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Arcipelago Itaca 7

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Su Par senza gnént e La chèrta da zugh<br />

[…] Par senza gnént nell’ambito del “fare” è locuzione che può significare sia senza pretendere alcunché sia inutilmente, vanamente ed<br />

evidenzia la predilezione per il gioco dei rimandi, l’ironia, la sottile compiacenza per tutto ciò che attinge al circuito delle valenze multiple e<br />

quindi delle ambiguità che è uno degli “stratagemmi” del suo [di Annalisa Teodorani] fare poetico […]<br />

In questa raccolta, con una pronuncia personalissima e un originale registro linguistico, l’autrice viene a confermare, per dirla con Brevini, «la<br />

tendenza della poesia contemporanea a risalire in un regressus dal macro al micro, non soltanto dalle koinai regionali e dalle parlate municipali<br />

agli idiomi periferici, ma addirittura dal dialetto all’idioletto». […] A cifrare la qualità dei suoi testi, concorre … in vasta misura, tutta una serie di<br />

meccanismi che i linguisti chiamano “figure”. Da quelle di costruzione: ellissi, apposizioni, zeugmi; a quelle di elocuzione: allitterazioni, asindeti;<br />

da quelle di stile: enfasi, perifrasi; a quelle di significato o tropi: metonimie, metafore, sineddochi, ecc.<br />

Mentre sul piano strutturale, vediamo che la sua poesia si realizza fuori da qualsiasi gabbia metrica e quindi in versi sciolti di sostenuta<br />

intonazione lirica. […]<br />

La sua è una poesia dell’ascolto: Acsè e’ témp dla nòta / l’è tótt un ciacarè lizir (Così il tempo della notte / è tutto un parlottio leggero); Pu un<br />

tóun, cmè una bómba in piaza, / l’à smòs cl’aria indurmenta (Poi un tuono, come una bomba in piazza / ha smosso quell’aria assopita) … […]<br />

Poesia dell’ascolto, si è detto, ma anche attenta ai piccoli gesti, ai moti minimali delle cose e dell’animo. Infatti l’area semantica cui rinviano i<br />

materiali lessicali di Annalisa Teodorani è quella riconducibile alle piccole esperienze personali dove le istanze conoscitive sono inscindibili da<br />

quelle esistenziali. […]<br />

Se è vero che, come osserva Pasolini, «I pallori, gli éclats improvvisi, le ambigue sordità, le rozzezze, i cipigli di una parlata portata d’un tratto<br />

alla “luce della parola”, non possono non suggestionare», la Teodorani non sembra volersi gingillare attorno alle facili suggestioni esercitate<br />

dall’“intraducibilità” del dialetto. Anzi! Il suo discorso poetico si annuncia con tratti che si potrebbero chiamare di “elementarietà”, che fornisce<br />

alle parole la giusta chiarità; che proviene dalla semplicità di un dettato, dalla moderata densità degli assunti, e soprattutto dalla caparbietà con<br />

la quale rifugge da qualsiasi forma di vernacolarismo. […]<br />

Gianni Fucci, dall’introduzione a Par senza gnént<br />

* * *<br />

[…] La novità è quella di una poesia dialettale santarcangiolese […] che spunta imprevista e forse anche inattesa a due o tre generazioni di<br />

distanza dalla incredibile fioritura (incredibile perché avvenuta in tempi e spazi così ristretti) di talenti come Baldini e Guerra e Pedretti, fino a<br />

Giuliana Rocchi e Gianni Fucci. Ci si poteva aspettare che dopo di loro più nulla, o quasi, riuscisse a farsi sentire; che tutto il possibile fosse<br />

esaurito con loro […]<br />

Il mistero è quello di una voce di giovanissima donna, la quale si affida al dialetto in tempi di accelerato disfacimento della cultura della parola<br />

(parlata e tanto più se scritta) a vantaggio di una comunicazione fatta di segni, gesti, suoni, immagini, colori, monosillabi, la quale tocca e<br />

trascina soprattutto i più giovani […] e dunque in tempi in cui il dialetto patisce ancora una volta la precarietà del suo destino. […]<br />

Forse qualche spiegazione alla novità e al mistero di Annalisa Teodorani è data appunto [e anche] dai versi … nei quali l’insipida pochezza della<br />

lingua viene contrapposta al vigore comunicativo del dialetto, che è tale da farsi scegliere da chi è in cerca di un linguaggio (un modo, un<br />

lessico, un codice) adatto alla propria poesia, una lingua che lo coinvolge intero […].<br />

Pare dunque che la voce del “poeta” possa veramente esprimersi soltanto nel codice linguistico che condivide con la “zénta” in quanto egli<br />

stesso ne è parte, per nascita, orizzonte, cultura, intendimento di vita e di mondo; che il dialetto abbia insomma, per chi lo sceglie per la<br />

propria scrittura, una sorta di intraducibile unicità. D’altra parte fu Walter Galli, in una lettera ad Annalisa del 23 febbraio 1999, a scrivere: «La<br />

nostra lingua [il dialetto]<br />

Annalisa<br />

Teodorani<br />

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