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Burocrazia e fisco a Napoli tra XV e XVI secolo<br />

solerzia con cui la Sommaria controllava l’operato dei funzionari regi faceva sì<br />

che i fenomeni di corruzione non arrivassero mai ad assumere una dimensione<br />

endemica inducendo i funzionari coinvolti a pensare che tali comportamenti<br />

fossero una prassi consolidata e diffusa al punto da neutralizzarne i<br />

risvolti criminosi, facendola apparire, se non proprio lecita, almeno “normale”.<br />

D’altronde, a riprova della sollecitudine dei controlli e della rapidità con<br />

cui erano assunti i provvedimenti sanzionatori giova riferire quanto si legge in<br />

un documento custodito all’Archivio di Stato di Napoli 332 . Il 4 novembre 1469<br />

(III indizione) i funzionari della Camera avevano rapidamente ultimato l’ispezione<br />

dei conti di Luca de la Candida, doganiere a Lucera nell’anno della seconda<br />

indizione appena conclusa (1 settembre 1468 - 31 agosto 1469), e avevano<br />

rilevato che il vescovo della città aveva ricevuto 10 ducati in qualità di rettore<br />

della chiesa di Santa Maria dei Martiri, in virtù di un privilegio della regina<br />

Giovanna II, concesso il 20 settembre 1424. I funzionari della Sommaria si<br />

accorgono però che in tale privilegio si prescriveva che i dieci ducati dati in elemosina<br />

dovessero essere impiegati per la «reparatione et benefitio» della<br />

chiesa. Poiché dalla documentazione esibita non risultava il modo in cui il vescovo<br />

avesse speso o intendesse spendere il danaro, la Sommaria ordina l’immediata<br />

sospensione del pagamento.<br />

A proposito della rapidità nei processi e nella revisione contabile il Repertorium<br />

riporta una perentoria disposizione di Ferrante degli stessi giorni:<br />

El Re Ferrante p° a li sidici di ottobre 1469 scrive alla Camera: Attenditi ad spacciare et<br />

liquidare tutti li processi et cunti so’ in Camera et non li facciati invecchiare né venire in<br />

oblivione, ma tutti liquidati de modo nullo cunto di un anno si transferisca in un altro<br />

senza iusta causa 333 .<br />

Le istruzioni di Ferrante riguardano anche l’obbligo degli ufficiali di presentare<br />

tempestivamente i conti, con la minaccia di comminar loro la pena del<br />

nonuplo del non versato o anche della privazione dell’ufficio 334 .<br />

Si è avuto già modo di osservare che la Camera della Sommaria, sorta in<br />

età angioina, abbia consolidato le proprie prerogative sotto Alfonso. Si è già<br />

detto che non fu creata da lui, altrimenti non ci spiegheremmo perché egli non<br />

l’introducesse anche in Sicilia, ma che da lui fu affidata a “uomini dotti e<br />

probi”. Ferrante continuò l’opera paterna accrescendone il rilievo tra le magistrature<br />

del Regno e preoccupandosi di farne un ufficio disciplinato da precise<br />

regole e preposto alla retta amministrazione della cosa pubblica. Alla carta<br />

130v del Repertorium è riportato un documento rivelatore di tale volontà. In<br />

esso Ferrante esige che nella Sommaria:<br />

332 ASN, Summariae Partium 2, alle cc. 22v-23.<br />

333 Repertorium, cc. 188v-189r.<br />

334 Cfr. Repertorium, cc. 200v, 201v, 202v, 208v; ma anche Ritus, Rubrica XXXVIII, pp. 670 sgg.<br />

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