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119<br />

Introduzione<br />

secondo una formula già delineata nel capitolo di Giovanna I, De iuramento<br />

officialis, e sulla quale i giuristi del Regno ancora si sarebbero esercitati nel<br />

Cinquecento 343 .<br />

Paride del Pozzo chiariva poi che agli ufficiali si richiedeva un impegno:<br />

Deum et iustitiam habendo prae oculis unicuique conquerenti iustitiam faciant sine<br />

fraude et quam citius potuerint litigantes expedire curabunt 344 ;<br />

ma che soltanto il giuramento li trasformava da persone private in ufficiali<br />

regi:<br />

si hoc non iuraverunt erunt privatae personae. [...] Et iuramentum tale habet effectum<br />

quod licet officialis non habeat iurisdictionem incontinenti cum ingrediatur civitatem,<br />

tamen habebit postquam iuravit et administratio sibi decreta est 345 .<br />

Anche se la “semantica costituzionale” del giuramento vincolava il<br />

funzionario al proprio ufficio non come vassallo del re ma come “funzionario”,<br />

obbligandolo non solo verso il sovrano ma anche verso l’ufficio stesso, non<br />

appare ancora compiuto quel processo che porterà i funzionari a giurare<br />

fedeltà all’ufficio in quanto espressione di un’istituzione impersonale 346 .<br />

2.5 Il viceregno spagnolo e il modello aragonese<br />

Con la battaglia del Garigliano (1503) che segnò la sconfitta dell’esercito<br />

del re di Francia Luigi XII ad opera del Gran Capitano Consalvo Fernández de<br />

Córdoba, il Mezzogiorno fu stabilente collocato nella compagine politica dei<br />

domini spagnoli, in cui sarebbe rimasto per più di due secoli. Avevano così fine<br />

anche le incertezze che avevano caratterizzato la politica fiscale degli ultimi<br />

sovrani aragonesi, giacché Ferdinando il Cattolico confermò la validità del<br />

sistema di prelievo introdotto da Alfonso il Magnanimo, con la periodica<br />

numerazione dei fuochi e la distribuzione del carico fiscale all’interno delle<br />

diverse comunità del Regno in base a un tributo fisso sul patrimonio, fissato in<br />

un ducato e 52 grana annuali per fuoco; ribadì le disposizioni di Alfonso relative<br />

alla Dogana di Foggia e ridusse da 52,5 ducati a 26,25 l’adoa, che Alfonso<br />

343 Commentarii in capitula Regni Neapolitani, c. 253r, cap. CCLXXXV: «Et nisi constiterit in<br />

Summaria magno regni Siciliae camerario, seu locatenentibus ipsius, et cancellario, seu Locumtenenti<br />

eius, de praestationibus iur(ament)orum praedictorum, ipsi non faciant liberari eis literas<br />

officiorum eorundem.». Subito dopo il de Nigris osserva che anche l’imperatore Carlo V imponeva<br />

il giuramento agli ufficiali di «servare statuta, privilegia et consuetudines. Et debent dare<br />

fideiussorem de stando sindicatui finito officio» (ibidem). Già Carlo I d’Angiò richiedeva agli ufficiali<br />

un giuvamento: ivi, p. 92r, cap. XXXVII De iuramento praestando ab officialibus.<br />

344 Del Pozzo, Syndicatus, c. 158v.<br />

345 Ivi, cc. 158v-159r.<br />

346 Su questo complesso processo si veda Kantorowicz, Inalienability; Idem, The King’s. Sul giuramento<br />

si veda anche Prodi, Il sacramento.

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