SECONDA PARTE. INDAGINE SUGLI STUDENTI INTERNAZIONALILa problematica del lavoro in neroQuasi la metà degli <strong>studenti</strong> stranieri che lavorano non ha un contratto regolare(47,8%) e lavora in nero, così come spesso avviene tra gli italiani. Le motivazioni chegiustificano tale pratica vanno rinvenute nella possibilità di risparmio sul costo del lavoroe di sfruttamento da parte dei datori di lavoro sia in merito al tempo lavorativo che allacondizione retributiva e a diversi aspetti contrattuali quali permessi retribuiti, festivitàsoppresse, ferie, tredicesima mensilità, trattamento di fine rapporto, aspetti fiscali,coperture previdenziali e assicurative. A tutto questo, ulteriori spiegazioni del lavoro innero sono legate, sul versante dell’offerta, alla maggiore facilità di reperimento di unimpiego, alla necessità di accumulare denaro il più rapidamente possibile per far frontealle onerose spese di vita quotidiana o al minor interesse da parte dello studente a unasituazione pensionistica per il fatto di considerare temporanea l’esperienza in Italia.Come mostrato dalla Fig. 2.4, maggiori irregolarità contrattuali possono essere osservateall’interno della componente maschile (52,2%). Oltre al genere anche il tempo dipermanenza in Italia ha un suo peso rilevante nel senso che all’aumentare degli anni dipresenza in Italia diminuiscono i casi di irregolarità contrattuale. Infatti tra gli <strong>studenti</strong>arrivati negli ultimi due anni solo 4 su 10 hanno un contratto regolare a differenza diquelli giunti in un periodo antecedente al 2006 tra i quali oltre 6 <strong>studenti</strong> su 10 hannouna posizione occupazionale regolare.In riferimento all’area geografica, si segnalano valori più elevati di lavoro in nero tragli <strong>studenti</strong> lavoratori iscritti presso le università del Centro Italia (49,6%) rispetto aquelli del Nord (39%) e del Sud (40,4%).Maggiormente penalizzati sono gli <strong>studenti</strong> più giovani (50,9%) e quelli caratterizzatida un basso status culturale della famiglia di origine. Tra di essi infatti oltre la metà sitrova in una posizione irregolare a fronte del 42,5% degli <strong>studenti</strong> che provengono da uncontesto familiare connotato da un tasso elevato di scolarizzazione. La stessa cosa si puòdire per quanto riguarda il titolo di studio posseduto. Infatti, all’aumentare del livello diistruzione si assiste ad una posizione contrattuale più favorevole. Ciò può essere notatodallo scarto di 7 punti tra gli <strong>studenti</strong> con licenza superiore e quelli in possesso di unalaurea (49,2% contro 56,3%).Situazioni di lavoro in nero sono inoltre maggiormente diffuse tra gli <strong>studenti</strong> iscrittia un corso di laurea magistrale o di vecchio ordinamento (50%) e tra quelli afferenti algruppo disciplinare scientifico-tecnologico con uno scarto di 13 punti rispetto a coloroche studiano discipline economiche, giuridiche e sociali (54,6% contro 41,7%).In ultimo, per quanto riguarda la macro area di cittadinanza, maggiori casi di lavoroal di fuori delle regole contrattuali si registrano all’interno della componente asiatica(57,3%) a fronte degli <strong>studenti</strong> europei il cui 57,1% svolge un lavoro in maniera regolare.121
VI RAPPORTO EMN ITALIA - GLI STUDENTI INTERNAZIONALI NELLE UNIVERSITÀ ITALIANEFig. 2.4: Regolarità contrattuale per genere, periodo di arrivo e area geografica (%)MaschiFemmine47,855,552,244,5Prima del 2006Tra il 2006 e il 2010Tra il 2011 e il 201240,250,861,759,849,238,3NordCentroSud50,461,159,649,638,940,40% 50% 100%RegolareIrregolareFONTE: International Student Survey EMN Italy-CNR/IRPPS-IDOSIl limitato invio delle rimesse economicheLe rimesse economiche costituiscono una fonte di reddito molto importante per iPaesi di origine degli <strong>studenti</strong>, incidono sul loro Pil e producono effetti positivi di caratteresocio-economico in vari ambiti quali l’educazione, l’alimentazione, l’abitazione ele cure mediche. L’afflusso delle rimesse inoltre può rappresentare una forma di investimentoperché incrementa il potere d’acquisto delle famiglie rimaste in patria, rafforzala bilancia nazionale dei pagamenti e consolida i legami con la diaspora veicolando nonsolo flussi in termini monetari ma anche sociali e culturali generando così “spazi socialitransnazionali”.Tuttavia, comprensibilmente, la pratica delle rimesse economiche non risulta essereparticolarmente diffusa tra gli <strong>studenti</strong>. Tra coloro che svolgono un’attività lavorativa,solo il 28,3% dichiara di inviare soldi ai familiari che vivono nel Paese di origine. La maggioranzanon spedisce soldi a casa (58,4%) mentre il 13,3% ha preferito non rispondere.Una delle principali ragioni della scarsità delle rimesse economiche risiede soprattutto,come si è già detto, nel carico economico che grava sugli <strong>studenti</strong> stranieri costretti adaffrontare un’ingente serie di spese per il loro percorso di studi e il loro mantenimento.Confrontando il genere, si può notare (Fig. 2.5) che la percentuale femminile è legger-122