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Arcipelago Itaca 7

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Dalle opere di narrativa<br />

Marco<br />

Ercolani<br />

45<br />

Da Il mese dopo l’ultimo, 1999<br />

Drohobycz, 5 luglio 1940<br />

Cara Romana,<br />

lo sai da tempo: il mio stile si compone di immagini. Ma sono immagini che dissolvono la materia del reale. La mia arte usa<br />

le visioni per tendere a un'etica della mente. Quale? Mi chiederai tu. E qui mi ingarbuglio. Sto zitto, come non rispondo a<br />

chi mi chiede cosa provo quando ho visioni. Io non provo nulla: io vivo in uno stato di visione. Qualcuno mi disse, un giorno,<br />

che la mia scrittura è arborescente e acquitrinosa, come una vegetazione colma di putrefazioni e di rinascite. Chissà. Io ho<br />

sempre la sensazione di semplificare, di chiarire: non mi sento così torbido. Sono un uomo ingenuo e credo che le frasi più<br />

limpide siano sempre quelle che gelino il sangue.<br />

Ogni cosa, essere, pianta, oggetto, possiede la sua voce, e questa voce ha un ritmo in cui dirsi, un'energia sonora che ne<br />

determina la potenza magica. Se per noi la parola è solo l'atto che nomina le cose, per un poeta è il ritmo, l'inno, la danza -<br />

che permette alle cose di essere come sono. Quando questa parola non esiste più, resta solo il senso comune - un guscio<br />

vuoto, un fossile. Tu lo sai quanto detesto i significati della logica, la maturità del mondo adulto: per me tutto è suono e<br />

canto, come all'inizio.<br />

La mia voce circuisce il cielo, ma non si perde in esso: al contrario, vuole riferire la vertigine delle lontananze in cui si<br />

smarrisce. È come abitare i confini dello stesso suono, i segni della stessa nota. La musica non cambia melodia ma timbro. E<br />

il timbro è quel lampo che, prima o dopo, la scrittura addensa in parole. Ma sono oggetti reali, le parole, o nebbia da cui il<br />

lampo trapela con un chiarore diverso? Io mi sento reale solo quando sono il fantasma che le mie parole guidano chissà<br />

dove; e scrivo, lasciando sempre troppo spazio fra la prima frase e il margine sinistro del foglio. Qual è il mio vero<br />

desiderio? Che la parola scritta fermi l'emozione di una voce? che la sintassi diventi la sostanza di quella voce e sconfigga la<br />

morte a cui tutti i suoni del mondo - comprese le mie parole - sono condannati?<br />

Non posso aderire a questo sogno di immortalità. È troppo grande la sofferenza di reggerlo. Quando il mio corpo cesserà di<br />

esistere, l'aria tornerà a occupare lo spazio che occupava, e della mia vita resterà meno di un ricordo, un'eco che le parole<br />

restituiranno appena. Ogni soffio sgretola, da sempre, le scritture più sacre. È questo soffio, l'evento. Lui mi tiene in vita, mi<br />

chiede di star bene. E io cerco di star bene, cioè, di scrivere. Penso, da tempo, di raccontare una storia che riguardi il<br />

Messia.<br />

* * *<br />

Tuo Bruno

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