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Le Giornate del Cinema Muto 2006 Sommario / Contents

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Prog. 5<br />

THE LOVE FLOWER (Il fiore <strong>del</strong>l’isola) (D.W. Griffith, US<br />

1920)<br />

Regia/dir: D.W. Griffith; cast: Richard Barthelmess, Carol Dempster,<br />

George MacQuarrie, Anders Randolf, Florence Short, Crauford<br />

Kent,Adolphe <strong>Le</strong>stina,William James, Jack Manning; 35mm, 7022 ft.,<br />

94’ (20 fps), Patrick Stanbury Collection, London.<br />

Didascalie in inglese / English intertitles.<br />

The Love Flower, girato in fretta nei dintorni di Nassau (Bahamas)<br />

per onorare il suo contratto di tre film con la First National, viene<br />

generalmente liquidato da gran parte degli studiosi di Griffith<br />

come un tipico prodotto di routine realizzato a fin di lucro. E, in<br />

effetti, la sua trama contorta e la sbrigativa tecnica narrativa<br />

adottata da Griffith non contribuiscono sicuramente a sfatare quel<br />

giudizio negativo. I soli punti di forza di The Love Flower rimangono<br />

la suggestiva fotografia di Billy Bitzer, l’accattivante interpretazione<br />

di Richard Barthelmess e alcune sporadiche dimostrazioni di<br />

<strong>del</strong>irante devozione filiale, ma, valutato nel suo insieme, il film<br />

conferma l’impressione di un regista che sta segnando il passo in<br />

attesa <strong>del</strong> prossimo progetto importante – in questo caso, Way<br />

Down East. I film come The Love Flower costituiscono comunque una<br />

risposta abbastanza esauriente a quanti si interrogano sui motivi<br />

<strong>del</strong> notevole declino <strong>del</strong>la reputazione registica di Griffith a partire<br />

dagli anni Venti.<br />

Nel contesto più generalizzato <strong>del</strong>la produzione cinematografica<br />

<strong>del</strong> 1920, The Love Flower non è certo inferiore al prodotto<br />

corrente. Purtroppo, però, qui sono proprio gli aspetti <strong>del</strong> film più<br />

segnatamente griffithiani a scivolare allo stesso scoraggiante livello<br />

di mediocrità ascrivibile a un qualsiasi mestierante <strong>del</strong>l’epoca. A<br />

questo punto, il ritratto <strong>del</strong>la donna/bambina griffithiana come<br />

prodotto <strong>del</strong>la natura, sta assumendo un tono quasi parodistico.<br />

Guardando Carol Dempster sgambettare tra la schiuma dei<br />

marosi, intenta a sollevare ripetuti spruzzi con le braccia, o mentre,<br />

in posa virginale, contempla con l’occhio umido i pergolati di rose<br />

in un giardino, si rimane sconcertati dalla concezione superficiale e<br />

convenzionale <strong>del</strong>l’innocenza femminile da parte di Griffith. In tal<br />

senso, The Love Flower raggiunge il suo nadir quando Dempster,<br />

dopo aver vestito l’immancabile gattino con abiti da bebè,<br />

incoraggia l’abbraccio felino di un piccolo capretto. Da notare che<br />

questo momento di forzata tenerezza zoologica dovrebbe indicare<br />

il nascente istinto materno <strong>del</strong>la protagonista. Decisamente più<br />

riuscita è la esemplificazione <strong>del</strong>la maturazione emotiva di<br />

Margaret Bevan nella breve scena in cui la ragazza scorge una<br />

coppia di isolani intenta ad amoreggiare. Qui, senza affidarsi a<br />

sostituti animali, Griffith introduce un elemento di genuino<br />

desiderio attraverso un preciso punto di vista; questo approccio<br />

blandamente schietto e la lussureggiante atmosfera <strong>del</strong>la mise en<br />

scène provano che Griffith, coadiuvato dalla sensibilità compositiva<br />

90<br />

di Bitzer, sapeva raggiungere effetti decisamente meno datati.<br />

Il lento sviluppo <strong>del</strong>la relazione tra Margaret (Carol Dempster –<br />

ma al personaggio in altre fonti si fa riferimento anche col nome di<br />

Stella) e Jerry (Richard Barthelmess) trova il suo principale<br />

ostacolo nella convinzione da parte di Margaret che il ragazzo<br />

intenda collaborare alla cattura di suo padre Thomas Bevan<br />

(George MacQuarrie). Il contrasto interno di Margaret, che<br />

percepisce il rimedio al proprio isolamento sessuale come una<br />

minaccia al suo intenso legame col padre, si traduce in alcuni<br />

momenti di ravvivante collera, nel più evidente dei quali, armata<br />

d’ascia, fa colare a picco la barca di Jerry. Ma la narrazione distrae<br />

costantemente dal frisson psicosessuale che produce la sua<br />

attrazione per Jerry convogliando la sua rabbia sulla figura di Crane<br />

(Anders Randolf). Margaret prova ad ucciderlo per ben tre volte,<br />

in modo particolarmente spettacolare quando cerca di affogarlo,<br />

scena che offre anche l’opportunità per una emozionante sequenza<br />

subacquea. Nel complesso, però, la figura di Crane costituisce un<br />

intoppo agli sviluppi <strong>del</strong> tema più interessante <strong>del</strong> film: il dilemma<br />

di Margaret, divisa tra Jerry e suo padre. Ma il nodo <strong>del</strong>la decisione<br />

finale, in modo abbastanza incongruo, si risolve proprio nel non<br />

farle decidere alcunché: la trama le consentirà infatti di mantenere<br />

entrambi. (Anche se il film lascia intuire che il terzetto potrà<br />

restare unito solo a patto che continui a vivere sull’isola, lontano<br />

dai rigori <strong>del</strong>la legge). Però, proprio mentre ci viene annunciato che<br />

Margaret tornerà con Jerry da suo padre, quello che vediamo sullo<br />

schermo ci suggerisce l’esatto contrario. Il film si conclude infatti<br />

mostrando la foto segnaletica di Thomas Bevan (naturalmente<br />

fotografato in compagnia <strong>del</strong>la figlia) con la scritta “deceduto”, cui<br />

fa seguito una scena dei due giovani innamorati, soli, a bordo di una<br />

barca cinta <strong>del</strong>l’emblema <strong>del</strong> loro idillio: il fiore <strong>del</strong>l’amore. La<br />

grande forza espressiva conferita alle immagini legate alla storia<br />

d’amore tra Jerry e Margaret costituisce un’ulteriore conferma<br />

<strong>del</strong>la negazione <strong>del</strong> padre già annunciata nella sequenza<br />

precedente. Questa strana e contraddittoria conclusione, dove le<br />

immagini confutano l’enunciato <strong>del</strong>le didascalie, evidenzia un<br />

impulso a mantenere viva l’intensità <strong>del</strong> legame padre/figlia anche<br />

dopo la sua sostituzione con la nuova coppia. Se The Love Flower<br />

avesse posseduto per intero la stessa intensa suggestione dei suoi<br />

momenti finali, si sarebbe sicuramente meritato una rivalutazione<br />

meno circoscritta. – Charlie Keil [DWG Project # 591]<br />

The Love Flower, filmed quickly around Nassau in the Bahamas, as<br />

part of a three-picture deal with First National, is typically dismissed by<br />

most Griffith scholars as a potboiler the director made for the money.<br />

The convoluted narrative and often perfunctory technique Griffith<br />

applies to its telling do little to dispel that negative assessment. While<br />

The Love Flower boasts some atmospheric cinematography by Billy<br />

Bitzer, an engaged performance by Richard Barthelmess, and<br />

occasionally <strong>del</strong>irious demonstrations of daughterly devotion, it usually<br />

seems like the work of a director marking time until his next important

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