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di Stefano Di Marino - Words from Italy

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AppuntAmento A SAmAringA<br />

1<br />

Visto dalla murata del Malacca Queen, il mare pareva un’immensa <strong>di</strong>stesa <strong>di</strong><br />

piombo liquido, increspata <strong>di</strong> tanto in tanto da bave bianche <strong>di</strong> spuma. Pioveva<br />

dal cielo scuro e raffiche <strong>di</strong> vento sferzavano il viso <strong>di</strong> Julius Colleoni.<br />

Intabarrato in una cerata che un tempo era stata gialla, il mercenario cercava<br />

invano un angolo dove smaltire il mal <strong>di</strong> mare che da due giorni non gli lasciava<br />

tregua.<br />

Vana speranza: sotto i colpi del mare il rollio del vecchio cargo all’aperto era<br />

ancora più frenetico.<br />

L’uragano che spazzava quella regione da settantasei ore non accennava<br />

a <strong>di</strong>minuire d’intensità e la costa <strong>di</strong> Samaringa era ben lungi dal profilarsi<br />

all’orizzonte.<br />

Julius afferrò un gancio metallico che sporgeva dalla struttura tozza del<br />

motopeschereccio. Faticava a mantenere l’equilibrio.<br />

Per il momento la sua copertura reggeva, ma non aveva ancora fatto<br />

passi avanti per stabilire un contatto con Jaga Thanut, la bella avventuriera<br />

moluccana che, da Singapore, doveva portarlo nel cuore dell’organizzazione che<br />

sovvenzionava il Malayan Communist Party.<br />

Singapore, la missione, il pericolo... sembravano lontanissimi nella mente <strong>di</strong><br />

Julius.<br />

Da giorni non viveva che <strong>di</strong> mare e <strong>di</strong> rollii.<br />

Il Malacca Queen era un battello che aveva più del veliero <strong>di</strong> Caronte che del<br />

cargo. Eppure era l’unico contatto con l’isola <strong>di</strong> Samaringa. Una volta al mese<br />

congiungeva al resto del mondo quello scoglio coperto interamente da foresta<br />

lussureggiante, a nord del mare <strong>di</strong> Giava. Era più uno scenario da romanzo <strong>di</strong><br />

pirati che il teatro <strong>di</strong> una partita tra servizi segreti.<br />

Eppure qualcosa si celava su quello scoglio, qualcosa che partiva da Piazza<br />

Drezlynsky, Mosca: la sede del KGB.<br />

Qualcosa <strong>di</strong> legato, anche se il nesso per ora rimaneva inspiegabile, al<br />

contrabban<strong>di</strong>ere <strong>di</strong> droga conosciuto come Hakermann.<br />

Jaga Thanut era il suo contatto, un’avventuriera color caffellatte, con gambe da<br />

copertina e occhi fred<strong>di</strong> come quelli <strong>di</strong> un cobra.<br />

— 3 —

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