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momenti o dei processi per riformulare la propria identità rispetto alle variazioni che la vita<br />
presenta.<br />
Una conseguenza è che vi è nel gruppo una diminuita o evanescente capacità di trascendersi, di<br />
cogliere le variazioni e andare al di là delle sua attuale organizzazione e programmazione. Di<br />
conseguenza proliferano gruppi che funzionano bene nel loro stato nascente, per qualche tempo pare<br />
che debbano cambiare il mondo, ma dopo qualche tempo non esistono più, perché nel momento in cui<br />
un gruppo-istituzione non si sa trascendere o si chiude in sé, non ha più risorse, non vive, muore,<br />
diventa immanente.<br />
La singola istituzione fa difficoltà a sintonizzarsi con i problemi e sfide planetari o a viverli come<br />
concreti. Sempre più emerge una certa schizofrenia tra estrema razionalità puntuale della<br />
informazione e consequenzialità negli stili di vita e nella organizzazione concreta istituzionale.<br />
Manca o è scarsamente presente una metodologia di progetto sperimentale, una metodologia che<br />
sperimenta nuove possibilità davanti alle variazioni-bisogni-dsfunzioni emersi all'interno della<br />
istituzione, che spingono ad un cambiamento, ad una nuova una ipotesi di identità e di<br />
organizzazione. In genere si tenta di dilatare in maniera meccanica la identità-organizzazione in<br />
atto, senza rivederla strutturalmente. Per esempio questo è molto eclatante nelle scuole superiori<br />
dove sono stati introdotti tanti progetti per l'educazione alla salute, aggiungendo pezzi all'identità<br />
tradizionale senza porsi il problema di come riformulare e rigenerare la didattica, i programmi,<br />
l'organizzazione dei ruoli e delle competenze, l'osmosi tra scuola e entità-istituzioni extrascolastiche.<br />
I problemi interni e le spinte al cambiamento, derivanti dalle nuove sfide planetarie, vengono<br />
risolte con soluzioni abbastanza parziali e in sé opposte. Una soluzione, specie nelle congregazioni e<br />
gruppi politici, è quella di dire "torniamo alle origini, torniamo al fondatore", cioè a rinnovarsi con un<br />
ritorno allo stato nascente dell'istituzione. Si ritiene che col pasar degli anni vi siano stati<br />
cambiamenti troppo radicali, vi sia stata eccessiva flessibilità e libertà che richiede un ritorno alle<br />
origini, una regressione a un modello che si pensa sufficientemente forte e significativo, a un periodo<br />
storico dove si interpreta e si immagina che vi sia stata la pienezza di identità e vi possa essere<br />
anche la risposta alle sfide in corso. Facilmente questa tendenza porta a manifestazioni integriste<br />
che individuano l'opposto, il nemico da combattere proprio negli altri membri che non si riconoscono<br />
in questa "regressione nell'utero storico". Di conseguenza, facilmente gemmano dei movimenti<br />
parziali che si contrappongono alle stesse istituzioni al loro interno, ma non vengono riconosciuti dal<br />
gruppo stesso, per cui si creano conflitti tra queste spinte verso il nuovo che sono vissute come<br />
parziali o si fanno vivere come pericolose per la identità fondativa dell'istituzione. Un'altra soluzione<br />
è all'opposto una tendenza al "revisionismo", a un certo abbandono dei padri fondatori fino quasi a<br />
vergognarsi di epopee esaltate fino a pochi anni fa; si tende ad aderire sempre più a istanze<br />
immediate e contingenti che trasformano ogni prolusione programmatica in insalata di parole.<br />
Una conseguenza grave della evanescenza dei gruppi-istituzioni (scuola, parrocchia, partiti,<br />
associazioni, ecc.) fin qua tratteggiata è che, ove si tratti di agenzie maturative e formative per i<br />
giovani, il risultato è drammatico: la funzione uterina di quella istituzione non viene realizzata e il<br />
soggetto in età evolutiva transita inutilmente in quella istituzione, col rischio di portarsi dietro<br />
conseguenze abortive della propria specificità e ritardi di maturazione che vanno ad alimentare il già<br />
prosperoso fenomeno del disagio diffuso giovanile.<br />
Ho ritenuto opportuno trattare a sé il "gruppo mass media". Mi sembra che sempre di più i mass<br />
media stanno acquisendo una caratterizzazione peculiare che a sua volta ha a che fare col "disagio<br />
diffuso" e tende ad alimentarlo.<br />
Innanzitutto è il gruppo che ha manifestato cambiamenti più accelerati e più sostanziali ed ha<br />
saputo passare dalla carta stampata alle emittenze radiofoniche e televisive, ai sistemi telematici,<br />
alle reti globali che ormai fanno circolare ogni tipo di informazioni-immagini-suoni-opportunità di<br />
scambio a livello planetario.<br />
Mi sembra però che anche questo gruppo, o forse soprattutto questo gruppo, ha manifestato una<br />
evidente "separazione degli opposti". Innanzitutto la comunicazione si è separata dalla vita specifica<br />
e concreta ed è diventata essenzialmente informazione o trasmissione di pezzi di eventi-notizienozioni-descrizioni-interpretazioni.<br />
Questa separazione ha evidenziato una miriade di opposti,<br />
ognuno dei quali funziona per una parte specifica di realtà. Infatti, i mass media sono diventati<br />
quasi esclusivamente ancelle dell'economia e dei gruppi sociali che la gestiscono e la alimentano,<br />
parti di proprietà di una logica che deve mantenere e stabilizzare equilibri funzionali a quanto<br />
abbiamo fin qua già descritto.