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«E a sentirci strapazzate tutte le nostre cose ci veniva sempre più la voglia di tornare in reparto tra<br />
"malati non di eroina"… farci i nostri bei gruppi… non girare sempre a vuoto… sentirci insomma persone<br />
diverse, impegnate in scambi significativi e produttivi. La "diversità" è l'esperienza che sopraggiunge<br />
prima o poi nell'esperienza col tossico: come persone ci si sente a livelli "diversi", con barriere e<br />
difficoltà poste questa volta dalle sue abitudini e dalle sue necessità, con ritmi che contrastano<br />
attivamente coi ritmi e le necessità di chi vorrebbe aiutarli!… è la prima doccia fredda. (…).<br />
«Nei suoi confronti allora diventai più rigido e ruppi ogni rapporto, dopo che se ne venne a casa mia<br />
per le solite richieste e se ne uscì in preda ad una reazione tra l'angoscia e l'isteria. Dopo tanto tempo<br />
di convivenza e di tolleranza, "rompere" diventa difficile e angosciante... come un divorzio alle nozze<br />
d'argento. Tuttavia se si vuole che il rapporto con l'altro sia reale e corretto non ci si può morsicare la<br />
coda per l'eternità, né possiamo sempre rimuovere o banalizzare la rottura se già ce la portiamo<br />
dentro. E poi anche il "rifiuto" deciso, se ben fatto, può valere quanto o più di un legame o altra<br />
confusività. L'importante è che il "contratto" col tossico sia chiaro sin dall'inizio e le regole siano<br />
concordate; non rispettare le sanzioni previste perché non ce la sentiamo o perché temiamo una<br />
reazione catastrofica, può creare una irrimediabile confusione e soprattutto può togliere al nostro rapporto<br />
e al nostro ruolo ogni significatività e declassarci a uno dei tanti momenti di banale sbattimento<br />
del tossico. (…).<br />
«D'altra parte meglio questo rifiuto, questo volersene sbarazzare piuttosto che continuare con<br />
interventi frammentari, senza capo né coda, fatti solo perché i tossicomani non si potevano cancellare<br />
come il gesso. …"Mors tua, vita mea!". Il rifiuto è una tappa cui prima o poi si arriva... se è vero che<br />
uno dei nostri istinti più primordiali è quello di autoconservarsi. E non può essere diversamente: si<br />
può dare la propria vita forse per chi si ama, ma non per chi ha già i suoi amori e del nostro può farne<br />
l'uso che vuole. Insomma prima o poi il sentirsi "diversi" rispetto al tossico porta ad una<br />
separazione...... a mettersi ognuno nei propri solchi! e cosi capita che il figlio viene sbattuto fuori di<br />
casa ... il genitore non mette più l'avvocato perché in questo modo il figlio sia trattenuto il più a lungo<br />
possibile in carcere… il cervello farnetica che un accidente qualsiasi lo prenda... o addirittura pensa<br />
di farlo fisicamente fuori e amen! Sono tutti indici che il morto puzza troppo e ci stiamo troppo<br />
attorno; …bisogna invece cambiare aria, ristorarsi adeguatamente e poi vedere il da farsi. (…).<br />
«E in mancanza di nuove trovate ci veniva da disperare e fare un "colpo di testa", se si vuole anche<br />
spettacolare …uno di quelli che frequentemente avevamo riscontrato nelle malate mentali all'inizio<br />
della loro "carriera". È questa una fase assai delicata, comune ad ogni persona che ha dovuto o voluto<br />
resistere in questi affari. Trovarsi senza ipotesi è un po' come inorridire e tremare davanti all'ignoto;<br />
…non sapere più "che cosa fare" per una persona e cosa farne del rapporto significa dover accettare<br />
che tra due storie non c'è nessun punto in comune o di contatto. E tutto questo porta a smarrirsi, a lasciarsi<br />
invadere, a cadere davanti al più forte con il quale abbiamo conteso e perduto, a seguire il<br />
primo impulso e a finirla con un gesto plateale. Prendere una decisione in queste condizioni è sempre<br />
pericoloso… quanto meno affrettato. Bisogna invece saper aspettare e prima di decidere conviene<br />
cercarsi un fuoricampo, una "ferie mentale" che ci ridia una postazione più equilibrata e panoramica.<br />
(…).<br />
Sono comuni le posizioni "interlocutorie" o di attesa, specie in chi è costretto a rimanerci in queste<br />
storie o perché genitore o perché ci lavora oppure solamente perché non vuole mollare e basta e vuole<br />
prendere tempo. Giudicarle troppo pesantemente è da "non addetti ai lavori"!» 9 .<br />
Terza stazione: separati in casa<br />
Ove non c'è la possibilità di sciogliere il rapporto forte, perché a vario titolo obbligati a stare<br />
nello stesso tetto, si è spinti a trovare nuove strategie e "con-vivenze".<br />
«Comunque, un po' il clima sindacale, un po' la noia di non vedersi tossicomani attorno, un po' la voglia<br />
di andare avanti e riprendere la sperimentazione ... e così tornarono le fiale di Morfina. Chi<br />
giudica stando fuori, può non capire questa altalena di posizioni o risposte e la può considerare<br />
espressione di confusione e/o debolezza. Sarà pure così, ma a contatto coi "diversi" o ci si separa<br />
nettamente fin dall'inizio rifiutandosi in tutto, oppure bisogna capire che non esiste un processo ben<br />
definito... che non esiste "la" posizione o "la" soluzione... che se si vuol fare un cammino reale bisogna<br />
lavorare come a un ricamo a saper tramare continuamente avanti e dietro e, se occorre, sapersi inventare<br />
un "punto" a sorpresa e fuori traccia. Un po' quello che gli scienziati chiamano<br />
"sperimentazione". (…).<br />
«Mi convinsi che a questo punto scelte non ne avevo e mi toccava scendere ad un nuovo "compromesso"<br />
... proprio come la "Monaca di Monza". In queste storie non si sfugge al "compromesso" e con rapidità<br />
si scende di "classe"; pure chi si afferma "nobile" cambia sangue velocemente e presto è costretto a bere<br />
l'acqua amara e gli altri cibi prima rifiutati! Solo chi ancora non entra in questo pianeta si può<br />
9 M. Loiacono, op. cit., p. .