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Le altre competenze riguardavano proprio le feste, l'istruzione, lo spettacolo, periodi di<br />
impoverimento e di carestia, necessità di particolari attrezzi in alcune circostanze, malattie di<br />
vario tipo e grado, eventi traumatici, la morte, ecc..<br />
La prima soluzione, imposta dall'economia naturale e sancita dalla cataratta culturale, era<br />
proprio il movimento "ciclico" che si svolgeva durante l'anno: come in un cerchio, lo stesso punto<br />
era la fine di un precedente movimento e l'inizio del successivo, chiudeva una prospettiva e ne<br />
apriva una similare fatta delle medesime tappe e fasi prevedibili come le stagioni o i movimenti di<br />
una sinfonia. Ogni parte o evento si svolgeva solo in un determinato tratto del cerchio, colorava di<br />
intensità unica quel particolare periodo, poi subito si chiudeva senza mai determinare tolleranza<br />
o abitudine, pronto a ripresentarsi fresco e attraente alla stessa data, dopo essere stato a lungo<br />
atteso e pre-gustato.<br />
In questo grande cerchio dell'anno solare si situavano feste, legate per lo più a eventi-simboli<br />
religiosi e al ciclo dell'anno liturgico. Ogni festa aveva un suo cerimoniale, una sua<br />
regolamentazione culinaria e di abbigliamento, un cassetto di sogni-simbologie di vitaidentificazioni-rappresentazioni-festosità<br />
che rendevano quel breve periodo una potente<br />
immersione negli archetipi di vita e una efficace situazione per ribadire gerarchie-alleanze-regole<br />
tribali-utopie già rimandate o da riproporre procrastinandole nel tempo futuro. Particolare risalto<br />
aveva la festa patronale, quasi sempre d'estate, quando era disponibile il piccolo reddito della<br />
raccolta dei campi, quando si poteva abbinare fiere di animali e di strumenti vari di lavoro e<br />
quando il corpo poteva essere ornato e lo si poteva sfoggiare in parte scoperto alla vista dei<br />
compaesani durante lo "struscio" per il corso principale del paese.<br />
Nelle feste era possibile consumare vini più pregiati o "rosori" domestici a maggior gradazione:<br />
"dosi" di sostanze psicotrope e virtualizzanti, quasi ritualmente regolamentate, così come lo erano<br />
nel loro consumo quotidiano. L'animazione, in casa o all'aperto, era affidata a improvvisazioni di<br />
persone più estroverse o più addentrate nell'esecuzione della quadriglia o di balli in voga. La<br />
componente musicale si avvaleva di artisti locali e strumenti spesso fatti in proprio: falegnami,<br />
barbieri, sarti, che avevano appreso l'uso dello strumento da maestri di pari estrazione nei pochi<br />
momenti di pausa o di fuoricampo concessi nel salone o in bottega. Ogni festa aveva un suo<br />
repertorio di canti e cantilene, specie quando si abbinavano a manifestazioni all'aperto, a<br />
processioni o a "cavalcate" verso santuari presenti in zona: vere e proprie rappresentazioni<br />
viventi che distribuivano a tutti un ruolo nel grande palcoscenico rappresentato dalla vita stessa<br />
o dalla stessa manifestazione.<br />
Particolare vigore collettivo aveva la festa di carnevale con la sua orgia di travestimenti<br />
semplici, di visi truccati col carbone per ironizzare e ridere della pesante realtà quotidiana, di<br />
salsicce e altri insaccati di maiale spesso raccolti dai bambini che si prestavano a piccole tournée<br />
di casa in casa ripetendo detti-poesie-recite-stornelli attinenti al carnevale. La mezzanotte del<br />
martedì grasso, al rintocco delle campane a morto, tutti piangevano senza lacrime il manichino<br />
appeso al balcone o portato cadavere in processione per essere bruciato alla fine dell'ultimo<br />
rintocco: l'ultimo segnale per poi immergersi nel silenzio austero della Quaresima e dei quaranta<br />
giorni senza carne, pieni di astinenza e "fioretti" vari, senza poter celebrare nessun rito di gioia e<br />
celando alla vista ogni statua di Cristo-santi-Madonne presenti in chiesa. E questo fino alla<br />
domenica di Pasqua, quando tutto riesplodeva nel suo vigore e ciò che era rimasto in quarantena<br />
si faceva di nuovo vedere-gustare-sentire.<br />
L'istruzione pubblica era quasi inesistente e non andava più in là di qualche classe<br />
elementare, fatta rubando un po' di tempo al lavoro in casa o nei campi; la trasmissione di<br />
competenze era affidata soprattutto alla epistemologia filosofica popolare. L'albero della<br />
conoscenza, infatti, veniva trasmesso attraverso proverbi, aneddoti, racconti riguardanti<br />
personaggi significativi ed emblematici, storie tratte da romanzi a loro volta rielaborate con<br />
aggiunte e rimaneggiamenti. Il momento fondamentale della trasmissione si situava nella vita<br />
stessa, quando venivano presentate o ricordate pillole di saggezza popolare o di esperienze<br />
antenate mentre era in corso un evento-comportamento a cui quella pillola era adatta o riferita.<br />
Talora, specie d'inverno, vi erano veri e propri cerchi attorno al braciere o al tavolo, così come<br />
alcuni discendenti dei Dogon dell'Africa continuano a fare al chiaror della luna attorno al grande<br />
albero del villaggio. In questo cerchio di persone in ascolto, il narratore adulto riportava