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una tassa di millecento lire al clero della citta e diocesi di Milano<br />
— ad proscquendam cauaam contra cpi^copum Laudensem<br />
cl Lnvdenses qui cxcomunicati sunt pro caplione cle'rico7'um<br />
Mediolani. — E la causa tiro innanzi ancora cinque anni, e doveva<br />
(inirla un Lotto degli Agli. Chi era cestui?... diranno alcuni<br />
cou miglior rngione che non ebbe don Abbondio quando<br />
s'incontro al nome di Carneade.<br />
« Gli Agli fiuono nobili fiorentini , e a Firenze c'e ancora<br />
la conlrada degli Agli che ricorda la nobilta antica di essa famiglia.<br />
Nel 1300 Cino e Brunello llgli di Ubaldino degli Agli<br />
eraiio nobili notai, e due anni dopo, partitosi Carlo di Valois da<br />
Firenze, gli Agli tennero la signoria della citta in cornpagnia<br />
di Corso Donati, Kosso della Uosa, Pazzino de'Pazzi, Geri Spini,<br />
Betto Bruneleschi ed altri {Cronaca di Dino Compogni, Wh. U).<br />
Le carte di Lodi del 1284 ci assisurano che Lotto fu di quella<br />
famiglia e di quella citta — Loins de Aids de Florentia miles<br />
et doctor legiim honorabilis pofcstas Laudae. — A questo podesta<br />
devono i Lodigiani la prima raccolta del privilegi imperiali<br />
e degli atti legali della loro autonomia comunale; raccolta<br />
preziosissima, in gran foglio di pergamena, che, ancorche mutilata<br />
, si conserva tuttavia nella biblioteca comunale di Lodi<br />
sotto nome di Liber Jariiim civitatis Laudae. Governo Lodi<br />
giusto 6 mite; ma, se crediamo ad alcuni commentatori di<br />
Dante, fini miseramente la vita. Dante lo dannerebbe all'inferno<br />
tra i violent! contro se stessi , e lo vide in forma di cespuglio,<br />
squarciato, sanguinoso e piangente invano con dolorosa<br />
sermo<br />
Jacopo, dicea, da Sanl' Andiea<br />
Che t'e giovalo di me fare schcrno ?<br />
Che colpa ho io della lua vila rea?<br />
Quando 'I Maestro fu sovr'esso fcrmo,<br />
Disse: Chi fusti, che per (ante punle<br />
Soni con sangue doloroso sermo ?<br />
E qucgli a noi: anime, che giunle<br />
Siete a veder lo sh'azio disonoslo,<br />
Ch'ha le mie frondi si da me disgiunle,<br />
Raccoglielele al pie del Irislo ceslo:<br />
lo fui della cilia che nel Balisia<br />
Cangio 'i primo padrone: ond'ei per questo<br />
ycniprc con Tarlc sua la fara Irisla:<br />
E se non fosse che in sul passo dWrno<br />
Rimane ancor di lui alcuna visia;<br />
Quei cilladin, che poi la rifondarno<br />
Sovra 'I cener che d'Allila rimase,<br />
Avreljber fatlo lavorare indarno.<br />
lo fci giiibello a mo delle mie case.<br />
Infcnin, canto XU!, in fine.<br />
« fi da notare — dice il Lana — che I'autore non fa men-<br />
« zione piii in singularita chi sia cestui: e puollo muovere due<br />
« cagioni. La prima e, che poiche gli ha detto ch'elli fue fio-<br />
« rentino, e assai notorio che nel suo tempo fue messer Lotto