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Gli studenti internazionali nelle università italiane - West

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TERZA PARTE - APPROFONDIMENTI SPECIFICI SUL CONTESTO NAZIONALENel corso del tempo questi istituti sono andati definendosi sempre più come centri diformazione aperti a tutta la comunità cristiana – dunque a <strong>studenti</strong> e docenti provenientida ogni parte del mondo – e chiamati a parlare a culture differenti, seppure all’internodella tradizione cattolica universale. L’esempio della lingua è in tal senso significativo. Seinfatti fino al Concilio Vaticano II vi si insegnava in latino, dopo il Concilio le lezioni hannoiniziato ad essere tenute in lingua italiana e, in alcuni casi, in lingua inglese. Questaseconda opportunità ha progressivamente indotto sempre più <strong>studenti</strong> stranieri a prediligerei corsi in inglese, ritenuti di più semplice accesso tanto per i docenti – anch’essi inmolti casi stranieri – quanto per i corsisti, agevolati gli uni nella comunicazione e gli altrinella comprensione. Oggi le università ecclesiali mostrano una capacità di <strong>internazionali</strong>zzazionee di adeguamento ai nuovi tempi superiore a quella di tante università statali,che invece non si rivelano sempre in grado di rispondere alle esigenze e alle difficoltàdegli <strong>studenti</strong> esteri. Una conferma della volontà delle università pontificie di acquisiresempre maggiore dinamismo e di offrire una formazione superiore di livello internazionale,è la loro partecipazione al “Processo di Bologna” per la creazione di un’area europeadella formazione superiore. A tale scopo, la Santa Sede ha infatti istituito l’Avepro, ossial’Agenzia della Santa Sede per la valutazione e la promozione della qualità delle universitàe facoltà ecclesiastiche.Nonostante siano frequentate per lo più da religiosi, il fatto che questi siano in buonaparte stranieri conferisce alle università pontificie uno status intermedio tra luoghi dellamigrazione e luoghi dell’alta formazione. Da una parte, infatti, fungono da luoghi discambio e di incontro internazionale e sono riconducibili al più ampio e complesso mondodelle migrazioni, dall’altro si configurano come luoghi in un certo senso privilegiatie protetti. Permettono così a molti cittadini esteri, per lo più provenienti da paesi incui l’accesso agli studi superiori è riservato solo alle classi sociali più agiate (e negato,quindi, alla parte maggioritaria della popolazione), di accedere a una formazione elevatache altrimenti non riceverebbero e di farlo in uno spazio protetto, che li tutela da tuttiquegli ostacoli che, invece, in condizioni normali, la normativa italiana sull’immigrazionepone nei confronti degli universitari di cittadinanza estera.<strong>Gli</strong> <strong>studenti</strong> stranieri che vogliano frequentare le università <strong>italiane</strong> devono infattiaffrontare numerose difficoltà: dalla preiscrizione da avviare prima ancora di entrare inItalia al vincolo del contingente di posti annualmente riservati agli stranieri da ciascunafacoltà; dall’eccesso di burocrazia ai ritardi nel rilascio o nel rinnovo del permesso disoggiorno (in molti casi rilasciato quando già prossimo alla scadenza); dalla poca informazionesulle procedure amministrative ai costi complessivi da sostenere per vivere da<strong>studenti</strong> all’estero; dai servizi di segreteria non sempre in grado di accogliere un’utenzastraniera alla carenza di corsi e lezioni in lingua inglese.A fronte di queste e altre carenze del sistema universitario pubblico, le universitàpontificie offrono invece una serie di garanzie e tutele che permettono a tanti <strong>studenti</strong>di paesi “svantaggiati”, da una parte di studiare e formarsi all’estero, dall’altra di farlo in195

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