Arcipelago Itaca 7
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VETRINA<br />
Il talento<br />
della<br />
malattia<br />
di<br />
Alessandro<br />
Moscè<br />
30<br />
- E chi le fa le magie?<br />
- I ciarlatani. Pensa a pregare, a recitare l’Ave Maria - mi disse spazientita. E capii che non ammetteva più<br />
domande.<br />
Angelo e Chiara ridacchiavano, Luca mi disse che ero stato bravo perché gli sembrava avessi sfidato la<br />
maestra.<br />
[…]<br />
*<br />
[…]<br />
L’ultima volta che sono salito al duomo di San Ciriaco è stato con Marta. Sulla stessa via aveva lo studio il<br />
grande poeta anconetano Franco Scataglini, uno dei maggiori dialettali del secondo Novecento italiano. Ma io,<br />
all’epoca, ero troppo piccolo e non lo potevo sapere.<br />
Ancona, una città di scoglio con la spiaggia del Passetto a costa alta: così veniva descritta nel libro di geografia<br />
delle elementari. Ancona, città che qualcuno sostiene si guardi meglio dal mare che non da altre postazioni<br />
come il Colle dei Cappuccini, il Colle Guasco, la Piana degli Orti. Ancona protesa verso oriente con il<br />
suo odore di catrame, con uno strano clima, con i venti di bora che portano il nevischio in inverno, una<br />
nebbiolina che non si dirada e che è simile a quella della costa romagnola ed emiliana. Una nebbia stirata,<br />
dentro la quale il mare si vede e non si vede. D’estate soffia il libeccio che può far salire la temperatura fino a<br />
40°.<br />
- Lì c’era lo studio di Scataglini - dico a Marta che ha i capelli mossi dal vento e sembra un’aliena.<br />
Mi appoggiavo alla ringhiera. Ancona sembrava Tunisi: i tetti bassi tra i fumi di un tardo pomeriggio e le luci<br />
come punti che si incrociavano tra gli aloni delle lampare. La città era vuota, furtiva.<br />
Ora non mi dice più nulla, non mi suggerisce alcun ricordo, vista da quassù. Eppure in quello spazio davanti<br />
la scalinata del duomo ci correvo con il monopattino. Dietro la facciata del duomo c’era una parete laterale<br />
che sembrava di tufo. Mio padre ci ha inciso le iniziali del suo nome e quelle di mia madre, quando erano<br />
ancora fidanzati, nel ’57. Quelle scritte sono ancora lì.<br />
Arrivò la notte. Ancona non era più la città di Scataglini, né il duomo le dava una cornice classica, né la casa<br />
dei nonni, né i natali, avevano più un senso assoluto. Era Marta con lo spolverino nero che fumava guardando<br />
verso il porto, il mio fulcro. Non riuscivo a farla parlare. Nascondeva un turbamento lieve, come sempre. Ma