Arcipelago Itaca 7
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SOLO INEDITI<br />
Da<br />
Tutto<br />
il tempo<br />
di Giovanni<br />
Commare<br />
188<br />
lei, mi dico, è una voce. Ho bisogno di ascoltarla. E in questo bisogno vedo il compimento di un destino. Devo<br />
rivederti, Sara.<br />
È salita quasi di corsa, perciò in cima alle scale ha un lieve affanno, e arrossisce un po' per l'imbarazzo e<br />
l'eccitazione. I piccoli capezzoli puntuti sotto la camicetta nera. Letizia gode dell'attenzione. Io dell'essere<br />
attento. La sua pelle è bruna, come quella delle beduine, le labbra scure piccole e brillanti, un bocciolo di<br />
rosa appena aperto; le gambe lunghe ma armoniche. La perfezione è il piede. Ha preso coraggio e ha tentato<br />
di forzare il divieto di venirmi a cercare. Le ho detto nel modo più chiaro e gentile che non la voglio in casa.<br />
Ma ora c’è.<br />
«Aspettami al bar, che fra qualche minuto scendo.»<br />
Al bar, mentre ci osserviamo, torniamo a speculare sul male del mondo, che in lei suscita stupore e un<br />
senso d'oscurità, alimentando una tensione in certi momenti esplosiva. La guardo e mi sorprende il ricordo<br />
della sua pelle. Come se la mente desiderasse sovrapporre al piacere presente il ricordo, per moltiplicarlo. O<br />
anestetizzarlo? È comunque un’onda di dolcezza. Letizia, nonostante il corpo di adolescente, offre grandi<br />
seni, e sodi. Minuta com’è, non te lo aspetti. Non ti aspetti questo piacere. Vista e tatto, mente e giudizio<br />
sono agitati nello stesso frullatore.<br />
«Vieni da me stasera?»<br />
È venuta per invitarmi. Mi preparerà il tabulè, le acciughe marinate. Tutto freddo, perché lei odia cucinare.<br />
Poi mi accompagnerà nella camera, dove ha preparato il materassino per i massaggi. Lei gode a toccarmi, io a<br />
essere toccato.<br />
Mi ha scritto un'altra lettera al nero Letizia, su carta pergamena bruciacchiata per fare tanto maledetta.<br />
Nulla c’è di nuovo, così non le rispondo. Ma poi si annuncia per telefono e mi lascio convincere a fissare un<br />
appuntamento.<br />
Lo scirocco ha trasformato Palermo in una città tropicale. Piove da tre giorni senza sosta, acquazzoni<br />
esplodono all’improvviso con la violenza degli uragani. La nuova pioggia sul terreno saturo d’acqua, sugli<br />
asfalti impermeabili, sulle fogne intasate, scivola via in onde sempre più alte che trasformano ogni strada in<br />
torrente e le più strette in fiumi. Ed è tutto un correre di garzoni dei negozi e fondachi e di padroni ad alzare