Arcipelago Itaca 7
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Dalle opere di narrativa<br />
Marco<br />
Ercolani<br />
54<br />
perfezione. Io entro, con voi, nella presenza della vita e della morte.<br />
Anche se la chiesa, come abbiamo voluto, è sbarrata a chiave. Anche se non vogliamo che nessun vescovo o nessuna<br />
guardia entri qui, dove preghiamo, e inorridito dallo scandalo delle mie parole condanni me al rogo e voi ai lavori forzati.<br />
Ma sarebbe bello fosse così per ognuno di noi - nella sua comunità; che fosse esposto a tutti, docile e giusto. Certo è che<br />
l'uomo, così come voi lo vedete, ha bisogno di tutto. È l'essere più fragile. Se questo fuoco uscisse dai limiti in cui lo<br />
abbiamo confinato e si appiccasse ai vostri corpi, cosa potrei fare io, per voi? cercare di salvarvi? Ma come, se io sono<br />
debole e leggero quanto voi? E se questa chiesa fosse invasa dall'acqua e grandi onde frantumassero le vetrate e si<br />
impadronissero dei vostri corpi? E se il vento vi trascinasse via come fuscelli? e se la terra vi inghiottisse nei suoi crateri?<br />
Ecco, noi siamo qui, nudi e calmi, in questo Natale, solo perché la terra è tranquilla e non manda scosse e gli oceani non<br />
escono dai loro limiti. Noi esistiamo e i nostri padri e i padri dei padri e i figli dei figli e i figli dei nostri figli, magari per<br />
cinquecento anni, solo perché in questi cinquecento anni la terra è rimasta tranquilla. Quindi viviamo per caso: e intanto<br />
continuiamo a invecchiare e niente può arrestare il processo se non amare meno la vita e pensare con saggezza al possibile<br />
distacco.<br />
Guardate laggiù, i vostri abiti. Sono tutti fradici delle vostre fatiche, del sudore, della gioia che avete vissuto. Sanno di<br />
quando avete fatto all'amore o avete cagato i vostri escrementi. Sono una piccola montagna lurida. Ma racchiudono tutti i<br />
fatti che vi sono accaduti. Forse, in qualche brandello, ci sono rimasti anche i vostri pensieri. Forse un giorno li brucerete, li<br />
dimenticherete, li getterete via, parte della vostra storia resterà in quelle fibre di tessuto, e le fibre non andranno distrutte,<br />
magari saranno macinate o riassorbite dall'acqua e porteranno nel mondo, dove voi siete morti, l'eco di voi.<br />
Eccoci qui, nudi. Le maschere le abbiamo lasciate lì, addossate al portale della chiesa, e qui nessuno entrerà. Ma ricordiamo<br />
che quelle maschere sono anche la nostra storia. Non illudiamoci di essere sempre nudi. Santi o veggenti o folli - è un<br />
destino di cui ho appena intravisto l'orrore.<br />
Qualcuno di voi è malato. Qualcuno di voi mi dirà che, magari, desidera uccidersi. Non c'è niente di più naturale, per<br />
l'uomo, che togliersi la vita. Cosa si può imputare, al suicida? Egli corre, invece di camminare. Si affretta, invece di<br />
rallentare. Cade nel pozzo, invece di esserci a fatica buttato dentro. Siamo tutti mortali. Non ci sono peccati né nel vivere<br />
né nel morire. Siamo tutti la mappa di un disegno sacro, che ognuno di noi potrebbe anche turbare, chi ridendo, chi<br />
giocando, chi uccidendo, chi cominciando a danzare. Non c'è un fato già scritto: già scritto è solo il fatto che morremo.<br />
Ma qui, adesso che siamo nudi e spaventati, io vi dico: guardiamo con chiarezza il mistero. Nutriamoci della morte come<br />
gustiamo la carne degli animali o le piante della terra, è tutto un ciclo naturale, non pensiamo troppo a noi, alle nostre<br />
famiglie, ai nostri figli, non possediamo i nostri pensieri ma facciamo che loro traversino noi. Non viviamoci indispensabili,<br />
anche se siamo portati a pensarlo, ognuno con le sue eccellenti ragioni. Tutti andiamo e veniamo dalla stessa porta.<br />
Ognuno di noi ha il suo volto e il suo incubo: la paura non è neppure un sentimento, è uno stato. È sangue della nostra<br />
carne, prendiamola con noi, passiamo con lei le nostre ore. Viviamo o uccidiamoci o sopportiamo gli stenti: ogni giorno ci