SECONDA PARTE. INDAGINE SUGLI STUDENTI INTERNAZIONALImotivazioni, dimostra come queste presenze più stabili facciano in realtà riferimento alServizio Sanitario Nazionale.Tenuto conto della complessità del metodo di stima e delle relative differenziazionidell’universo preso a riferimento, i risultati dell’indagine non si discostano molto dallastima sulla spesa media di uno studente internazionale elaborata a giugno 2012 dallaFondazione Leone Moressa (vedi infra pp. 90-94), che pure teneva conto nella stima dellaspesa complessiva (oltre 1.200 euro al mese) anche delle tasse universitarie (importoestremamente variabile da un ateneo all’altro e molto più costose nel caso delle universitàprivate: si va dai mille a oltre tremila euro all’anno) e delle spese di viaggio per sé pertornare occasionalmente in patria in occasione di qualche ricorrenza o per i parenti pervisitare il proprio familiare impegnato a studiare in Italia.In conclusione, la presenza degli <strong>studenti</strong> <strong>internazionali</strong> innesca sull’economia nazionalenumerose ripercussioni positive. Come si è visto, questi <strong>studenti</strong> affrontano dellespese per sostenere il percorso di studi in Italia: costo del permesso di soggiorno, assicurazionesanitaria, tasse universitarie, materiale didattico, affitto e mantenimentodell’alloggio, vitto, trasporto e naturalmente tempo libero. La stessa legge stabilisce che,per ottenere l’autorizzazione all’ingresso e alla permanenza nel territorio nazionale, lostudente straniero deve dimostrare la disponibilità in Italia di mezzi di sostentamentosufficienti, comprovata mediante garanzie economiche personali o fornite da istituzioni<strong>italiane</strong> ed enti stranieri di accertato credito, per un importo mensile non inferiore a€417,30 per ogni mese di durata dell’anno accademico.Il preoccupante incremento del costo della vita per gli <strong>studenti</strong> fuori sede, inclusi gli<strong>studenti</strong> <strong>internazionali</strong>, può incidere potenzialmente sul diritto allo studio, vanificandola tutela di un diritto costituzionalmente garantito. Il fattore economico espone questigiovani al rischio di non poter portare a termine la carriera di studio a causa dei costidi mantenimento sempre più elevati. Nel solo 2012, cittadini di 128 Paesi hanno avutol’opportunità di essere ammessi a corsi universitari grazie alle borse di studio assegnateannualmente dal Ministero degli Affari Esteri a <strong>studenti</strong> stranieri e italiani residentiall’estero. Questa importante iniziativa, che mira a favorire la cooperazione culturale internazionale,riguarda però solo un numero ridotto dei numerosi <strong>studenti</strong> stranieri che sidistinguono per l’eccellenza del proprio curriculum studiorum. Nonostante anche i comuni,le associazioni e le stesse università offrano opportunità di borse di studio, rispettoad altri Paesi comunitari, gli incentivi economici dedicati agli <strong>studenti</strong> stranieri sonoancora limitati. Un maggiore impegno finanziario renderebbe l’Italia più attrattiva perquesti giovani e apporterebbe un prezioso contributo al sistema economico nazionale eallo stesso sistema universitario italiano.Il rapporto con la società italianaNonostante i problemi delineati in precedenza, una larga maggioranza degli intervistatigiudica buono il proprio livello di integrazione nella società italiana. I più soddisfat-129
VI RAPPORTO EMN ITALIA - GLI STUDENTI INTERNAZIONALI NELLE UNIVERSITÀ ITALIANEti sotto questo aspetto sono coloro che provengono dai Paesi europei non appartenentiall’UE, che giudicano positivamente questo livello in più dei tre quarti dei casi (Fig. 3.3)ed anzi per quasi un terzo lo giudicano eccellente. I meno soddisfatti sono gli asiatici, trai quali solo poco più della metà dà una valutazione completamente positiva. Anche pergli <strong>studenti</strong> africani questo giudizio è positivo solo nel 60% circa dei casi. Da questi dati,appare evidente che il giudizio è tanto meno positivo quanto più è grande la distanzaculturale tra il Paese d’origine e l’Italia.Fig. 3.3: Valutazione del proprio livello di integrazione in Italiain funzione dell’area geografica di origine (%)totale66,123,910,0America e oceania64,728,66,7Africa59,124,716,2Asia55,929,214,9Europa non UE77,017,55,50% 50% 100%buono o ottimo sufficiente negativoFONTE: International Student Survey EMN Italy-CNR/IRPPS-IDOSIl livello di integrazione viene ritenuto considerevolmente migliore dalle donne, dagli<strong>studenti</strong> di età inferiore ai 30 anni e, soprattutto, da coloro che sono in Italia da più tempo:tra coloro che sono nel nostro Paese da prima del 2006, quelli che valutano negativamenteil proprio livello di integrazione sono poco più del 5%, mentre tra chi è in Italia dameno i due anni il giudizio negativo riguarda più del 12% dei casi. Evidentemente, il livellodi integrazione nella società ospite cresce, come è naturale, all’allungarsi del soggiorno.Non ci sono invece differenze sensibili tra coloro che provengono da famiglie di diversostatus culturale, né tra chi lavora e chi non lo fa, né in funzione del titolo di studioposseduto dall’intervistato. Possiamo notare invece una marcata differenza tra quantifrequentano diverse tipologie di corsi: rispetto a chi frequenta corsi di laurea triennali omagistrali, coloro che frequentano i corsi post-lauream esprimono un giudizio sul proprio130