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Gli studenti internazionali nelle università italiane - West

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SECONDA PARTE. INDAGINE SUGLI STUDENTI INTERNAZIONALIquelle che si riscontrano sul totale; tuttavia, la percentuale di quanti sono iscritti a corsidi laurea in scienze economiche, giuridiche e sociali è nettamente superiore a quantosi riscontra nel campione complessivo ed è quasi uguale alla metà del gruppo in esame,probabilmente perché questo tipo di lauree che dà accesso a un numero maggiore diposizioni qualificate: precedenti studi 16 hanno infatti mostrato che nel nostro Paese gliimmigrati laureati <strong>nelle</strong> scienze umane e sociali hanno una maggiore possibilità di trovareun lavoro consono alla propria qualificazione, dato che riescono a inserirsi nella societàitaliana come giornalisti, mediatori culturali, sindacalisti, ecc. Peraltro, in queste classidi laurea si iscrivono anche la maggior parte degli <strong>studenti</strong> che frequentano le università<strong>italiane</strong> 17 .Tra coloro che vivono in famiglia, le donne sono rappresentate in una percentualepiù alta di quasi 10 punti rispetto a tutto il nostro campione: questo dato, abbastanzasorprendente, può indicare o che le famiglie immigrate preferiscano che le ragazzeproseguano i loro studi restando in famiglia, mentre ai maschi è lasciata una maggiorelibertà di scegliere il luogo nel quale frequentare l’università, oppure (e questo è forsepiù probabile) che i maschi abbiano una maggiore propensione a lasciare gli studi dopoil diploma, o anche prima, per intraprendere un’attività lavorativa.Lo stare in famiglia è più comune tra coloro che provengono da Paesi europei non appartenentiall’UE, tra i quali questa condizione riguarda quasi un terzo degli intervistati;è invece più rara tra coloro che provengono da altre aree geografiche e in particolare tragli asiatici.Il livello di studi della famiglia d’origine è decisamente inferiore tra coloro che vivonoin famiglia rispetto a chi non lo fa: tra i primi, quasi la metà non ha nessuno dei duegenitori in possesso di un titolo universitario, mentre per i secondi ciò capita solo in unterzo dei casi (Fig.4.1).Questo è peraltro logico, considerato che i nostri dati indicano che coloro che vivono infamiglia sono per circa la metà i figli di immigrati giunti in Italia da tempo e questi spessonon erano in possesso di una laurea, mentre la scelta di fare studiare i figli all’estero per darloro una migliore formazione è tipica dei genitori più attenti al valore del titolo di studio.Quanto alla principale fonte delle risorse economiche, si può notare come tra coloroche vivono insieme alla propria famiglia quasi i due terzi ricevono da questa il sostegnoper mantenersi agli studi e solo un quarto ha una borsa, mentre tra coloro che sono soliin Italia queste percentuali si invertono. Non si notano invece differenze tra chi risiedee chi non risiede in famiglia sulle percentuali di quanti dichiarano di avere un lavoro,condizione peraltro non molto frequente in tutto il nostro campione: non è però possibiledistinguere tra coloro per i quali un lavoro saltuario è solo una fonte aggiuntiva di16Brandi M. Carolina, Migrazioni qualificate e migrazioni di tecnici. Stranieri in Italia ed Italiani all’estero,Working Paper CROCEVIA, Torino, 26 gennaio 2006.17MIUR, L’università in cifre 2009-2010, Roma, 2011. Cfr. http://statistica.miur.it/normal.aspx?link=pubblicazioni.137

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