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Arcipelago Itaca 7

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Dalle opere di narrativa<br />

Marco<br />

Ercolani<br />

42<br />

Da Taccuini di Blok. 1902-1921, 1992<br />

Noi non abbiamo ascoltato Petrarca ma il vento nella steppa: la musica della nostra steppa crudele è echeggiata<br />

all’orecchio di Gogol’, Tolstoi, Dostoevski. È questo turbine che testimoniamo.<br />

Troppo facile, l’immagine. Gli occhi possono tradire, la scena ingannare. Ciò che non tradisce è l’udito, la forma<br />

che l’urlo assume nell’orecchio, nella testa, nella cavità dove è costretto a rimbombare. Il bambino che grida,<br />

l’adulto che grida, è qui dentro le tempie.<br />

Come tutti i grandi eventi la rivoluzione accentua il buio. Ma è giusto che accada così? Che la notte sia ancora più<br />

notte nel momento in cui la libertà esigerebbe una forma?<br />

Un colpo. La porta che sbatte. Un grido.<br />

Neve e vento. Salute pietosa.<br />

Pietroburgo è stretta nella morsa di un gelo polare. Non faceva così freddo da oltre vent’anni. Il pane è gelato, la<br />

verdura immangiabile. Tutti hanno fame, io no. Per me è tutto molto lontano, come se vedessi dalla cima di un<br />

campanile ciò che è accaduto e accadrà: la rivoluzione e l’occupazione del Palazzo, la sazietà e la fame, il crollo<br />

dello zar e i colori della folla. Non mi riconosco in questo corpo e nello squallido domicilio che occupa. Non mi<br />

vedo nella carne sofferente che è affidata alle cure di Ljuba. Sorrido del guscio nel quale mi sveglio, ogni giorno,<br />

con accresciuto stupore. Io sono altrove.<br />

Appunti di un romanzo, sussulti di frasi, si chiamano, mi chiamano, come tessere di un mosaico impossibile,<br />

tracce di una trama afferrata per allusioni. Ho in mente un libro-frammento, nella circolarità di una visione che<br />

intuisco completa. Ma è un libro dove vorrei andare non come si entra in una stanza chiusa, in una circonferenza<br />

magica, ma come si penetra in un corpo infelice, nodo di passioni e foresta di immagini.<br />

L’essere intatti è una qualità del vuoto che non appartiene alla nostra natura terrena. In un istante noi siamo<br />

sporcati, toccati, coinvolti, e solo il sonno, quando cessano di esistere sbarre, labirinti, progetti, ci restituisce la<br />

divina possibilità della fuga.<br />

Per ora sono invisibile a Pietroburgo. Conto di apparire domani.<br />

…e ti scrivo su un pezzetto di carta sbilenco, di notte e nella grigia nebbia.

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