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Arcipelago Itaca 7

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Dalle opere di narrativa<br />

Marco<br />

Ercolani<br />

43<br />

Da Vite dettate, 1994<br />

La febbre e il limite<br />

* * *<br />

Lezione inedita di Ingeborg Bachmann in difesa della scrittura apocrifa, 1960.<br />

Signore e signori,<br />

sono qui a parlarvi della scrittura. Non di commemorazioni, convegni, centenari, bicentenari, genetliaci,<br />

riscoperte postume, ma della scrittura. E allora comincerò a dirvi la verità: ogni scrittura è apocrifa. Ogni scrittore,<br />

in quanti opera nel segreto del suo spirito, è apokryphos, cioè segreto, e il suo apprendistato si esercita con una<br />

lingua scritta e consumata nei secoli da altri scrittori, vissuti prima di lui alla ricerca della loro anima. Che cosa<br />

significa tutto questo? Che lo scrittore, proprio perché autentico, si abbevera alla fonte a cui altri hanno già<br />

bevuto. Non vi sembra contraddittorio? Una sincerità dell’anima che si basa su una forma di vampirismo. A me<br />

sembra splendido. Dirò di più, inevitabile.<br />

La scrittura, quando si sgombra dei prodotti letterari, diventa quello che deve essere: un’etica del pensiero, una<br />

direzione del sentire, una forza che ci stringe lì, nel regno delle parole, a sperimentare, in modo scandaloso,<br />

l’inadeguatezza dei nostri strumenti. Ma ognuno canta con la sua voce, indossa la sua maschera, cammina con il<br />

suo passo. Ed è osando il proprio tono e non un altro, preso a prestito dalle tradizioni della letteratura, che la<br />

scrittura smette di essere inoffensiva e diventa energia pulsante e trasgressiva, diagramma spezzato di una<br />

febbre.<br />

[…] Ciò che in arte noi chiamiamo perfezione non fa che rimettere in moto ciò che perfetto non è. Una volta<br />

spenti i riflettori e ogni altra forma di illuminazione, la letteratura, lasciata in pace e al buio, risplende di luce<br />

propria, e le sue creature vere, commuovendoci ancora oggi, emanano bagliori. Le opere sono punti morti e punti<br />

di luce, frammenti in cui si avvera la speranza nella lingua intera che dirà i mutamenti dell’uomo e i mutamenti<br />

del mondo: questa lingua, questa koiné dell’arte nei secoli, è il frammento di confessione che non smette di<br />

agitare la lingua del morente per l’ultimo sospiro. E il morente è l’esegeta, il traduttore, il posseduto, il<br />

camaleonte di questo sospiro: abbandonato dai destini che lo avevano invaso, tace e torna a vegliare, in attesa<br />

che l’aria vibri ancora e torni questione di vita o di morte trascrivere voci…<br />

* * *

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