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conoscenti per i loro figli o parenti, tra i diciassette e i vent'anni, che "davano i numeri". In pratica<br />
in quegli anni, rispetto alle precedenti osservazioni, si verificò uno strano aumento di giovani che<br />
improvvisamente presentavano degli episodi deliranti-allucinatori, di depressione profonda o<br />
maniacali, delle situazioni border-line, che non mi sembravano inquadrabili secondo la "vecchia"<br />
psichiatria come schizofrenie adolescenziali o "ebefrenie" o psicosi giovanili. Né si trattava dei<br />
quadri psicotici in cui avevo visto sfociare alcune pseudo-tossicodipendenze, che inizialmente<br />
facevano da copertura a sottostanti problematiche psichiatriche. Né, meno ancora, si trattava di<br />
situazioni psicotiche che avevo visto comparire in giovani che da tempo facevano uso di sostanze<br />
allucinogene-destrutturanti dal punto di vista "psiché".<br />
Mi resi conto che si trattava di una nuova generazione di disagi giovanili che si presentavano<br />
sin dall'inizio come problematiche francamente e primariamente "psichiatriche". Era come se la<br />
psiché della persona fosse così indifferenziata, così evanescente, così friabile che non solo non<br />
riusciva a trovare più aiuto dalle sostanze psicotrope, ma anche davanti a piccoli test di carico<br />
della realtà si spappolava, si frantumava si psicotizzava, diventava tanti pezzetti con tutta una<br />
serie di conseguenze nel funzionamento. Mi resi conto che l’esterno non riusciva più ad aiutare<br />
questi giovani, come fino ad allora li avevano aiutati la partecipazione sociale, la contrapposizione<br />
violenta, l’uso delle sostanze psicotrope; ormai il mondo interno di queste persone non riusciva più<br />
ad essere aiutato da niente che fosse esterno. Ed era un mondo fragile che si rompeva; e<br />
rompendosi, frammentandosi, uscivano tanti pezzi di quella persona "fuori dal solco" e il soggetto<br />
"delirava" (che significa appunto: "de":"fuori", e "lira": "solco").<br />
Proverò, comunque, a presentarvi quali erano alcune linee di tendenza che mi fecero ritenere<br />
"nuove" queste problematiche psichiatriche giovanili, pur essendo esse già note alla Psichiatria.<br />
I fattori rischio<br />
Conoscendo già in precedenza le famiglie e i soggetti, mi rendevo conto che in queste problematiche<br />
erano pochissimo rilevanti o inesistenti fattori strettamente legati alla ereditarietà<br />
familiare o alla tipologia della famiglia di appartenenza. Inoltre, non vi erano significativi episodi<br />
traumatici precoci o grosse deficienze relazionali, né vi era una specifica caratterizzazione socioambientale.<br />
Infatti, la famiglia era sufficientemente "devota", il contesto socio-culturale ed<br />
economico non era molto ai margini. Insomma non rilevavo nulla di "particolare", intendendo per<br />
"particolare" le caratteristiche che gli psichiatri indicavano come significative per le psicosi<br />
giovanili.<br />
Mi resi conto, invece, che questi nuovi disagi presentavano una caratterizzazione epidemiologica<br />
simile a quella manifestata inizialmente dalle Tossicodipendenze Giovanili. Infatti<br />
erano significative: l'appartenenza ad una determinata fascia d'età; la complessità del contesto in<br />
cui si era inseriti, anche se era meno netta che per i precedenti disagi; la prevalenza del contesto<br />
urbano rispetto a quello di paese o rurale, anche se mi resi conto che questi nuovi disagi,<br />
stranamente, erano diffusi anche in ambienti piccoli, caratterizzati da relazioni che potremmo<br />
dire, tra virgolette, abbastanza sicure. Altro aspetto simile alle Tossicodipendenze era la<br />
possibilità di una certa diffusione all'interno del gruppo giovanile, attraverso induzione diretta o<br />
indiretta da parte di soggetti che già manifestavano quel disagio in modo più o meno conclamato.<br />
Il quadro clinico<br />
Poco inquadrabili secondo la "vecchia" psichiatria mi parevano alcune manifestazioni del<br />
cosiddetto "quadro clinico".<br />
Innanzitutto erano situazioni che convivevano con alcuni aspetti o alcuni momenti<br />
dell'interessato che potremmo dire "normali" o "non psicotici". Era come se queste manifestazioni<br />
si combinassero con aspetti e funzioni "accettabili" della persona, del suo comportamento.<br />
Il decorso, infine, pareva bizzarro: spesso l'evento "psicotico-borderline" era circoscritto nel<br />
tempo. In genere durava qualche settimana con una facile ricomposizione e un ritorno alla<br />
situazione precedente con una buona capacità di ritornare a stare quasi bene e rifare le cose<br />
"normali" di prima, di manifestare un adattamento non problematico, di inserirsi nella realtà<br />
anche se con una certa fragilità di fondo. Ma come facilmente si ricomponevano, altrettanto<br />
facilmente potevano ricomparire episodi similari a distanza di mesi.