Non riprese più conoscenza. Le prime ore furonoterribili. Poi però pian piano ci abituammo a lui.Pranzavamo nell’altra stanza. All’inizio in silenzio, poiperò c’era anche del vino in tavola, parlavamotranquillamente e ci arrendevamo all’immutabile. Lapiccola serva rimaneva al suo letto e gli metteva pezzefredde sulla testa.I giorni invernali bianchi, brinati e molto luminosi sitrascinavano monotoni. La mattina si cambiava l’arianella stanza del malato che veniva messo seduto percambiargli la veste. A volte chiedeva la bacinella perlavarsi. Si insaponava con cura maniacale le lunghe ditadimagrite che erano fin troppo pulite e si guardava ilviso smagrito nello specchietto. Mia madre prendeva laspazzola e il pettine e gli sistemava i capelli. In questicasi piangeva. I capelli senza vita che si appiattivanosenza ribellarsi sulla testa assalita dalla febbre lefacevano venire in mente che i capelli di un morto sonotanto docili, così privi di vita, e irrompeva nella stanzapiangendo ad alta voce come se avesse pettinato unmorto. Le pulizie del mattino davano un po’ di sollievo amio fratello. Si abbandonava ansimante, stanco, quasifelice sui cuscini bianchi. Aspettava con le maniincrociate. Il medico arrivava verso le nove, fresco,pieno di salute e con il viso rubizzo dal freddo. La suaquiete saggia trasmetteva qualche attimo di tranquillitàanche a noi. Poi la stanza cominciava a riscaldarsi, irumori, i lievi suoni, battiti e fremiti della vita quotidianadiventavano più forti, e con la polvere, il calore e la lucesgusciavano fuori gli incubi ardenti della febbre daicantoni della stanza, da dietro gli armadi, i tavoli e lesedie. Verso mezzogiorno il viso di mio fratello era giàchiazzato di rosso e delirava. I pomeriggi erano ancorapiù terribili. Alle tre dovevamo accendere la lampada ela stanza si riempiva di ombre, fasci di luce e di falseillusioni. La notte si avvicinava e la aspettavamoimpazienti, ansiosi, con i nervi tesi. Il malato siguardava intorno, raspava sull’imbottita e allungava ilcollo come se volesse sporgersi da un pozzo profondo,spaventoso. Parlava incessantemente. Lo ascoltavamoin silenzio, stanchi, rintontiti e intorpiditi dalle parolespaventose e senza senso; ci sorprendeva chel’irragionevolezza della febbre non avesse storditoanche noi. Così passavano le giornate.In un pomeriggio infelice, nero mia madre entrò inlacrime nell’altra stanza.«È spaventoso.»«Che cosa?» domandai impallidito.Mia madre scoppiò a piangere, poi premette ilfazzoletto sulla bocca.«Delira… Delira sempre… Non ce la faccio più…»Guardai mia madre con aria interrogativa.«Oggi è particolarmente agitato. Che sguardo! E comeurla! Se lo sentissi! Parla sempre della sedia rossa.»«Della sedia rossa?»«Sì.»Entrai nella camera avvolta nella penombra. Mi colpìl’aria calda, pesante e l’odore dei medicinali. Mio fratellofarneticava nel letto, poggiato sui gomiti. Mi guardava erideva:«Dov’è la sedia rossa?»«Eccola, non la vedi?» risposi tranquillo. «Cosa ne vuoifare?»Rabbrividii.Il malato prese a scuotere la testa e si distese, ma soloper un attimo. Si mise seduto di nuovo e sforzò gliocchi nel tentativo di avvistarla.«Dove sta? Portatela qui.»Gliela misi davanti e lui la tastò.«Ma è imbrattata di sangue» disse piano. «Non faniente… basta che rimanga qui.»Quel giorno parlò sempre e soltanto della sedia rossa.Raccontò storie confuse come quelle che leggiamo neiromanzi del brivido. A volte mi impressionai anch’io. Erail luogo dove i deliri si davano appuntamento, dovelottavano mostruosi giganti delle tenebre, saltellavanostreghe nere con la testa fatta di carne cruda esanguinolenta. Credevo che per l’indomani l’avrebbedimenticata. Non era così, ne parlava già la mattina. Ilmedico scuoteva il capo in segno di sconcerto.Il terzo giorno mio padre portò via la sedia dallacamera. Un’ora dopo però dovemmo riportarla, perchémio fratello la stava cercando. La mettemmo davanti alsuo letto e lui la abbracciò con attaccamento amoroso,poi si allontanò come se avesse paura e iniziò apiangere piano, disperato. La fissò, la implorò, le parlòe si lamentò. Non sapevamo perché. Mia madrecamminava su e giù per l’altra camera e non osavaguardare la sedia rossa. A volte, mentre di notte facevocompagnia al malato, anch’io venivo preso dal terrore.Mio fratello morì una settimana dopo. Lo stendemmonell’altra camera e tutti noi sentimmo una tristezzamite, lacrimosa, priva di dolore. Avvertivamo un leggerosollievo acquietante e sonnolento come quando ci silibera di un grosso peso. I funerali si svolsero nel primopomeriggio. Tornammo a casa provati. Nella porta unaserva ci porse una bacinella piena d’acqua dove lavarcile mani seguendo un’antica superstizione: per evitareche presto ci fosse un altro lutto in casa. Ci aspettava latavola apparecchiata per una merenda con il cioccolatocaldo.Prima però andai in camera per cambiarmi d’abito.Era in disordine. In mezzo ai mobili affastellati trovai illavabo con difficoltà. Fra i tavoli, gli specchi, labiancheria da letto c’era però la sedia rossa. Mi sedettisul divano e la fissai a lungo. Brillava allegra nellasobria luce pomeridiana. Emanava la quiete dei mobili.Le sue linee esercitavano un effetto distensivo sui mieinervi scossi. Era un pezzo di mobilio come gli altri.Chissà che cosa l’aveva attratto. Aveva forse un segretooppure ero io a non conoscere mio fratello? Oppure erastata la pazzia della febbre a scegliere casualmentequella sedia da giardino, per suonare folli, straniditirambi malati sull’arpa dei suoi fili di bambù? Chi losa. Ora giace morta, senza più un’anima. Il violino diPaganini doveva giacere così quando le dita delmaestro erano già irrigidite dal torpore giallo dellamorte…1908Traduzione © di Andrea Rényi18<strong>OSSERVATORIO</strong> <strong>LETTERARIO</strong> <strong>Ferrara</strong> e l’Altrove <strong>A<strong>NN</strong>O</strong> <strong>XIII</strong> – <strong>NN</strong>. 67/68 MARZO-APRILE/MAGGIO-GIUGNO 2009
István Monok*QUESTIONI APERTE NELLA STORIA DELLA BI-BLIOTHECA CORVINIANA AGLI ALBORI DELL’E-TÀ MODERNALa storiografia della biblioteca del re Mattia non è maistata veramente esaminata dalla letteraturaspecializzata in nessun periodo relativamente vicino allasua epoca. I dati scoperti da più generazioni di studiosisono stati riassunti da Klára Zolnai nella sua bibliografiain seguito alle commemorazioni del 450° anniversariodella morte del re Mattia 1 . Detto volume e uno dei puntidi partenza nella storia della ricerca della BibliothecaCorviniana, ma è nello stesso tempo anche l’inizio diuna nuova classificazione. Csaba Csapodi e sua moglie,Klára Gárdonyi, hanno consultato la maggior parte dellecorvine, analizzandole attentamente. Seguendo la storiadi tutti i codici e degli incunaboli menzionati a propositodella biblioteca di Mattia, hanno dato una rispostachiara alle numerosissime domande filologiche 2 . Si sonooccupati anche della sorte delle corvine nel corso deisecoli XVI e XVII in più saggi 3 , anche riassuntivi, comenel volume che tratta dei codici trovati a Buda dalletruppe cristiane dopo la cacciata dei Turchi 4 .Tutti gli studiosi, specializzati in materia, che hannoscritto nel corso degli ultimi cinquanta anni sulle corvinenei due secoli successivi alla morte di Mattia, inclusoanche Csapodi, hanno considerato come punto diriferimento le brevi annotazioni del libro già menzionatodi Klára Zolnai. Dette annotazioni sono corrette, ma nonpossono evidentemente sostituire le fonti originarie esoprattutto non sono adatte a riprodurre il percorsoSaggistica unghereseche, partendo dal testo originale, tramite diversi daticome diari, prefazioni, lettere, ecc., porta allaricostruzione di tutta la storia della nascita del testostesso esaminato in profondità, vale a dire come siarriva a menzionare la biblioteca distrutta. Consultandoun po’ più approfonditamente la storia di un qualsiasicodice corviniano, dobbiamo risalire per forza sia alleannotazioni o spiegazioni delle pubblicazioni del secoloXVI che ai libri editi nella stessa epoca. È ovvio che iricercatori ungheresi della storia del libro abbiano comescopo anche quello di compilare una raccolta di testi dilivello critico, cioè di pubblicare un nuovo “volume allaZolnai”, pur mantenendo la struttura di quest’ultimo 5 . Ilfine del nostro articolo non è più di dimostrare ilpossibile funzionamento del metodo sopraindicato,tramite la rappresentazione di due dei documentiattinenti alla storia della Corvina nel corso dei secoli XVIe XVII, e di proporre nuovi punti di vista per farlioggetto di considerazione nella riproduzione della storiadella biblioteca nell’arco temporale trattato, ma el’indicazione di un’altra via possibile della ricerca persintetizzare le conclusioni ottenute con la scoperta didocumenti relativi, e cioè come gli stessi contemporaneiguardavano la raccolta che già ai loro tempi avevavalore simbolico e come la videro andare in rovina. Nelcatalogo della mostra organizzata per il Bicentenariodella Biblioteca Nazionale, Árpád Mikó ha trattato Lestorie della Bibliotheca Corviniana 6 , non esaminandoperò di proposito i secoli XVI e XVII. Taleatteggiamento di studioso si spiega presumibilmentecon la mancanza delle ricerche di base, o forse contutt’altro motivo: le intenzioni e i legami politici deipersonaggi della storia della Corvina erano molto menodiretti di quelli delle epoche successive.Non posso nascondere le mie aspettative per quantoriguarda l’impresa del progetto “Europa humanistica”del Centre National de Recherche Scientifique, Institutde Recherche et d’Histoire des Textes (Francia). Ilprogetto internazionale di ricerca intende compilare uninventario il più possibile completo di tutte le personevissute fino al 1600, che avevano un ruolo nelpubblicare e tradurre o, nel senso più vasto dellaparola, nel trasmettere o lasciare in eredità testi datatiprima del 1500 7 . Le prefazioni delle edizioni dei testisaranno pubblicate anche in extenso nella collana cheporterà il titolo del programma stesso. Tutto questodesta la speranza anche in una migliore conoscenza siadella sorte che dell’influsso della Bibliotheca Corviniananel secolo XVI 8 .Riprendendo il filo della storia della BibliothecaCorviniana, possiamo osservare che l’arco temporale deisecoli XVI e XVII sostanzialmente e diviso in 4 parti, siada Zolnai che da Csapodi, come segue: il periodo dellarovina dopo la presa di Buda, il periodo delleinformazioni sulla presenza di un numero considerevoledi codici a Buda nell’ultimo terzo del secolo XVI, ilperiodo dei tentativi di recupero delle corvine dellaprima metà del secolo XVII e quello relativo all’agoniadel materiale librario dopo la cacciata dei Turchi.Per quanto riguarda il primo periodo abbiamo numerosefonti narrative che descrivono la distruzione dellabiblioteca usando i metodi della retorica umanistica<strong>OSSERVATORIO</strong> <strong>LETTERARIO</strong> <strong>Ferrara</strong> e l’Altrove <strong>A<strong>NN</strong>O</strong> <strong>XIII</strong> – <strong>NN</strong>. 67/68 MARZO-APRILE/MAGGIO-GIUGNO 200919
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