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Gli studenti internazionali nelle università italiane - West

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VI RAPPORTO EMN ITALIA - GLI STUDENTI INTERNAZIONALI NELLE UNIVERSITÀ ITALIANEistruiti, provenienti dal continente asiatico e iscritti a un corso di laurea di primo o secondolivello.Casi più numerosi di coloro che invece beneficiano della concessione di una borsa distudio si riscontrano soprattutto tra gli <strong>studenti</strong> di sesso maschile, giunti in Italia negliultimi due anni, provenienti dal continente africano, frequentanti un corso di studi postlaureame iscritti presso un’università del Sud Italia.Come si è visto, la prima fonte di sostentamento è rappresentata dalla famiglia. Ciònonostante svolgere un lavoro, magari part time, parallelamente al percorso universitarioper gli <strong>studenti</strong> stranieri può risultare come una necessità, specialmente all’internodell’odierno scenario economico nazionale e internazionale nonché in presenza dell’attualecrisi economica che sta erodendo sempre più le capacità di spesa delle famiglie.Uno studente che si reca all’estero, infatti, ha una consistente serie di spese oggettiveda affrontare quali permesso di soggiorno e assicurazione sanitaria, tasse universitarie emateriale didattico, affitto e utenze da pagare, vitto, viaggi per tornare a casa e spesepersonali.In aggiunta, lo svolgimento di un’attività lavorativa può essere, in primo luogo, un’importanteesperienza per il raggiungimento dell’indipendenza economica utile a rafforzareil senso di responsabilità e lo spirito d’iniziativa; in secondo luogo può rappresentareun precoce impatto con il mercato del lavoro e un modo per aspirare a un collocamentoprofessionale possibilmente coerente con il proprio percorso di studi.Detto questo, il 34,6% degli <strong>studenti</strong> dichiara di svolgere un’attività lavorativa. All’internodi un quadro generale, l’universo di coloro che svolgono un lavoro è compostoprincipalmente da <strong>studenti</strong> di genere femminile (57%), di età inferiore ai 30 anni (71%),giunti in Italia prima del 2006 (40,7%) e caratterizzati da un basso status culturale familiare(41,5%). Inoltre chi lavora frequenta soprattutto un corso di laurea di primo livello(45,7%), appartenente al gruppo disciplinare economico, giuridico e sociale (44,3%), hala cittadinanza di un Paese europeo non membro UE (41%) ed è iscritto presso un’universitàdel Centro Italia (68,5%).Analizzando il lavoro per le singole variabili, mentre non si presentano differenzeconfrontando il genere maschile con quello femminile, per quanto riguarda le macro areedi cittadinanza, tra gli europei si registra la percentuale più elevata di <strong>studenti</strong> lavoratori(37,3%) seguiti dagli <strong>studenti</strong> americani e oceanici (34,2%), asiatici (33,5%) e africani(30,5%).Come illustrato nella Fig. 2.1, l’età ricopre un ruolo rilevante nella diffusione dellavoro. Infatti al crescere dell’età assistiamo a un aumento “fisiologico” della quota di<strong>studenti</strong> impegnati in un’attività lavorativa. All’interno della fascia fino ai 30 anni gli <strong>studenti</strong>lavoratori rappresentano il 31,9% mentre tra quelli di oltre 30 anni la percentualesupera largamente la media salendo al 44,2%.Anche il tempo di permanenza in Italia incide fortemente sul processo di inserimentonel mercato del lavoro. Tra coloro che sono presenti in Italia prima del 2006, infatti, quasi114

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