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Prima della seconda guerra mondiale, in gran parte delle nazioni, comprese quelle occidentali,<br />
era ancora presente una organizzazione di vita che indicherei col nome "villaggio-mondo". É una<br />
mondialità che ormai non c'è quasi più, almeno in Occidente, e quindi non è più un'esperienza<br />
viva, ma al massimo è una metafora, una realtà virtuale.<br />
L'immagine che meglio sintetizza questo mondo è quella di un albero secolare piantato da<br />
sempre nel terreno, totalmente dipendente dalle sue radici fittamente diramate in quell'humus e<br />
in alcun modo spostabile o trasportabile altrove.<br />
Ma vediamo più in dettaglio alcune caratteristiche di questo mondo secolare ormai perduto.<br />
Ovviamente si tratta di caratteristiche generali, che si sono lentamente modificate nel tempo fino<br />
al loro recente scoppio in maniera diffusa.<br />
Il tempo-spazio ingabbiato<br />
Al tempo del villaggio-mondo, ogni singolo villaggio era un globale in cui era contemplato un<br />
po' tutto e in cui era compresa tutta la realtà di vita che si poteva esprimere nel corso<br />
dell'esistenza. Anche paesini, distanti dodici-tredici chilometri, erano come dei mondi a sé: cioè<br />
avevano al loro interno una serie di caratteristiche peculiari, di radici inscindibili, che facevano sì<br />
che l'individuo per tutta la vita dovesse vivere ingabbiato in quel piccolo villaggio, come se vivesse<br />
nel mondo, nell'unico mondo per lui possibile.<br />
Infatti, ogni villaggio era separato da un altro da distinzioni-distanze notevoli, inconciliabili,<br />
fisse. Pur collocandosi a pochi chilometri, un diverso villaggio rappresentava un altro mondo,<br />
quasi come lo fu l'America per Cristoforo Colombo. Solo per alcuni servizi o scambi obbligatori si<br />
accedeva al villaggio-mondo vicino impegnando molto tempo nel trasporto, affidato com'era alle<br />
proprie gambe o ad alcuni animali domestici. Dalle nostre parti, nel subappennino dauno, solo a<br />
pochi fortunati poteva capitare una occasione, unica nella vita, di fare il viaggio di nozze sul<br />
carretto e percorrere ottanta-cento chilometri per andare sul Gargano, vedere il santuario di San<br />
Michele o andare a Manfredonia per vedere il mare. Era un'esperienza straordinaria che<br />
scioccava e durava indelebilmente per tutta una vita, perché si dovevano attraversare distanze e<br />
distinzioni enormi, ed era un tuffo in qualcosa di inedito. Al rientro da quel viaggio avventuroso,<br />
il perimetro del villaggio diventavano i veri confini del mondo in cui passare la totalità della vita.<br />
Per quelli più sfortunati, che non avevano di che sopravvivere, si aprivano le porte<br />
dell'emigrazione, ma era una strada quasi sempre senza ritorno. In quel mondo, dunque, era<br />
difficile spostarsi, si era appunto come degli alberi piantati nella terra a vita. Le persone avevano<br />
bisogno delle radici, di quelle radici per vivere, come lo è un paziente comatoso col respiratore<br />
automatico; avevano bisogno di quegli aspetti fondamentali presenti nel loro mondo, perdendo i<br />
quali c'era il rischio di smarrirsi.<br />
In definitiva il territorio di vita nel villaggio-mondo era più simile a una gabbia o, al massimo,<br />
a uno zoo-safari ben recintato e senza sfuggite, in cui gli animali ad ogni nascere del sole vedono<br />
le stesse cose e le stesse sequenze di eventi lasciati la sera, prima di addormentarsi.<br />
L'economia naturale<br />
Le persone erano soprattutto impegnate a soddisfare i bisogni primari del vitto, dell'alloggio,<br />
della procreazione, di un vestiario sobrio. Bisogni che andavano soddisfatti attingendo<br />
esclusivamente al territorio in cui si era radicati: un territorio caratterizzato da un clima, una<br />
flora, una fauna, risorse, opportunità, limitazioni, cicli, che erano ben circoscritti, univoci e<br />
generalmente definitivi. L'organizzazione economica era basata essenzialmente sulle persone e<br />
sulla loro manualità, con una divisione di lavoro soprattutto legata ai sessi e alle fasce d'età o alle<br />
competenze evidenziate sul campo. Le risorse economiche e tecnologiche che si potevano<br />
consumare erano naturali ed erano quelle di cui disponeva il proprio habitat. Essendo le uniche<br />
forme di energia quelle derivate dalla natura, dalle piante, dagli animali, dalla forza lavoro delle<br />
braccia umane, nel villaggio-mondo più c'erano forze lavoro maschili, più una famiglia aveva figli<br />
maschi, e più era benedetta; perché senza forza lavoro non si viveva, non si trasformava la realtà.<br />
Così come, più si viveva in ambienti ricchi di piante, di animali e di braccia-lavoro, e meglio era.<br />
Ognuno doveva aspettare la stagione adatta per mangiarsi quel frutto che solo allora c'era. Il ciclo