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Arcipelago Itaca 7

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Dalle opere di narrativa<br />

Marco<br />

Ercolani<br />

47<br />

Da Il demone accanto, 2002<br />

10,5<br />

Sopra piazza Sarzano<br />

Sopra piazza Sarzano, oltre lo stradone di S. Agostino, vedi la parete, intatta, di una casa crollata. Davanti c’è<br />

una piccola scala, con il suo passamano di ferro. Per qualche misterioso effetto dei bombardamenti, delle<br />

devastazioni edilizie o del caso, la ringhiera termina dentro la pietra. Si infila nel muro con grande<br />

naturalezza, il muro è la sua meta necessaria. Senti, salendo i gradini coperti di polvere, che cammini dentro<br />

una casa fantasma, fra sale invisibili, alla ricerca del tuo sosia. Non lo trovi, lo cerchi, sali ancora. Entri nella<br />

pietra. Guardi Genova. Città, per te, di puro nulla. Vuoto che non consola, vuoto di nuvole, lampi, ombre,<br />

salite, venti, riflessi. Orizzonte discontinuo, che può cullare come inabissare. Lì, dentro la pietra, ci sei tu. Ma<br />

non tranquillamente. Il paesaggio non è mai dolce e curvo, armonioso come una casa. È proteso, in bilico,<br />

pronto a balzarti addosso, a franarti fra le dita. Guardi nella pietra. Guardi nel mare. Due fulminee epifanie e<br />

ti afferra la bellezza, hai il tempo di parlare solo per pochi istanti, come un condannato. Chiuso in una parete<br />

circondata d'aria, la parola che balbetti è precaria, sfuggente, rischiosa.<br />

Genova ti assomiglia. È questa parola, questa parete - esposta, vertiginosa, segreta. Fondale, prospettiva,<br />

prigione, torre, prua. Hai due alternative: tacere, chiuso dentro la pietra, o viaggiare su e giù, ricordando la<br />

nicchia che ti protegge le spalle. O silenzio o visione. Dove si possono avere più visioni? nelle città visitate da<br />

apparizioni diaboliche e spettri ammalianti, oppure qui, in un luogo più scontroso e meno segreto - qui, nella<br />

parete che ti ospita, muro di chiesa romanica, fortezza di carcere, porta di tugurio, portale di palazzo? In libri<br />

dimenticati hai scritto di Praga e di Pietroburgo, città poetiche e assolute, che hai ricreato con immagini nate<br />

da antiche leggende. Ma, se fossi vissuto a Praga o a Pietroburgo, avresti potuto parlarne o non saresti stato<br />

soffocato da quelle stesse leggende, la lingua mozzata dalla mancanza di distanza?<br />

Qui, chiuso nella roccia, sei più libero. Le notti, a Genova, non sono bianche, come a Pietroburgo, o favolose,<br />

come a Praga. Le notti genovesi sono mediocri. L'aria è bassa, umida. Non consola. Per chi vive in una parete<br />

sono ancora più cupe. Ma puoi voltarti. Ti giri avanti, ti giri indietro. Genova nega ogni paradiso: non ti puoi<br />

illudere di volare alto, come in certi luoghi dove rocce gialle di ginestre si librano contro abissi celesti. Genova<br />

è sconnessa come questo muro. Ma sulla pietra del muro batte l'aria salata, lo scirocco, il vento notturno. Un<br />

prigioniero, queste cose le avverte. In certe notti vivi una concentrazione che non potresti concepire in altri<br />

luoghi, un'astratta passione della mente che esalta le ossessioni più intime. Dalla pietra tu guardi: traversi le

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