Arcipelago Itaca 7

Da Ricordo di Giovanni Giudici
delle bellissime traduzioni da Frost, Pound, Orten, Plath, con la stessa generosità e la stessa semplicità
dimostrata al tempo di “Linea d’ombra”. Perché oltre che grande poeta Giudici è stato anche un grande
traduttore da più lingue (spesso con l’aiuto di amiche che ne erano esperte).
La sua ultima raccolta garzantiana venne a presentarla a Roma in un pomeriggio di pioggia dirotta che
allontanò molti ammiratori. Si era in pochi, e si stabilì un dialogo allegro tra lui e noi pochi venuti a
festeggiarlo. Leggeva versi dedicati al suo passato giovanile del tempo di guerra e di dopoguerra (l’anteprima
di Roma città aperta, la fiducia politica nella nascente Repubblica...), anche qui con simpatia e ironia verso
tutti e verso se stesso. Ma l’ironia nascondeva stavolta - come nelle sue poesie più belle - anche la nostalgia
per uno ieri di speranza e una più dolente coscienza delle contraddizioni tra le aspirazioni private e le
collettive, tra le aspirazioni collettive e la Storia. La leggibilità dei suoi versi gli ha forse nuociuto presso molti
critici “iper” e ’63, ma ha fatto di lui e continuerà a farne un amico per i suoi lettori, un Poeta grande e vicino,
di alta morale e di eccezionale sensibilità per l’humus profondo della nostra cultura, anche antropologica, e
per la necessità e dignità di una Poesia che fosse anche, come in lui è stata, al contempo civile e religiosa. Con
ironia. […]
Testo apparso, nel luglio del 2011, in “LO STRANIERO - ARTE CULTURA SCIENZA SOCIETA’”
http://lostraniero.net/archivio-2011/130-luglio-2011-n133/678-ricordo-di-giovanni-giudici.html
La scelta dei testi che segue è stata curata da Danilo Mandolini
Giovanni
Giudici
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