Arcipelago Itaca 7
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Su Par senza gnént e La chèrta da zugh<br />
del suo stile, la peculiarità degli accostamenti verbali, la saldatura tra imprestiti letterari e memoria di una civiltà contadina percepita come<br />
paradigma morale. Frugando nel proprio passato linguistico di cui riutilizza lessemi e idiomatismi desueti, di provenienza rurale, ella ci dà la<br />
misura della evoluzione storica del suo dialetto, ci fornisce gli ambiti della sua psicologia, la dimensione del suo dinamismo comunicativo ed<br />
evocativo […].<br />
Con la seconda raccolta di versi Annalisa Teodorani fa un notevole salto in avanti, sia sul piano dell’invenzione linguistica che della essenzialità e<br />
della pregnanza del dettato poetico, mentre ci sembra che più acuto e risentito si sia fatto il sentimento della condizione esistenziale<br />
dell’uomo, bersaglio non soltanto delle necessità naturali ma anche della propria tendenza autodistruttiva; e ciò è motivo in lei d’ansia ed<br />
allarme […].<br />
Similmente il senso della propria vicenda personale sembra essersi fatto più esclusivo e cogente. Se nella prova precedente la Teodorani si<br />
osservava vivere nell’ambito di una realtà sociale condivisa, in questa sua seconda prova appare al contrario più attenta a se stessa, alle<br />
indicazioni che le provengono dai soprassalti del cuore e della mente: più chiusa, insomma, nella sua individualità.<br />
Ma ciò che maggiormente colpisce nella sua prova poetica più recente è la sintassi delle immagini, il loro articolarsi in un aggregato di elementi<br />
quasi privo di una giustificazione logica in cui è l’oggetto (un dato fisico della realtà) a fare da tramite tra il fantasma della “rivelazione” ed il<br />
Soggetto. Si dà cioè nel dettato diaristico ed occasionale quella illuminazione improvvisa (nascente di solito da un sentimento di nostalgia) che<br />
sembra alludere a certe forme di “euforia” a cui tende quasi sempre ogni fatto autentico di poesia. Una esperienza poetica dunque quella della<br />
Teodorani impegnata sul piano dell’invenzione e delle strutture poetiche, come si dà in certi suoi supponibili antecedenti letterari (mettiamo<br />
Pascoli, Montale, i crepuscolari) fino all’esperienza coeva di Tolmino Baldassari, dal quale media verosimilmente la capacità di accostare nuclei<br />
lirici apparentemente incongrui, circonfondendoli di un alone di stupore e di rivelazione:<br />
A n l’arcórd<br />
l’udòur de sàbdi scapènd da scóla<br />
arcórd snò ch’a séra lizìra<br />
e l’aria datòunda<br />
l’éra tótta da bòi.<br />
(L'udòur de sàbdi)<br />
Non ricordo<br />
l’odore del sabato uscendo da scuola<br />
ricordo soltanto che ero leggera<br />
e l’aria iatorno<br />
era tutta da bere.<br />
(L’odore del sabato)<br />
[…]<br />
Pietro Civitareale, da Sulla soglia del terzo millennio, in Poeti in romagnolo del secondo novecento, La Mandragora, 2005<br />
Annalisa<br />
Teodorani<br />
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