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OSSERVATORIO LETTERARIO Ferrara e l'Altrove ANNO XIII – NN ...

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della vicenda i “sacerdoti” dei riti che si stannosvolgendo e sono ancora loro i responsabili deltravisamento e del passaggio dal piano spirituale aquello materiale, dalla sacralità del rito sacrificaleall’abiezione dell’omicidio. Ora, che Otello e Desdemonasiano al centro dei riti che si svolgono nel corso deldramma è evidenziato non solo dai loro gesti[3], maanche dalle battute che pronunciano[4] e tuttavia èIago il solo a comprendere l’importanza della funzionerituale per i protagonisti e a sfruttarla per i suoi scopi.Ma cos’è che viene definito rito? Se consultiamol’enciclopedia Treccani, alla voce “rito” si legge:“S’intende per rito la norma dell’azione sacra fissatadalla tradizione religiosa e diretta a intrattenere lacomunicazione tra un individuo o un gruppo umano e ladivinità. Il rito è nato, in origine, da un gestospontaneo che ha accompagnato l’esplosione di undesiderio […] e che una volta sperimentato efficace, siripete fedelmente affinché l’effetto si riproduca ancora”e continua offrendo una classificazione dei diversi riti.Interessante è la distinzione riportata tra riti “magici” e“religiosità”. Tali riti “non si distinguono per lamaterialità del gesto, ma per lo spirito che informal’operatore del rito, in quanto il mago intendecostringere per interesse suo proprio o dei suoi clienti,e quindi per un fine privato, le potenze a cui si dirigeaffinché compiano una data azione, mentre ilsacerdote, anche se adopera mezzi che sembranocostrittivi, li adopera sempre in nome e a vantaggiodella comunità” (Treccani, 1936, vol. XXIX: 466).Consultando un dizionario invece, una delle vociindicate per tale termine definisce il rito “conformitàcon una consuetudine prescritta o una prassi abitualegeneralmente sentita come inderogabile o inevitabile”(Devoto-Oli, 1974: 842). Ora, l’inevitabilità della sorte diDesdemona, come pure quella di Cassio viene sancitaproprio da Iago; è lui che convincerà Roderigo dellamorte “necessaria” di Cassio, “I will show you such anecessity in his death” (Atto IV, II, 241), e sarà semprelui a convincere Otello a compiere il sacrificiopurificatore di Desdemona, “she must die” (Atto V, II,6). Iago dunque si configurerebbe come il vero“sacerdote” delle ritualizzazioni, decretando lui stesso ilcome ed il quando dei sacrifici da compiere ed anzi, inbase alla distinzione precedentemente riportata tra ritimagici e religiosi, Iago si presenterebbe come un“mago”, capace di guidare il potente generale Otello acompiere un delitto per i suoi fini, mentre Otello sipresenterebbe quale sacerdote, che si trova a doversacrificare la sua Desdemona onde impedire che possafare del male al resto della comunità.Tuttavia, se tutti i personaggi della tragedia sembranoavvertire l’inevitabilità degli avvenimenti che lisovrastano, confermata puntualmente dai continuirichiami ad un divino sentito come presente, chestabilisce chi salvare e chi no, come dichiaratoesplicitamente da Cassio (Atto II, III, 102-111), èil soloIago a ritenersi padrone del proprio destino. Iago,infatti, ha “little godliness” (Atto I, II, 9) e ritienel’uomo il solo arbitro del proprio destino, come affermanel famoso discorso del “gardener”, nel I atto. Citroviamo di fronte quindi ad un rito che sembra tale,ma che tale non è. Iago infatti si presenterebbe nellevesti di sacerdote, pur non credendo nella funzionesacrale del rito, Otello quale sacerdote esecutore di unrito di purificazione che non è tale venendo a mancarela “colpa” da espiare, Desdemona quale vittimasacrificale che nega però la sua funzione di vittima,rifiutando appunto ad Otello la responsabilità dellapropria uccisione e Cassio che non solo non vieneucciso, ma che viene ad assumere il ruolo di Otello,come arbitro del destino di Iago. “Men should be whatthey seem” (Atto III, III, 127) diceva Iago, ma “I amnot what I am” (Atto I, I, 65), frase questa che misembra essere la chiave di lettura di tutte le scene cheseguono, caratterizzate appunto dalla contrapposizionecontinua tra ciò che appare e ciò che è,contrapposizione evidenziata già nella presentazione deiprotagonisti, Desdemona ed Otello, una donna ed unuomo, bianco e nero, “paradosso coloristico”, con leparole di Melchiori, “realizzato non tanto come principiomorale, ma come espressione dell’ambiguità e dellapolivalenza della natura umana, nel contesto di quelladialettica tra apparenza e realtà che è il motivocentrale, […] di quasi tutte le tragedie (e le commedie)dello Shakespeare maturo” (Melchiori, 2005: 268).Shakespeare tradotto: l’elemento rituale nelleversioni dell’Otello di Carcano, Piccoli eQuasimodoSe la lettura in chiave rituale del dramma è possibilenell’originale, dovrebbe esserlo anche in traduzione.Tuttavia nella traduzione di un testo, così come nellarappresentazione scenica, il traduttore tenderà asottolineare alcuni aspetti dell’opera in baseall’interpretazione che ne avrà dato, cosicché ognisuccessiva traduzione del dramma sarà uguale ediversa al tempo stesso, illuminando i personaggi dinuova luce e rinnovandoli agli occhi del pubblico.Naturalmente molti sono i traduttori che si sono volutimisurare con il dramma di Otello, dalla primissimaversione italiana di Giustina Renier Michiel del 1798, aquelle di Michele Leoni, Ignazio Valletta, Giulio Carcano,Carlo Rusconi, Luigi Enrico Tettoni nell’ Ottocento,finoalle numerosissime traduzioni del Novecento, Carlo VicoLodovici, Raffaello Piccoli, Paola Ojetti, GiorgioMelchiori, Gabriele Baldini, Agostino Lombardo, solo percitarne alcune. In particolare al fine di condurreun’analisi dei testi tradotti che metta in evidenza ilvalore ed il ruolo di primo piano del traduttore, non solonella resa del dramma in un’altra lingua, ma anche nellasuccessiva interpretazione critica del testo che i lettoripotranno ricavare attraverso la lettura dell’opera“filtrata” dal traduttore, ho scelto di limitare la miaanalisi a tre versioni del testo shakespeariano, prima ditutto per motivi evidenti di spazio ma anche per motividi chiarezza. Il mio scopo in questo breve interventovuole infatti essere quello di mostrare come unatraduzione dell’originale shakespeariano inevitabilmentetenderà ad illuminare o a lasciare in ombra luoghitestuali in funzione di ciò che il traduttore stesso riterràpiù o meno importante sottolineare e la comparazionedi luoghi specifici di soli tre testi permette dievidenziare in maniera immediata e chiara il valoredelle scelte traduttive compiute dal traduttore,mettendo in luce eventuali differenze, che siconfigureranno infine come interpretazioni a loro voltadifferenti del testo originale. Le versioni considerate84<strong>OSSERVATORIO</strong> <strong>LETTERARIO</strong> <strong>Ferrara</strong> e l’Altrove <strong>A<strong>NN</strong>O</strong> <strong>XIII</strong> – <strong>NN</strong>. 67/68 MARZO-APRILE/MAGGIO-GIUGNO 2009

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