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di Stefano Di Marino - Words from Italy

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— Adesso — urlò a se stesso Julius con il sangue che gli colava dalle<br />

labbra. Compì un piccolo salto in avanti affondando il tallone nello stomaco <strong>di</strong><br />

Lo Shang. Ancora, ancora. Calcio circolare, ginocchio, gomito. Proprio come a<br />

Bangkok quando si guadagnava da vivere come pugile thai.<br />

Un ultimo calcio colse Lo Shang alla mascella facendolo barcollare.<br />

Il cinese possedeva una forza spaventosa, qualsiasi altro uomo sarebbe<br />

crollato, al suo posto.<br />

Urlò <strong>di</strong> rabbia per infondersi coraggio. Con una mossa rapi<strong>di</strong>ssima sguainò<br />

la corta spada che aveva sempre con sé.<br />

L’acciaio brillò promettendo solo morte.<br />

Con un urlo il cinese si lanciò all’attacco.<br />

Julius scattò in<strong>di</strong>etro, evitando <strong>di</strong> misura un fendente. Scartò <strong>di</strong> lato,<br />

afferrando il polso <strong>di</strong> Lo Shang. Il cinese, travolto dal suo stesso slancio, trovò<br />

il vuoto <strong>di</strong>nanzi a sé. Julius affondò la tibia contro le costole del nemico. Una,<br />

due volte, urlando per concentrare tutta la forza in quei colpi. Contorse il polso<br />

armato in una leva, che costrinse il braccio del cinese <strong>di</strong>etro la schiena.<br />

Lo Shang era un rinoceronte. Tutti i suoi dorsali si contrassero per evitare la<br />

leva.<br />

Le <strong>di</strong>ta <strong>di</strong> Julius cercarono un punto sensibile all’altezza del gomito,<br />

affondandovi con rabbia. Lo Shang urlò <strong>di</strong> dolore. Julius lo sgambettò<br />

lasciandosi cadere sopra <strong>di</strong> lui.<br />

Nella caduta il braccio costretto a un angolo innaturale uscì dalla spalla.<br />

Era il momento <strong>di</strong> finirla con i giochetti. Lasciata la presa del braccio ormai<br />

inservibile, Julius afferrò con entrambe le mani la testa <strong>di</strong> Lo Shang. Strattonò<br />

in<strong>di</strong>etro, spingendo con gli avambracci sulle scapole del cinese. Questi non<br />

oppose che una debole resistenza.<br />

Durò poco; non più <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci secon<strong>di</strong>, durante i quali Julius lottò contro il suo<br />

istinto. Doveva andare fino in fondo. Nessuna pietà. Le vertebre cervicali <strong>di</strong><br />

Lo Shang si ruppero d’un colpo con un rumore secco. Il cinese si agitò per un<br />

secondo, poi si abbatté al suolo.<br />

Morto.<br />

Julius si staccò da lui in preda a una convulsione nervosa. Aveva gli occhi<br />

pieni <strong>di</strong> lacrime per la tensione e il fiato mozzo. Poche volte nella vita gli era<br />

capitato <strong>di</strong> prenderle così forti, ma tutto sommato Lo Shang era morto e lui era<br />

vivo.<br />

La missione continuava. Era salvo e la sua copertura non era saltata.<br />

— 100 —

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