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- 118 - Spettarono i Milanesi di questa citta anlichissima che alcuni tempj, mentre in que' secoli di civili discordie non alti'o che le case del Signore potevano meritare la cornpassione deirinimico. Com- piuta I'opera della distruzione, i milanesi condussero nelle loro prigioni quelli fra i Lodigioni die per I'eta cadentissima e per le infeiinita non poterono segnire i loro compagni nell'esilio, e poscia nuovamente sfogando la loro vendetta tagliarono le viti e le piantagioni delle campagne onde gli oppress! lodigiani tor* nando un giorno at loro deserti focolari non vi trovassero che desolazione e fossero necessitati a procurarsi I'alimento ramingando in estrania terra. Quindi seguendo i Milanesi la via che i miseri cittadini avevano calcata, fiiggendo dall'incendiata loro patria raccolsero nell'estate a loro prolitto le biade gia mature e distrussero le torri di Monlicelli un tempo fiorente castello sulle rive dell' Adda e quelle pur anco del vicino Castiglione o Casale Lupano, di S. Vito c. di Camairago onde non cadessero in mano dei (Jremonesi. Da quest'ultimo castello s'avvanzarono i Milanesi sulla cosla di Cavacurta onde minacciare nuovamente i Lodigiani ricoverati in Piceleone ed i Cremonesi che li avevano ospitati; ma i Lodigiani oltraggiati in tal guisa e quasi guidati dalla disperazione escirono da quella Rocca con alcuni abitanti di quel luogo e coU'ajuto di 26cavalieri cremonesi (1) e spiegando le insegne alfrontarono vicino a Cavacurta i Mila- nesi ai Campi detti di Salvaterra. Vogliono alcuni storici che i milanesi benche piii forti in numero, maravigliando dell'ardire dei lodigiani etemendo gli efTetti del loro disperato valore, stes- sero qualche tempo guardandoli, poscia levati i vessilli disor- dinatamente si ritirassero a Castiglione ove erano i loro accampamenti e che ivi non credendosi tuttavia sicuri si ritirassero quindi a Milano. Gli scrittori cremonesi ed alcuni lodigiani pero sostengono che si attaccasse la zuffa, e che i milanesi male col numero affrontando il valore si dassero alia fuga. Se vogliamo credere al Gabbiano (2) gli espatriati lodigiani durante la loro dimora in Piceleone vi innalzarono a loro spese un tempio che in memoria del santo loro protettore dedicarono a S. Bassano. Gli stenti pero e le miserie della guerra e del- I'esilio si aggravarono in modo in quel poveri cittadini che ben presto ne decimarono spietatamente le faraiglie. I cadaveri degli (1) Anlonio Campo: DelVhlit. di Cremona; Lorenzo Manini: Memorie Sto- riche di (Iremonii, t. 1: M. Borriardiiio Covw. Vhtoria di Milano, p. 1; Vitlorio Cadamoslo: Sloria di Lodi, ms.; Giov. Ball. Villai)ova: Istoria di Lodi, lib. 1; Giov. Maileo Manfredi: Vila dei Vescovi Lod. I. 2. ms. (2) Giacomo Gabbiano: Laudiade ms.
- 119 - estinti lodigiani venncro tumulati nella Chiesa di S. Pielro in Pirolo di Gcna (1) Udita in Germania da Federico Barbarossa la distrir/iono di Lodi e I'esilio sollerto da qiiei cittadini per mantenere ad esso la giurata fedelta scese furente in Italia onde far vendetta dei milanesi. Primo di lui atto fu di concedore ai lodigiani un luogo ove innalzar potessero una patria novella e da lui medesimo segnatine i confini sovra un promontorio chiamato Monte Eghezzone sulle rive dell'Adda o
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