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Arcipelago Itaca 7

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Dalle opere scritte con Lucetta Frisa<br />

Marco<br />

Ercolani<br />

60<br />

Stoccolma: in quella seconda occasione Nelly Sachs, prostrata da una grave crisi psichica, non può o non vuole riconosce il poeta che è venuto<br />

a trovarla. L'epistolario continua, sempre meno frequente, negli anni seguenti. Paul Celan muore suicida il 20 aprile del 1970, annegandosi<br />

nella Senna, e Nelly Sachs, già gravemente malata, il 12 maggio dello stesso anno.<br />

Da Anime strane, 2006<br />

* * *<br />

Pesce<br />

Fin dal primo giorno in cui ha letto vita e abitudini dei pesci, li ammira per la straordinaria prudenza con cui affrontano il nemico,<br />

per le tecniche sofisticate di difesa: si commuove alla notizia che le seppie intorbidano il mare con getti d’inchiostro, di modo che<br />

i predatori, storditi e macchiati, girino al largo. Dai pesci ha imparato il silenzio. La madre, quando lui compie dieci anni, comincia<br />

a preoccuparsi. Risalgono ad allora i primi colloqui psicologici. Ma lui, invece di parlare, muove appena le spalle e protende le<br />

labbra a muso. È considerato un «idiota sapiente». Internato e costretto ad assumere neurolettici, non si scompone. Trangugia i<br />

farmaci con grande calma e sa dentro di sé che non possono fargli né bene né male. I pesci sono insensibili alle terapie dell’uomo.<br />

Continua a ruotare le spalle, a protendere le labbra. Spesso scende da letto e nuota nel corridoio, pancia a terra; nuota nel buio,<br />

come se avesse le pinne, finché gli infermieri non lo notano e lo riportano nella sua stanza. Lui, obbediente, riprende la posizione<br />

eretta, barcolla un po’ e senza dire una parola si lascia rimettere a letto, a pancia in giù.<br />

Tentativi di nuvola<br />

Fa spesso i suoi «tentativi di nuvola», così li definisce. Si affaccia alla finestra, sollevandosi sulle punte dei piedi, allunga il collo,<br />

chiude gli occhi, poi, dolcemente, comincia ad oscillare la testa. Finché si dondola con tutto il corpo. Sua madre gli urla di tornare<br />

a studiare. Il patrigno si isola nella sua stanza. Il fratello sghignazza. Ma lui, ostinato, continua i suoi «tentativi di nuvola». Agli<br />

psicologi che lo interrogano sulla sua infanzia, risponde ridendo: «Io? Mai avuta infanzia. L'avranno quei due uomini e quella<br />

donna che mi perseguitano. Io no. Io sono leggero. Molto leggero».<br />

Bocca di rosa<br />

Tiene le spalle incassate. «L’aria mi pesa sul cranio, non riesco a scrollarla dalla testa! Mi annoio, dottore. A volte sento un fruscio<br />

sotto le spalle, che non capisco. Sto bene con il Risperdal, certo. Tranquillissimo. Lavoro in mensa al mattino, di pomeriggio porto<br />

a spasso Leòn (o è Leòn che porta a spasso me, mugolando e correndo?). Ma io, chi sono? Me lo dica. Un mese fa sentivo le voci,<br />

ora meno. Esistono davvero, sa. Una mi dice: stai fermo sui gradini. L’altra: il ponte suona se ci soffia il vento. L’altra: guarda che<br />

arriva lo tsunami. Si avvera tutto, dottore. Allora dovrò scegliere: sono matto e niente è vero, oppure non sono matto e tutto è<br />

vero. Ma, se tutto è vero, allora perché sto con mamma e papà e perché passo il tempo a fare ragù di carciofi e a ingoiare pillole?<br />

Devo andare su un monte a fare l’eremita, e basta.<br />

Si ricorda il mio sogno? La cascata, immensa in mezzo alla chiesa. E io, con quei lacci addosso, come una corazza, portato via da<br />

due

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