprelotte intestine.Grande mecenate, la sua corte a Buda divenne unimportante centro artistico e culturale: istituì laBiblioteca Corvina, dove raccolse una vasta collezione dimanoscritti, molti dei quali di provenienza italiana, econtribuì in notevole misura alla diffusione della pittura.Mattia sposò Beatrice d’Aragona, figlia di Ferdinando I,re di Napoli, e i frequenti contatti fra le due cortiarricchirono dal punto di vista culturale entrambi ipaesi. Per consolidare la monarchia, riformò il sistemagiudiziario e ridusse la dipendenza dall’aristocraziacreando un esercito stabile di mercenari, a cui ricorsepiù volte per respingere i ripetuti attacchi dellacoalizione formata da Austria, Polonia e Boemia. Lacorte di Mattia Corvino fu frequentata da umanisti eartisti italiani, specialmente dopo il matrimonio dellostesso Mattia con Beatrice d’Aragona, figlia diFerdinando re di Napoli. (Fonte: «Mattia Corvino»Microsoft® online ® Enciclopedia online 2008).________________________1 Tratto dallo studio Varietà italo-ungherese nel Medioevonello specchio dei reperti archeologici, varie memorie storiche,letterarie ed artistiche. Un filo di continuità tra Italia edUngheria (sec. VI-XV.) [pp. 99] di Melinda B. Tamás-Tarr,fatto per la conclusione del Master Informatica per la storiamedievale, specializzazione in giornalismo storico-scientifico edall’articolo online dell’ Osservatorio Letterario del 29 ottobre2008, intitolato Anno del Rinascimento in Ungheria di MelindaB. Tamás-Tarr2Wikipedia.3Mattia Corvino (Kolozsvár, oggi Cluj–Napoca, Romania 1443ca. – Vienna 1490): Re di Ungheria (1458–1490). Figlio diJános Hunyadi, reggente d’Ungheria (1446–1452), venneproclamato successore al trono del re Ladislao V, morto senzaeredi nel 1458; l’imperatore Federico III d’Asburgo reclamò ilproprio diritto alla successione e, alla testa di una partedell’aristocrazia contraria a Corvino, scatenò una guerra che siconcluse nel 1462 con il riconoscimento del nuovo sovrano.4Ágnes W. Salgó: Le relazioni italo–ungherese nel materialedella Raccolta Antichi e Rari IN Primo incontro italo–ungherese di bibliotecari, Budapest,9–10 novembre 2000;Istituto Italiano di Cultura, Budapest, maggio 2001.5Angela Dillon Bussi: Ancora sulla Biblioteca Corviniana eFirenze IN Uralkodók és corvinák, pp. 63–67.,Oszk,Budapest, 2002.6Klára Pajorin: I simposi degli umanisti IN Uralkodók éscorvinák, pp. 117–121., Oszk,Budapest, 2002.Bibliografia consultataHanák Péter: Magyarország rövid története, Gondolat,Budapest, 1986Jászay Magda: Párhuzamok és kereszteződések. A magyarolaszkapcsolatok történetéből; Gondolat, Budapest, 1982.Magyar történelmi kronológia az őstörténettől 1970-ig,Tankönyvkiadó, Budapest, 1979.Mariono Zorzi: L’Ungheria e Venezia nelle raccolte dellaBiblioteca Nazionale Marciana nel vol. della conferenza Primoincontro italo-ungherese di bibliotecari, Olasz Kultúrintézet,Budapest, 2001, pp.296.Lorio Banfi: Ricordi ungheresi in Italia, Editrice R. Accademiad’Ungheria, Roma, MCMXLII-XX E. F., pp.206.Wikipediahttp://www.osservatorioletterario.net/italmagyarnyomok.pdf68<strong>OSSERVATORIO</strong> <strong>LETTERARIO</strong> <strong>Ferrara</strong> e l’Altrove <strong>A<strong>NN</strong>O</strong> <strong>XIII</strong> – <strong>NN</strong>. 67/68 MARZO-APRILE/MAGGIO-GIUGNO 2009
http://www.osservatorioletterario.net/appendice-fuggelek63-64.pdf,v. Pp. 91 –101. (Saggio originale – differente – in ungherese)Melinda B. Tamás-Tarr: «Varietà italo-ungherese nelMedioevo nello specchio dei reperti archeologici, variememorie storiche, letterarie ed artistiche. Un filo di continuitàtra Italia ed Ungheria (sec. VI-XV.),Melinda B. Tamás-Tarr: Anno del Rinascimento in Ungheria,Supplemento online dell’«Osservatorio Letterario» del 29ottobre 2008.2) ContinuaIL MONDO ARTISTICO DELL’«ORLANDOFURIOSO»L’”Orlando Furioso” è il poema dell’abbandonofantastico, delle immagini festose, dell’evasione in unpaesaggio sfumato, dai contorni di sogno. L’Ariostodecide di continuare laddove s’era interrotto l’”OrlandoInnamorato” del Boiardo; ma il suo poema è diverso,perché diverso è il mondo spirituale dell’Autore, il modocon cui la materia viene trattata. Il Boiardo, pur“umanizzando” il suo eroe Orlando, canta ancora connostalgico abbandono i valori di un mondo cavallerescoormai dissolti. Il paladino “innamorato” diventerà invece“furioso” nella Musa ironica e sorridente del Poetaestense.L’Ariosto, sottolinea il Guglielmino (S.GUGLIELMINO,Armi, eroi, popoli, Principato, Milano, 1975, vol. II, pp.140-141), è come un abile prestigiatore che facomparire dinanzi a noi, con la consumata abilità dellesue ottave, combattimenti e duelli focosi, luoghifantastici, castelli incantati, cavalli alati, giardinilussureggianti, delicate o grottesche storie d’amore… Edegli conserva sempre, in tali narrazioni, la giocosità ed ilsorriso compiaciuto di chi sta conducendo un gioco, unamabile gioco che diverte sia i lettori-spettatori sia lostesso Poeta.Ciò significa che nel suo poema non c’è posto per glieccessi – cioè per il tragico, che è l’eccesso del dolore,o per la crassa risata, che è l’eccesso del divertimento –, ma tutto è sempre bene equilibrato, privo di asprezzee di forti contrasti: insomma, tutto risulta, in definitiva,piacevole e sereno. Ad esempio, nel canto primo la fugadi Angelica, che potrebbe essere per un altro poeta unargomento tragico, diviene invece un piacevole erraredi qua e di là della donzella, arricchito dagli incontristrani e divertenti ch’ella fa per strada. Per il Tasso,invece, la fuga di Erminia (Gerusalemme Liberata, VII,1 e segg.), – dietro la quale si cela lo stesso Poeta conle sue angosce esistenziali – ha un caratterespiccatamente tragico. La stessa pazzia di Orlando, chedà il titolo al poema e potrebbe divenire la tragediadell’amore non corrisposto, si traduce invece in unaserie di quadretti che per lo più ci fanno sorridere: e,prima di noi, sorride lo stesso Autore che, da abilissimoburattinaio quale è, tira le fila della storia.Nel poema scompaiono anche quei contrasti di fede cheavevano avuto tanta importanza nella Chanson deRoland: qui non diamo peso al fatto che Orlando,Rinaldo o Ferraù siano cristiani o pagani, giacché questieroi “umanizzati” hanno ormai dimenticato i grandiideali della “Riconquista” (Patria e Fede) e combattonoper un ideale molto più terreno e comune a tutti gliuomini: l’amore per una donna. L’Ariosto – e quiconsiste la sua importanza – ha voluto infatti cantareideali e sentimenti molto più terreni, come l’amore,l’amicizia, il fascino della bellezza; ha ricondotto gli eroidelle “canzoni di gesta” ad uomini con un comunemodo di sentire.Dramma ed idillio, guerra ed amore si succedono nelpoema; ma il rumore delle armi è attutito dalla bellezzadi Angelica e dalla passione di Bradamante, cui siintrecciano le vicende amorose di Orlando, Rinaldo,Ferraù, Ruggiero, Medoro.L’amore – scrive il Croce – è un piacere grande a cuil’Ariosto non può rinunziare, un grande tormento da cuinon si può liberare. Quell’amore è sempre affattosensuale per una bella forma corporea, splendentenegli occhi luminosi, lusinghieri, vezzosa; virtuosoanche, ma d’una virtù relativa, quanto valga a nonmettere troppo tossico nelle annodate relazionid’amore, e perciò ogni idealizzamento etico especulativo, alla stilnovistica o alla platonica, ne rimaneescluso”. Quindi il Poeta non concepiva, come gliStilnovisti, “di teologal donna l’amore” – per citare ilsonetto carducciano “Dietro un ritratto dell’Ariosto” –“… Ma premio a’ canti era una bocca bella, / che delfronte febèo lenìa l’ardore / co’ baci, e quel fulgea comeuna stella”.L’amore, per certi versi, può essere consideratol’elemento unificatore del poema, pur non avendo unruolo dominante rispetto alle altre tematiche. Talesentimento non ha nulla di platonico o di mistico, ma èconcreto, terreno, è un desiderio umano, è gioia dipossedere la persona amata. Per amore i cavaliericombattono e corrono mille pericoli; per amorevengono meno ai loro doveri; per amore, comeOrlando, impazziscono. Tuttavia è da notare che anchedi fronte alla cieca forza della passione amorosa,l’Ariosto mantiene il suo atteggiamento riflessivo etemperato, e non si lascia mai trascinare verso eccessidi galanteria o di coinvolgimento emotivo. “Anchel’amore per la donna”, scrive il Croce, “per forte chefosse, s’inquadrava nel suo ideale idillico”.L’amore nel “Furioso” si manifesta in modi diversi etalora contrastanti: puro e patetico (Isabella); sensualee voluttuoso (episodio dell’isola di Alcina); eroico epuntiglioso (Brandimarte e Ruggiero); tragico (Olimpia);comico (Orlando che va fuori di senno), ecc. E’ infattiaderente agli ideali morali ed artistici del suo Autore lanozione di tanti amori diversi, quanto diversi sono gliideali e gli stili di vita (A. Buononato).L’elemento cavalleresco con le sue regole rigide e i suoifurori guerreschi è ridotto ad un gioco, ad unpassatempo della serena fantasia ariostesca in cuiaffiorano motivi di un mondo medioevale ormaitramontato: “l’ideale della cavalleria civile coloravaancora di un’ultima luce crepuscolare l’Europa”, scrivepoeticamente il Carducci. Ciò introduce un altroimportantissimo tema dell’”Orlando Furioso”: l’ironia. IlCarducci nega una “ironia intenzionale” nell’Ariosto,rimarcando la tragicità di Orlando e la grandezza eroicadell’ultima sfida fra i tre paladini e i tre saraceni, con lastruggente invocazione a Dio affinché dia eternaricompensa per il suo martirio a Brandimarte. Il DeSanctis afferma invece che l’ironia è uno degli assiportanti dell’opera: essa “non è solo nella concezione<strong>OSSERVATORIO</strong> <strong>LETTERARIO</strong> <strong>Ferrara</strong> e l’Altrove <strong>A<strong>NN</strong>O</strong> <strong>XIII</strong> – <strong>NN</strong>. 67/68 MARZO-APRILE/MAGGIO-GIUGNO 200969
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