diventerà addirittura grandiosa. Si trattava dunque diuna popolazione multiforme, ma giovane e attiva nelleprofessioni e nelle arti, le quali erano almeno unatrentina, con in testa i calzolai, che eranonumerosissimi, e verso gli ultimi posti i maoneri (cioè ifabbricanti di mattoni), i pignatari (fabbricanti distoviglie), i pittori, gli orefici (7).NOTE(1) P. ROCCA, Le chiese e gli spedali della città di Savona nonpiù esistenti e che subirono modifiche, Lucca 1872, pp. 3 esegg.(2) Oltre il Rocca, op. cit., vedasi A. BRUNO, Storia di Savonadalle origini ai giorni nostri, Savona 1901, pp. 54 e segg. EID., Dell’antica e moderna popolazione di Savona, Savona1894, pp. 23 e segg.(3) F. ALIZERI, Notizie dei professori del disegno in Liguriadalle origini al sec. XVI, Genova 1870, vol. I, pp. 37 e segg.(4) T. BELLORO, I Vadi Sabazi, in Sabatia, 1885, pp. 11-39.(5) G.V. VERZELLINO, Delle memorie particolari especialmente degli uomini illustri della città di Savona, Savona1885, vol. I, pp. 242 e segg.(6) A. BRUNO, Dell’antica e moderna popolazione, cit., pp. 23e segg., secondo il quale detta popolazione era cosìdistribuita: due terzi nell’àmbito del concentrico, un terzo nel“Borgo” e nel contado. Ma una più attenta indagine sembraridurre alquanto quella cifra.(7) Questo art. è tratto dalla tesi di dottorato in materieletterarie: GABRIELLA TESSITORE, I pignatari di Savona dagliStatuta Antiquissima (1345) alla costituzione corporativa(1577), Ist. Universitario di Magistero “A. Baratono”, Genova,A.A. 1972-73, pp. 69-83.† Gabriella Tessitore– Savona –Emilio Spedicato ― MilanoL’EDEN RISCOPERTO: GEOGRAFIA ED ALTRESTORIE4. Eden a oriente, nel cuore dell’ Asia: una pienaconvalida della geografia della GenesiEden ad Est è il titolo di un libro di Oppenheimer[25], un medico con interessi in archeologia ed originedelle civiltà. Il libro sottolinea l’importanza dell’Asiasudorientale circa le origini della nostra civiltà, unaregione geografica in buona parte inondata dopol’innalzamento dei livelli oceanici che seguì loscioglimento dei ghiacci dell’ultima glaciazione, circa nel9500 A.C. (trascurando episodi minori di glaciazioni edeglaciazioni successive). Oppenheimer afferma chemolti elementi delle antiche civiltà, che si pensanooriginari dall’Egitto o dal Medio Oriente, possano avereun’origine più lontana, nell’ estremo oriente. Sebbenenon ci spingiamo così lontano come Oppenheimer (cheriguardo all’Eden non propone alcuna particolareidentificazione, considerando “abbellimenti” i datigeografici nella Genesi), noi collochiamo il ParadisoTerrestre definitivamente ad oriente, rispetto alleusuali collocazioni mediorientali. Proponiamo un luogonel cuore dell’Asia, dove quattro fiumi importantinascono dalla stessa montagna, dove quattro imponenticatene di montagne si incontrano, e vie di transitonaturali portano verso le altre parti del grandecontinente.L’identificazione qui proposta si presentòall’improvviso alla mente di chi scrive in una notte delmarzo 2000. Avevo finalmente iniziato a leggere il librodi Rohl, Leggenda, la Genesi della civiltà, che avevocomprato direttamente dall’autore nel novembre 98,durante una delle riunioni londinesi organizzate daAndrew Collins, autore di lavori sull’origine della civiltà.Avevo già letto il primo libro di Rohl, La Bibbia, dal mitoalla storia, con immenso fascino, quasi non riuscendo ainterromperne la lettura. Lo avevo comprato in unalibreria alla York University, dove seguivo unaconferenza di matematica, e lo lessi durante i giornidella conferenza. Non ero riuscito a leggere il secondolibro per oltre un anno, tempo durante il quale avevolavorato ad un saggio sui viaggi di Gilgamesh,Spedicato [15], da cui è nata l’identificazione dell’Edenqui sviluppata. Tappe fondamentali del viaggio diGilgamesh nella mia ricostruzione erano le seguenti:• Prima tappa, la valle di Hunza, nell’alto Kashmir,che identificai come il “Libano”, dove Gilgameshuccise Humwawa e da cui portò un cedro, da meritenuto essere un Cedrus Deodara, e non unCedrus Libanotica• Seconda tappa, verso le sorgenti del Fiume Giallo,dove identificai il Monte Mashu con il massiccioAnye Machen, tuttora sacro per la localepopolazione degli Ngolok (quasi tutti sterminati daicinesi; ne restano circa 3000 dei 120.000 che eranoall’ inizio dell’ invasione cinese nel 1948).I due viaggi sopra citati indicavano chiaramente unaconnessione tra la Mesopotamia ed il cuore dell’Asia, laregione dove potremmo identificare Dilmun, la terra adoriente da cui i Sumeri affermavano essere venuti dopoil diluvio (solidi argomenti possono opporsi all’ usualeidentificazione di Dilmun con Bahrein).Quando, leggendo Rohl, giunsi all’identificazioneproposta per i quattro fiumi dell’Eden, presi il TimesAtlas e ne controllai la posizione. Fu immediatamentechiaro che i fiumi non condividevano un’originecomune, tranne l’Eufrate e l’Arasse. Ebbi l’idea diguardare una mappa su ampia scala dell’Asia Centrale,la carta 27. Non era visibile alcun sistema di quattrofiumi aventi origine dalla medesima montagna. Dettiinfine uno sguardo alla mappa della valle di Hunzanell’articolo del National Geographic 1985 scritto daMcCarry, che avevo usato nello studio del viaggio diGilgamesh. Lì era la risposta! Quattro fiumi scendevanodal grande massiccio che separa la valle di Hunza, inPakistan, da quella del Wakhan, in Afghanistan. Quattrograndi fiumi, uno che finisce oltre 1500 km ad est, neldeserto di Lop Nor, un altro che termina oltre 2000 kmad ovest nel lago d’Aral, due che fluisconoprevalentemente a sud, unendosi alla fine dellemontagne e confluendo come Indo nell’OceanoIndiano, oltre 2000 km a sud. Tre di questi fiumi hannosorgenti a pochissimi km l’una dalle altre, quella delquarto un po’ più lontana; tutti e quattro i fiumiraccolgono l’acqua dalle nevi e dai ghiacci di uno stessomassiccio, la loro sorgente comune (il massiccio dallecarte pare non avere un nome ben definito, forseGruppo Pasu; nel contesto dei testi della creazione92<strong>OSSERVATORIO</strong> <strong>LETTERARIO</strong> <strong>Ferrara</strong> e l’Altrove <strong>A<strong>NN</strong>O</strong> <strong>XIII</strong> – <strong>NN</strong>. 67/68 MARZO-APRILE/MAGGIO-GIUGNO 2009
numerica potrebbe essere qui la Montagnadell’Assemblea? La Montagna degli Dei?).Vedremo ora in dettaglio l’identificazione proposta deidati geografici della Genesi. Vedremo poi alcunepossibili conseguenze di tale scenario, in termini dinuovi significati correlabili a simboli e tradizioni umaneantichissimi.5. Gihon e Kush identificatiIdentifichiamo il Gihon con il fiume che esce dallaparte orientale della valle Wakhan, sotto il passo VahirLo che porta in Cina, nella parte est della provinciaBadakhshan dell’Afghanistan (nota come il “dito” chel’Afghanistan punta verso la Cina, tra Pakistan – laprovincia Hunza del Kashmir, e Tajikistan, la RegioneAutonoma Badakhshon, vedasi la Nelley Map, ISBN 3-88618-665-2-). Non lontano dalla sorgente citata, ilfiume si ingrossa con l’apporto dell’Oksu/Aksu, cheviene dal Tagikistan Badakshon (una regione dovel’antico Saka è tuttora parlato in alcuni villaggi isolati);prosegue per la valle Wakhan con il nome Wakhan,quindi per un migliaio di km fa da confine traAfghanistan e Tagikistan, fluendo con il nome Pandj inun grande cerchio entro una stretta valle tra altemontagne. Entra nella pianura turanica vicino alla cittàchiamata Panj, non lontano dalle rovine di una cittàgreca. Lì prende il nome di Amu Darya e dopo unmigliaio di km entra nel lago d’Aral. Letti di fiumiessicati, lungo uno dei quali si trova la città di Khiva, untempo importante, ora quasi abbandonata, indicano chenon molti secoli orsono l’Amu Darya finiva nel Caspio. Ilfiume entra nel pianura turanica molto ricco di acqua.Quest’acqua è oggigiorno quasi completamenteutilizzata per l’irrigazione dei campi di cotone, conconseguente disseccamento del lago d’Aral. In etàclassica il fiume era noto come Oxus, che in sanscritosignifica “grande acqua”. Costituiva la divisione naturaletra la regione del Turan, terra di cavalieri, e quelladell’Iran; le ricorrenti guerre tra le due are costituisconol’argomento centrale dell’epica iraniana Shahnameh diFerdowsi.L’identificazione del fiume Amu Darya-Pandj con ilGihon è basata sull’osservazione che in tutte le mappeanteriori al XX secolo da me osservate il nome Gihon, enon Pandj, è dato al fiume nella parte montagnosa delsuo bacino. Vedasi ad esempio la Mappa 47 nell’AtlasCompendarius Quinquaginta Tabularum GeographicarumHomanniarum……Norimberga anno 1752, dove ilfiume è indicato come Gihon in mezzo alle montagne,diventa Amu alla loro fine, vicino alla citta di Amu/Amol(spesso citata nello Shahnameh, ora scomparsa dallemappe), e riprende il nome di Gihon prima di sfociarenon nell’Aral, ma nel Caspio. Appare col nome Gihon oAmu nella mappa 35 del Nouvel Atlas Portatif, par leRobert de Vaugondy, 1762, dove il fiume ora è fattosfociare nell’Aral (il sopraccitato Homann Atlas è unatarda edizione di un famoso atlante apparso alla finedel seicento, pertanto sospettiamo che lo spostamentodella foce dal Caspio all’Aral sia capitato tra il 1650 e1750). Appare con il solo nome Gihon nella mappadell’Asia del Nuovo Atlante di Geografia Universale in 52carte, del Cav. Luigi Rossi, Milano, Batelli e Fontana,1820. Nell’Atlas Classique de la Géographie, par V.Monin, Paris, 1846-47, sulla mappa 18 appare col nomeAmou Deria per la parte occidentale, Djihoun invece perquella orientale. La città di Khiva è presente, assentequella di Amu/Amol. Il fiume sfocia nell’Aral, ed è anchemostrato il letto secco che si dirige verso il Caspio.Pubblicato agli inizi del XX secolo, l’Atlas de GéographieModerne, Paris, Hachette, 1914, presenta,nell’abbastanza dettagliata mappa 4, la città di Khiva aduna certa distanza a sud del fiume, mentre la città diAmu/Amol non appare più; il fiume è nominato AmuDarya nella pianura, Peji e Wakhan sulle montagne.Così sembra che dopo il 1850, con l’arrivo delle potenzeeuropee in Asia centrale e la tendenza a ridenominareluoghi con criteri moderno-burocratici in sostituzionedei nomi tradizionali, seguendo lo stile ispirato dallaRivoluzione Francese, due nomi antichi spariscano,quello della città di Amu/Amol, e del fiume chiamatoGihon, sostituito da Pandj or Panja.Che il fiume chiamato Oxus in tempi classicimantenesse il nome biblico Gihon o alcune sue variantifino a tempi recenti ci è noto anche, p.e., dal NovumLexicon Geographicum, Philippus Ferrarius, fluvius estSogdianae, MDCXCVI, dove alla voce Oxus leggiamo:Oxus fluvius est Sogdianae, quem Arabes Gichonemvocant, cuius memeruit Achmed Gueraspi filius inThemiris historia, eumque Ghaion, Gihon et Iihumvocat. Also in the Abrégé de Géographie di Balbi, Paris,1842, leggiamo (p. 716): ...l’Amou-Darya (l’Oxus desanciens, dit aussi Djihoun... ). Le Syr-Darya (le Jaxartedes anciens), dit aussi Sihoun… Poiché Syr-Daryasignifica “fiume o mare di leoni”, quanto soprasuggerisce che la sillaba ON in Gihon, e per estensionein Pishon, possa significare fiume. Inoltre G H N inebraico significa “qualcosa che si piega, che gira”, il chesi accorda perfettamente con la grande curva che ilGihon fa attraversando le montagne. Quindiproponiamo per il fiume il significato Gihon = fiume del(gran) giro.Spostiamo ora la nostra attenzione al nome AmuDarya, che è dato alla parte inferiore del fiume, tra lemontagne e l’Aral (o il Caspio). “Darya” è una parolaturca, usata anche in persiano, significanteessenzialmente “mare” (Darya ye Khazar, “Mare deiKhazari”, è l’attuale nome persiano per il mar Caspio);è comunque attribuito anche a grandi fiumi. È oralegittimo chiedersi se il significato “mare”, ovvero unaassai grande distesa d’acqua, risalga ad una diversaantica configurazione della regione del Turan. Taleregione, come anche altre grandi parti dell’Asia centrale– le più importanti il bacino del Xinjang e la maggiorparte dell’altopiano tibetano, ma anche considerevoliparti di Iran e Afghanistan – non dispongonoattualmente di uno sbocco sull’oceano, fattoprobabilmente vero per tutto l’Olocene. Si trovanopertanto laghi senza sbocco, alcuni grandi come ilCaspio, altri più piccoli come l’Aral, il Balkash,l’Hamun…., solitamente salatissimi, e inoltre ci sonovaste distese salate, quanto rimane di precedentidistese d’acqua, ora completamente essiccate (tranneper trasformarsi in acquitrini salati durante periodi diforti piogge). Il processo di disseccamento, oraaccentuato dallo sfuttamento delle acque perl’irrigazione, vedasi il drammatico esempio dell’Aral,<strong>OSSERVATORIO</strong> <strong>LETTERARIO</strong> <strong>Ferrara</strong> e l’Altrove <strong>A<strong>NN</strong>O</strong> <strong>XIII</strong> – <strong>NN</strong>. 67/68 MARZO-APRILE/MAGGIO-GIUGNO 200993
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