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— IOC -<br />
e la mancanza del vino od altro analogo liqiiore, troppo necessario,<br />
a mio parero, »1 colono ne' tempi delle maggiori fatichc<br />
e quando suda aU'eccedente lavoro , lungamente sferzato dal<br />
sole eslivo.<br />
])alle premesse nozioni risulta che se I'abitante della citta<br />
non va soggetto precisamente a ricorrenti malattie epidemiche,<br />
11 contadino aU'opposto e per I'aria che respira e per le altre<br />
cause contemplate, e piii pel dnro genere di vita cui mena, 6<br />
sottooosto a de' mali clie si possono a biion diritto cliiamare<br />
epidcmici, Sono questi neH'inverno avanzato ed in primavera i<br />
mali infiammatori di petto, Nell' inverno il vicendevole passaggio<br />
dalle stalle caldissime all' aria rigida e viceversa vi deve<br />
printipalmente contribuire ; nella primavera li rapidi cambia*<br />
menti dell'atmosfera non possono a meno di non influirvi egualmente.<br />
In estate inoltrato e nell'autunno le sovraccennate cause<br />
prodncono epidemicaraente le intermittenti d'ogni specie, non<br />
di rado perniciose, comunemente recidive e di lunga duratase<br />
pero queste vengano curate in tempo e con appropriati rimedi<br />
non riescono ordinariamente di difficile guarigione, sono desse<br />
fatdli se trascurate, o degenerano in croniche affezioni delle<br />
quali le piu comuni sono le ostru/ioni de' visceri del basso<br />
ventre, il volume morbosamente accresciuto de' medesirai, singolarmente<br />
della milza molto comune a' nostri contadini , le<br />
febbri lenti, le diarree colliquative, il marasmo, I'idropisia.<br />
Da quanto ho detto , superiormente si. puo comprendere<br />
sino a qual punto queste malattie d' indole epidemica possano<br />
dipendere dalle indicate cagioni.<br />
Non e da ommettersi che la nostra campagna nel progresso<br />
dell'inverno e nelia primavera e bersagliata da quando in quando<br />
dalla febbre petecchiale siccome lo fu negli ultimi anni , ma<br />
questo morbo provenendo da esterne cagioni non puo dirsi decisamente<br />
delle nostre campagne.<br />
La pellagra che ha esercitato negli anni addietro l' attenzione<br />
de' nostri migliori osservatori , che e tuttavia un arduo<br />
oggetto d' indagine presso i pratici e che credevasi dapprima<br />
malattia esclusivamente endemica dell'agro milanese , lo e egualmente<br />
del lodigiano. Sono gia parecchi anni ch'io I'ho qui<br />
riconosciuta e n'ho fatto partecipe il pubblico con una Memoria<br />
che sta impressa nel Giornale Fisico-Medico del prof. Brugnatelli<br />
di Pavia. Sgraziatamente pero per quanto siasi ed osservato<br />
e pensato su di essa , e sebben consti oramai abbastanz*<br />
che una tal malattia e tanto propria dell' agricoltore , che appena<br />
un caso o due fra le migliaja si vuole aver osservato in<br />
individai non lavoratori di campagna, la cagione del male non<br />
e ancora stabilita e quindi non determinato il metodo esclusivo<br />
di cura. Non riesce difficile di salvare I'infermo ne'primi gradi<br />
della malattia, il prolungargli i giorni quand'anche sia a certo<br />
segno avanzata; allora poi che e confermata, che il sistema ne e<br />
altamente attaccato, che le localita si manifestano coi segni di tabe<br />
a taluno o a diversi de' risceri esenziali alia vita, giacche nessuno<br />
n'e risparmiato , la morte e inevitabile. Nei primordi del<br />
rnr.le I'astenersi dal lavoro della campagna eseguito appieno