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Gli studenti internazionali nelle università italiane - West

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VI RAPPORTO EMN ITALIA - GLI STUDENTI INTERNAZIONALI NELLE UNIVERSITÀ ITALIANE(Danimarca, Finlandia, Giappone, Slovenia e Norvegia) con poco più di 100 <strong>studenti</strong>italiani ciascuno.Questa ripartizione mostra come, da parte italiana, si tratti di una <strong>internazionali</strong>zzazionestudentesca tutto sommato limitata quanto ai Paesi prescelti, che sono vicini culturalmentee/o geopoliticamente, in virtù della stessa appartenenza alla UE. Un altro aspetto chemerita di essere segnalato è che i principali Paesi prescelti sono stati tutti, nel passato,mete dell’emigrazione dalla Penisola, così che vi si trovano ancora consistenti collettività<strong>italiane</strong>; la stessa annotazione vale, dal resto, anche per quasi tutto il secondo gruppodi Paesi citati, che vengono dopo i primi sette, il che lascia intendere come, oltreall’attrattività degli atenei locali, nella scelta della destinazione abbia influito anche ilpassato migratorio.D’altra parte, né in Romania né tanto meno in Bulgaria e in Albania (dove le presenzedi universitari italiani sono ancora ridotte) si riscontra, al 2010, lo spostamento elevatodi <strong>studenti</strong> italiani di medicina o di odontoiatria cui prima si è fatto cenno. Il fenomenoappare limitato anche negli atenei più rinomati del Nord Europa e dell’Asia, dove peraltropuò essere più consistente la presenza di laureati, ricercatori o lavoratori altamentequalificati intenzionati a far valere le loro competenze.In generale, è sorprendentemente bassa la tendenza a studiare nei Paesi che hannoin Italia un numero elevato di immigrati: la Romania, ad esempio, accoglie 592 <strong>studenti</strong>italiani e ha quasi un milione di residenti in Italia, mentre per la Polonia si tratta di60 <strong>studenti</strong> a fronte di oltre 100mila immigrati nello Stivale. Un’analoga situazione sirileva anche per altri Paesi: Brasile (243 <strong>studenti</strong> italiani rispetto a 48.230 soggiornantibrasiliani in Italia), Russia (53 contro 37.090), Turchia (24 contro 21.248), India (18rispetto a 145.164), Filippine, Moldova e Serbia (ciascuno con meno di 5 <strong>studenti</strong> italianicontro, rispettivamente, 152.382, 147.519 e 101.554 propri immigrati in Italia). Le stessedue grandi collettività marocchina (506.369 immigrati) e cinese (277.570) non trovanouna corrispondenza con il numero degli <strong>studenti</strong> italiani che si recano in quei Paesi (eneppure, per quanto riguarda i marocchini, con quanti tra loro vengono a frequentare leuniversità in Italia).Nel valutare il grado di <strong>internazionali</strong>zzazione degli studi universitari bisognatenere conto non solo dei parametri rigorosamente scientifici utilizzati nell’elaborare legraduatorie, ma anche dell’impatto che possono avere le migrazioni: tornando al casodegli italiani che si laureano come odontoiatri in Romania, andrebbe infatti sottolineatoche al loro ritorno, rispetto a chi si è laureato in Italia, hanno un milione di potenzialiclienti in più (i romeni residenti in Italia, che potrebbero prediligere un medico checonosce la loro lingua e la loro cultura). Proprio su un piano squisitamente culturale,inteso che le migrazioni operano come un ponte vivo tra i popoli, va stigmatizzatoche in Italia, dopo 40 anni di esperienza migratoria che hanno portato a una presenzastraniera così consistente, gli scambi accademici con i Paesi di origine siano rimasti cosìscarsamente sviluppati.148

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